L'abbigliamento tradizionale per il matrimonio nel periodo Chosŏn

Gli abiti indossati dagli sposi in passato e in certi casi ancora oggi in Corea per la cerimonia del matrimonio sono estremamente elaborati. Descriverli in modo accurato non è facile, ma, con l'aiuto di un certo numero di preziose immagini, Hong Na-young, autrice di questo articolo e professoressa di abbigliamento e tessuti presso l'Università femminile Ewha, riesce a darcene un'idea precisa.


L

a società coreana sotto il governo della dinastia Yi del periodo Chosŏn (1392-1910) era divisa in classi, con una stretta distinzione mantenuta fra la classe dominante (yangban) e le classi inferiori. Di conseguenza, la popolazione delle diverse classi era costretta a indossare vestiti diversi, confezionati con stoffe differenti e tinti in modo diverso. Le restrizioni erano particolarmente rigorose per gli indumenti da cerimonia. Veniva però fatta un'eccezione per uno dei più importanti eventi nella vita di una persona: il proprio matrimonio.

Dipinto popolare di Lee So-ji: viaggio
della coppia verso la casa dello sposo.
Lo sposo agghindato precede a cavallo,
la sposa viene trasportata nella portantina.

Anche fra la gente comune, alla sposa era concesso indossare il tipo di abito indossato normalmente da una principessa, mentre lo sposo appariva adornato con lo splendore dell'abito del genero del re.

L'abito da matrimonio dello sposo

Indipendentemente dal rango sociale, allo sposo veniva concesso di indossare un costume cerimoniale uguale a quello dei generi dei re.

Il cappello di crine di cavallo dello sposo

I capelli gli venivano legati in un nodo sulla testa, poi una banda di crine di cavallo, chiamata manggŏn, era legata attorno alla fronte, e sul suo capo veniva posto un samo, cioè un cappello rigido con ali sui lati.

Molti sposi sceglievano di indossare il samo sopra un pokkŏn, un cappello con un triangolo nero di stoffa pendente dalla parte posteriore, di solito usato da giovani ragazzi e da studiosi confuciani.

Il tallyŏng, l'indumento finale
che ricopriva l'abito dello sposo

L'abbigliamento dello sposo comprendeva i paji, calzoni rigonfi, e il chŏgori, un corto giubbotto tipico del vestito tradizionale coreano detto hanbok. Lo sposo indossava anche un top'o, un lungo soprabito, e, sopra tutto questo, il tallyŏng, l'indumento blu o marrone, con un'insegna sul petto, ricamata con due gru bianche dalla cresta rossa.

Nella cintura dei calzoni dello sposo veniva sempre cucito del cotone, indipendentemente dalla stagione, a simboleggiare la speranza che la fortuna della sua famiglia si sarebbe moltiplicata come le piante di cotone.

Le particolari calzature dello sposo

Ai piedi indossava i pŏsŏn, calze bianche imbottite, e i mokhwa, calzari alti fino alla caviglia, e attorno alla vita cingeva una cintura, o kaktae. Andava al matrimonio con la faccia velata.

Questo costume, noto di solito come samo kwandae, era l'abito indossato ogni giorno dai funzionari governativi che avevano superato il kwagŏ, l'esame indetto dallo stato per scegliere i funzionari di grado superiore. Ma un uomo non aveva bisogno di avere una carica ufficiale nel governo per poter indossare il samo kwandae nel giorno del suo matrimonio.

Una fascia decorata e un pettorale ricamato
con il disegno di una tartaruga

Il pettorale del tallyŏng portava ricamate delle gru bianche se era indossato da un funzionario civile, e delle tigri se era indossato da un ufficiale militare, ma uno sposo senza una posizione ufficiale poteva anche fregiarsi del disegno delle gru bianche.

Il vestito della sposa

La sposa doveva sottoporsi a preparativi ben più elaborati per il matrimonio. Normalmente, le sole donne del periodo Chosŏn che si truccassero pesantemente erano le cortigiane conosciute col nome di kisaeng. Per il matrimonio, la sposa si incipriava la faccia. Qualche giorno prima del matrimonio rimuoveva qualunque leggera peluria del volto per assicurare una migliore superficie per la cipria. Toglieva la peluria dalla fronte, lasciando però quella attorno alle orecchie, in quanto gli ideali di bellezza femminile del periodo Chosŏn richiedevano una fronte pulita, ma lunghi capelli alle tempie e accanto alle orecchie. La sposa aveva anche una complicata acconciatura del capo, che poteva indossare solo dopo aver tirato strettamente i capelli indietro e averli legati dietro la testa. Per dare maggior volume ai capelli usava un kach'e, una treccia di capelli intrecciati, e un tari, una grande parrucca di capelli intrecciati che produceva un grande chignon, o nangja ssanggye. Il termine ssangye si riferiva ai capelli intrecciati in due trecce, un simbolo cinese dello stato di persona non sposata, sia per gli uomini che per le donne. Nangja ssanggye indicava un paio di trecce legate separatamente dietro la testa.

Un paio di anatre di legno che
simboleggiavano la felicità del matrimonio

La sposa indossava le trecce legate in questa foggia durante la cerimonia del matrimonio, ma, dopo la notte nuziale, intrecciava i propri capelli in un'unica treccia. Dopo aver pettinato i capelli, una donna sposata li legava con un semplice nastro rosso, o tchoktaenggi, e finché il marito era vivo, continuava a usare questo nastro rosso, anche in vecchiaia. D'altra parte, le vedove e le donne in lutto per la morte dei propri genitori o dei nonni non potevano indossare il nastro rosso, anche se erano molto giovani.

Le sottovesti indossate il giorno del matrimonio non erano diverse da quelle di tutti i giorni. Le donne coreane indossavano il tari sokkot, un tipo di sottoveste di tela operata composta da un pezzo di stoffa piegata e legata con una cintura attorno alla vita. Sopra questa indossavano il soksokkot, una sottana interna, e dei calzoni lunghi, stretti alla caviglia. Poi indossavano una camiciola rosa, chiamata sokchŏksam, e una giacchetta corta dello stesso colore, sokchŏgori, sotto il vestito esterno. Era usanza che la sposa vestisse una leggera sottogiacca di fresco ramiè anche quando il matrimonio aveva luogo nel periodo più freddo dell'anno. Si diceva che questa usanza aiutasse la sposa novella a sentirsi meno repressa mentre viveva con i rigidi ed esigenti parenti acquisiti.

Le nuove spose di famiglie nobili talvolta indossavano sotto il vestito esterno altri indumenti, fra cui dei calzoni estremamente larghi, nŏrŭn paji, una sottoveste simile a quelle occidentali, mujigi ch'ima, e un'ampia sottoveste inamidata chiamata taesyum ch'ima.

Le scarpette della sposa

A differenza delle sottovesti occidentali che avevano una forma conica e che arrivavano fino a terra, la sottoveste mujigi ch'ima più lunga non arrivava che alle ginocchia e creava un contorno che si accavallava sotto il seno, come la campana di un tempio. Questa sottoveste veniva indossata per far gonfiare in fuori la parte inferiore della gonna esterna.

Sopra tutte queste sottovesti, la sposa indossava una gonna rossa e una giacchetta verde o gialla. Le donne non sposate del periodo Chosŏn indossavano una giacchetta gialla, mentre era usanza che le donne sposate da poco tempo indossassero una giacchetta verde. Per il matrimonio la scelta del colore della giacchetta era determinata dall'usanza della famiglia. La gente comune indossava una gonna rossa a doppio strato, ma le spose delle famiglie nobili vestivano la sŭran ch'ima, una gonna lunga e larga con decorazioni in oro e, invece della semplice giacchetta gialla o verde, indossavano la samhoejang tchŏgori, una giacchetta con bordi color porpora sul colletto, sui nastri e sui polsini. Il colletto della giacchetta della sposa era leggermente riempito di cotone, a simboleggiare anch'esso la speranza che le fortune della famiglia fiorissero.

Wŏnsam e hwarot

Le spose indossavano anche il wŏnsam o il hwarot, indumenti con i lati aperti dalle ascelle in giù, con la parte posteriore 20 o 30 cm più lunga del davanti e con i polsini bordati di bianco o di stoffa dai colori dell'arcobaleno. Il hwarot, un vestito di seta cremisi con decorazioni ricamate, era indossato dalle principesse, mentre il wŏnsam era un costume di corte indossato dalla regina e dalle nobildonne. Questo differiva, come colori e come disegni ricamati, a seconda del rango di chi lo indossava.

Il vestito della sposa

Per esempio, solo l'imperatrice o regina poteva indossare un wŏnsam giallo o rosso decorato in oro con disegni di fenici e draghi.

Le spose indossavano il wŏnsam verde delle principesse. Le spose novelle di famiglie nobili portavano il wŏnsam con disegni floreali stampati in oro, mentre la gente comune portava wŏnsam verdi senza le stampe in oro. I wŏnsam indossati dalle dame di corte erano più lunghi e avevano maniche più ampie di quelli della gente comune ed erano decorati in oro. Il wŏnsam più corto indossato dalla gente comune aveva maniche a strisce di vari colori. Attorno al wŏnsam o al hwarot veniva avvolta una taedae, lunga cintura di seta rossa intessuta, che era poi legata di dietro. Le kisaeng o danzatrici legavano la cintura facendo un fiocco a forma di farfalla quando indossavano il wŏnsam, ma per le cerimonie di corte o ai matrimoni questa cintura era legata due volte in modo semplice e lasciata pendere di dietro.

Talvolta la cintura taedae era decorata con pendagli legati, chiamati norigae, oppure con borsettine, ventagli pieghevoli o altri ornamenti. Di solito le donne di classe superiore mettevano i norigae sui nastri della giacchetta o alla vita, ma per i matrimoni indossavano un samjak norigae, con tre fili a nodi e tre ornamenti, sulla fascia taedae.

Pendagli per il vestito della sposa

Le dame di corte e le nobildonne indossavano il tae samjak norigae, un pendaglio annodato, con un paio di farfalle di giada e ornamenti di ambra e corallo. Questo prezioso pendaglio veniva passato come eredità ai figli. Anche un semplice norigae con tre ornamenti d'argento avrebbe costituito un accessorio magnifico, ma la gente comune non poteva sperare di indossare un norigae neppure nel giorno del proprio matrimonio.

Il fatto che la sposa indossasse l'uno o l'altro dei suddetti indumenti (wŏnsam o hwarot) dipendeva dalla tradizione o dalla ricchezza della famiglia. Le spose provenienti da famiglie nobili talvolta indossavano il wŏnsam per la cerimonia del matrimonio e poi si cambiavano mettendosi il hwarot per il p'yebaek, il successivo rituale in cui la sposa offre doni ai propri suoceri. Un hwarot può essere decorato con una fenice e nove piccoli pulcini di fenice, un piccolo bambino che tiene in mano un fiore di loto, simboli di fertilità come melograni e pipistrelli, simboli di longevità come onde e rocce, e peonie o altri simboli di ricchezza. Può anche portare ricamati caratteri cinesi che indicano buona fortuna, salute e felicità, un modo per augurare questi beni. Erano anche usati disegni di fiori di loto e caratteri cinesi di significato buddista. Le decorazioni stampate in oro sui nastri taenggi, sulle gonne e sul wŏnsam comprendevano anche immagini di pipistrelli e di melograni come simboli di fertilità, assieme a vari caratteri cinesi rappresentanti la buona sorte e la felicità.

Ornamenti per i capelli

Sul capo la sposa indossava il chokturi o il hwagwan, due tipi di diademi cerimoniali. Il chokturi era più spesso indossato con il wŏnsam, mentre il hwagwan era preferibilmente indossato con il hwarot. A seconda dell'usanza della famiglia, la sposa poteva indossare un chokturi a forma di piccola scatola coperta di stoffa nera, o segnata con linee di cotone.

Un diadema hwagwan, decorato in modo elaborato

La parte superiore del chokturi era adornata con varie pietre preziose. Di solito giada, ambra, corallo e perle erano cucite secondo le proprie dimensioni a formare un picco, e una farfalla dorata o un uccello erano attaccati a una molla in modo che tremolassero tutte le volte che la sposa muoveva la testa. La parte frontale, i lati e la parte posteriore del chokturi erano ricamati con simboli di felicità, lunga vita e buona fortuna, o con file di lamine di giada o di corallo su cui erano incisi farfalle e pipistrelli. La parte frontale era decorata con perle e tasselli colorati che scendevano fin quasi sulla fronte della sposa.

Il hwagwan era fatto di carta rigida, con i lati aperti che ne lasciano vedere la struttura interna. La parte esterna era coperta di seta nera e l'interno di rosso. Come il chokturi, era decorato con varie gemme, anche se alcuni hwagwan, come quelli indossati a Kaesŏng e a P'yŏngyang, avevano invece fiori artificiali di seta. Anche se diversi nell'aspetto, il hwagwan di Kaesŏng e quello di P'yŏngyang erano simili per il fatto di essere interamente coperti di questi graziosi ornamenti floreali.

Nei capelli la sposa inseriva un lungo spillone, o pinyŏ, un certo numero di fermagli per capelli più piccoli e alcuni fiori. Gli spilloni con la testa di dragone o di fenice erano per i reali e non potevano essere usati da altre donne, tranne che per la cerimonia nuziale.

Spilloni per capelli, ornamentali, decorati con gioielli

Qualunque fosse il disegno, lo spillone usato per il matrimonio doveva essere lungo quanto erano larghe le spalle della sposa, per poterci sospendere da ciascun lato un aptaenggi, una striscia di seta rossa larga circa 6 centimetri e lunga 120 centimetri. Queste strisce di seta erano avvolte attorno allo spillone a partire dal centro, e lasciate pendere sulle spalle. Le estremità erano decorate con tasselli ornamentali in cui erano cuciti perle o gocce di corallo.

Una striscia di seta più larga, nota con vari nomi, k'ŭn taenggi, twit taenggi o tot'urak taenggi, era attaccata alla parte posteriore del capo e lasciata pendere sulla schiena.

Si otteneva piegando un pezzo di tessuto di color porpora, largo circa 11 centimetri e lungo 2,5 metri, in modo che la parte superiore formasse un triangolo, e poi cucendo fra loro le due metà piegate, così da formare un solo pezzo. Il tessuto era stampato con disegni dorati e decorato con vari gioielli. Alcune regioni usavano fili da ricamo brillanti per delineare la forma di fiori, mentre altri preferivano decorazioni dei “sette tesori” (oro, argento, lapislazzuli, cristallo, corallo, agata e perle).

Yŏnji e konji

Dopo essersi incipriata la faccia e aver disegnato le sopracciglia con la matita, la sposa ornava il proprio volto con tre punti rossi grandi come una monetina: uno su ciascuna guancia, yŏnji, e uno al centro della fronte, konji.

Una modella vestita con l'abito nuziale. Si notino i due cerchi
rossi sulle guance. Al centro della fronte vi è un altro cerchio,
in questo caso non visibile perché coperto dai pendagli del
diadema. Qui la sposa ha gli occhi aperti ma, a quel tempo,
durante tutta la cerimonia doveva tenere gli occhi chiusi.

I punti rossi venivano fatti con del rossetto, o con cerchi di carta rossa. Siccome era considerato tabù che la sposa tenesse gli occhi aperti durante la cerimonia, talvolta le veniva applicata una pomata fatta di cera d'api e di olio di sesamo sulle palpebre, per tenerle chiuse. La sposa veniva condotta al matrimonio con la faccia coperta da un myŏnsa, un grande velo color porpora decorato con disegni dorati. Indossava calze imbottite bianche e scarpette di seta simili a quelle indossate nella vita di ogni giorno.

La principale differenza fra i vestiti per il matrimonio dei membri della classe dirigente e quelli della gente comune era che la classe dirigente era in grado di usare materiali costosi come seta e gioielli, cose che la gente comune non si poteva permettere. Le famiglie nobili consideravano di cattivo gusto tenere dei matrimoni sfarzosi e stravaganti, anche se ne avevano i mezzi finanziari. Pensando alla gente comune più povera, sostenevano l'usanza di tenere cerimonie semplici e modeste. Alcune famiglie più abbienti tenevano anche degli abiti wŏnsam già confezionati che prestavano ai parenti e alla gente del villaggio.

In passato vi erano grandi differenze fra le varie regioni della Corea per quanto riguardava gli indumenti nuziali. Per esempio, l'abito per il matrimonio nell'isola di Cheju-do e nelle zone costiere delle regioni Chŏlla-do comprendeva il changot, un lungo cappuccio indossato dalle donne quando uscivano di casa, mentre nella zona di P'yŏngyang vi aggiungevano un paeja, un soprabito di pelliccia.

La cultura nuziale della Corea ha perso molto della sua diversità durante il periodo della colonizzazione giapponese, poi nel corso della guerra di Corea e infine nel recente processo di industrializzazione. Oggi la maggior parte dei matrimoni si svolgono secondo l'usanza occidentale, ma non sarebbe male che i coreani riscoprissero le antiche usanze e la saggezza dei tempi andati che gli abiti tradizionali per gli sposi ricordano.


Tratto da “Traditional Wedding Attire”, in Koreana, vol.17, n.1, primavera 2003. Testo originale di Hong Na-young. Foto di Lee Dong-chun. Pubblicato con autorizzazione della Korea Foundation, che si riserva il copyright sull'intero contenuto della rivista. Riferimento: Koreana.

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© Valerio Anselmo