Il tempio T'ongdosa fra storia e leggenda

Di questo tempio abbiamo già parlato in occasione dell'annuncio dell'apertura di un museo di reperti buddisti, ma ora abbiamo a disposizione altre informazioni interessanti e altre fotografie, per cui ci è sembrato utile parlarne ancora. In particolare nel dotto e molto dettagliato articolo che segue, oltre a varie notizie storico-religiose, si accenna ad alcuni strani fenomeni luminosi che potrebbero essere catalogati a metà strada tra il paranormale e il fantastico.
Ma ora, con l'aiuto di qualche nota esplicativa, vediamo di che si tratta.

Nota: Cliccando su un carattere cinese che sia uno dei 1800 caratteri studiati nelle scuole medie, sarà visualizzata la scheda corrispondente.


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ongdosa (Tongdosa 통도사 ), a Yangsan nella regione Kyŏngsangnam-do, è uno dei più importanti templi buddisti della Corea. È famoso per non avere una statua del Budda nella sala principale. Il motivo di questa mancanza è dato dal fatto che a T'ongdosa sono conservate le vere reliquie di Sakyamuni, il Budda storico, e per questo il tempio non ha bisogno di una statua del Budda. Certo è che la bellezza del paesaggio e l'atmosfera serena del tempio danno al visitatore l'impressione che qui il Budda continui a vivere.

La sala principale del tempio

Si dice che molti anni fa nella sala principale del tempio si sia tenuta una messa buddista sul sutra Avatamsaka. Poi, nel cuor della notte, una luce cominciò a brillare da uno stupa che si trovava nel recinto del tempio e la luminosità era così intensa da essere paragonabile alla luce del giorno, tanto da allertare molti monaci che si erano riuniti nel tempio per officiare un servizio religioso. Dicono che, a partire da quel momento, lo stesso stupa abbia emesso un'intensa luminosità di tanto in tanto, prima che un evento importante o un grave disastro colpissero il paese, e che la luce sia stata così forte da essere vista da lontano.

Nota: I sutra sono raccolte di testi buddisti, mentre lo stupa è un monumento destinato a conservare reliquie del Budda o di importanti monaci buddisti.

Questa storia miracolosa è una leggenda trasmessa fino a noi a proposito del tempio T'ongdosa. T'ongdosa è uno dei cinque templi in cui vengono conservate le reliquie autentiche del Budda.

Gli stupa dove sono conservati
come reliquie i sarira di famosi
monaci di T'ongdo-sa

Il monaco Chajang yulsa (자장 율사 ) di Silla portò alcuni sarira del Budda dalla Cina Tang e li ripartì fra i cinque templi. Lo speciale mistero e la meraviglia associati a questo fatto sono molto evidenti a T'ongdosa.

Nota: I sarira sono goccioline di minerali che si trovano a volte fra i resti cremati dei monaci buddisti e che sono venerate come reliquie sacre.

T'ongdosa si trova posizionato sul pendio meridionale del monte Yŏngch'wi-san (영취산 ), che è alto 1.050 metri s.l.m., non lontano dal fiume Naktong-gang (낙동강 ) e dal Mare Orientale. Il nome della montagna deriva da quello del monte Grdhrakuta nel Magadha orientale, uno dei quattro principali regni dell'India al tempo del Budda. Il monte Grdhrakuta, che i coreani chiamavano Yŏngch'wi-san, è famoso per essere stato il luogo in cui Sakyamuni, il Budda storico, pronunciò il Sutra del Loto. Si dice che su quella montagna, il cui nome significa “Picco dell'avvoltoio”, vivessero vari immortali e molti avvoltoi. Siccome in Corea il monte su cui si trova il tempio era ritenuto essere significativo come la sua controparte in India in termini di provvidenza del Budda, gli fu dato lo stesso nome.

Nota: Nel nome del monte Yŏngch'wisan, il carattere cinese (pronunciato in coreano ch'wi) significa “avvoltoio”.

A proposito del nome del tempio, T'ongdo-sa significa “Tempio del passaggio nell'illuminazione”. Siccome gli edifici del tempio, le sue pagode, le lanterne di pietra, il bell'ambiente naturale e i grandi maestri che vi hanno insegnato la legge buddista sono tutti considerati come dovuti alla provvidenza del Budda, T'ongdo-sa era ritenuto essere eccezionale come il monte Grdhrakuta in India, dove il Budda insegnò il canone.

Come suggerisce il nome, T'ongdo-sa ha una dignità particolare che è immediatamente evidente nel momento stesso in cui si entra nel tempio. Il primo portale, Ilchumun (일주문 ), presenta l'insegna “Yŏngch'wisan T'ongdosa” la cui calligrafia è quella del principe reggente Hŭngsŏn Taewŏn'gun, padre del re Kojong (r. 1863-1907). La dignità della scritta è adatta alla maestà del monte Yŏngch'wi-san.

Ch'ŏnwangmun custodisce le statue
dei quattro re celesti, protettori
del tempio e del buddismo

Dopo essere passati per il portale Ilchumun, si scorge alla destra il Museo Sŏngbo e poi, seguendo verso l'alto il cammino da quel punto, si arriva al portale Ch'ŏnwangmun (천왕문 ), che custodisce i quattro guardiani celesti che si dice puniscano i cattivi e premino i buoni. Con il potere dei quattro re celesti, il portale Ch'ŏnwangmun protegge il tempio dagli spiriti malvagi. Questo portale fu eretto allo scopo di rendere il tempio un luogo incontaminato, incoraggiando i visitatori a pensare due volte al proprio comportamento. Il portale è stato dichiarato Proprietà culturale tangibile numero 250 della regione Kyŏngsang-namdo.

Superando il portale Ch'ŏnwangmun e il padiglione Pŏmjonggak (범종각 ) che si trova accanto a esso e che contiene la campana il cui suono ha lo scopo di salvare tutte le anime, si arriva al portale chiamato Purimun (불이문 ). Il termine Puri significa “non due”. Vuol dire che la vita e la morte, i desideri terreni e l'illuminazione, il bene e il male, cioè tutti gli opposti non sono due, ma una cosa sola. Il portale Purimun viene anche chiamato Haet'almun (해탈문 ) perché, passando attraverso questa porta ci si lascia dietro tutte le preoccupazioni terrene, si diventa Budda e si raggiunge la salvezza, chiamata appunto haet'al. Purimun è anche la porta che conduce alla parte centrale del tempio. Questo portale è unico nell'architettura dei templi buddisti coreani in quanto il suo tetto non è sostenuto da una trave maestra centrale, ma dalle figure di un elefante e di una tigre che, unendo le loro teste, sostengono il tetto.

Il portale Purimun conduce alla sala principale, Taeungjŏn (대웅전 殿), che si trova al centro del tempio. Questa sala fu costruita alla metà del periodo Chosŏn (dinastia Yi) ed è anch'essa unica per la sua epoca, il che la rende molto importante per lo studio dell'architettura lignea dei templi buddisti coreani. È stata dichiarata Tesoro nazionale numero 290. La sala Taeungjŏn ha insegne con scritte diverse per ognuno dei quattro lati: “Taeungjŏn” sul lato Est, “Taebanggwangjŏn” (대방광전 殿) sul lato Ovest, “Kŭmganggyedan” (금강계단 ) sul lato Sud e “Chŏngmyŏlbogung” (적멸보궁 ) sul lato Nord. L’insegna frontale “Kŭmganggyedan” fu scritta dal principe Hŭngsŏn Taewŏngun, lo stesso che scrisse i caratteri del portale Ilchumun.

Come si è detto all'inizio, la sala principale è unica perché non contiene alcuna statua del Budda. Invece un sarira del Budda è venerato sulla piattaforma-altare del diamante, o Kŭmganggyedan, che si trova a Nord dell'edificio. Siccome non contiene statue del Budda, la sala Taeungjŏn viene usata solo per funzioni buddiste.

Un dipinto buddista che mostra le offerte
di cibo agli antenati e le preghiere per un
facile passaggio all'eternità per gli esseri
senzienti che si trovano nell'aldilà

La sala ove si venera il sarira del Budda è chiamata Chŏngmyŏlbogung e il sarira stesso si trova sulla piattaforma-altare del diamante, come si è detto. L'altare (o piattaforma) è considerato il luogo più sacro del tempio in quanto conserva in sé lo spirito fondamentale con cui il tempio fu originariamente costruito.

Uno dei più antichi testi storici della Corea, il Samguk yusa (삼국유사 ), o “Memorabilia dei Tre Regni”, dice che la piattaforma fu costruita inizialmente alla metà del settimo secolo. Da allora però è stata riparata sette volte e oggi è molto diversa dall'originale. La piattaforma attuale, a giudicare dalla forma a campana dello stupa e dalla tecnica di scultura di ciascuna delle figure, dovrebbe risalire a dopo il 17º secolo. Anche se l'aspetto della piattaforma è cambiato, secondo le registrazioni scritte questa resta però la più antica piattaforma d'altare esistente.

Più grande e più bella di esempi simili che si trovano nei templi Kŭmsan-sa e Yongyŏn-sa, è considerata essere il più bell'esempio di piattaforma a scalini della Corea.

La piattaforma-altare con lo stupa
che contiene una reliquia del Budda

Accanto a Kŭmganggyedan si trova uno stagno con un ponte che lo attraversa, stagno che gioca un ruolo centrale nella leggenda della fondazione di T'ongdosa. Quando il monaco Chajang yulsa cominciò a costruire il tempio, nel sito da lui scelto vi era un grande stagno abitato da nove dragoni. Il monaco riempì di terra lo stagno uccidendo tutti i dragoni eccetto uno, che lasciò a proteggere il tempio. Questo è il motivo per cui quello stagno viene chiamato Kuryongji (구룡지 ), o “Stagno dei nove dragoni”.

Non solo il tempio, ma il paesaggio attorno è così bello che certi punti sono ora noti come “le otto meraviglie panoramiche di T'ongdosa”. Queste comprendono il grosso tamburo e la campana del tempio, il bagliore del sole che tramonta sullo stagno, la cascata e le rocce dietro al tempio, e un pino che ha varie centinaia d'anni.

Il monaco capo del tempio è attualmente Hyŏnmun, sotto la cui guida il tempio si concentra sulla divulgazione degli insegnamenti del Budda mediante speciali funzioni religiose, quali la messa annuale sul sutra Avatamsaka e le cerimonie religiose che si tengono ogni mese nella notte della luna piena. Oltre a ciò, grazie a una grande messa estiva si dà ai credenti buddisti laici l'opportunità di sperimentare di prima mano la vita del tempio, per far crescere la loro familiarità con la cultura buddista e per aiutarli a incorporare questa cultura nella loro vita di ogni giorno.

L'insegnamento del Budda è evidente in ogni angolo di T'ongdosa. Tutte le cose cambiano e alla fine scompaiono col passare del tempo, ma nel fluire del tempo il tempio T'ongdosa continua a esistere, conservando e diffondendo i precetti del Budda.


Tratto da “Tongdosa”, in Pictorial Korea, aprile 2004. Testo originale di Park Sun-hee, fotografie di Hwang Min-kyu. Ricerche bibliografiche e note a cura dell'autore del sito. Pubblicato con autorizzazione del Korea Information Service, che si riserva il copyright sull'intero contenuto della rivista. Riferimento: Korea.net.

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© Valerio Anselmo