Scambi commerciali e culturali della Corea antica

Il contenuto di questo lungo articolo spazia su vari campi, dalla storia all’arte, dal commercio alla cultura in generale. Si è scelto di inserirlo in questa sezione in quanto tratta innanzitutto di cultura e perché i resti storici principali che testimoniano la presenza di scambi commerciali e culturali fra la Corea antica e le nazioni vicine sono rappresentati soprattutto da grandi statue buddiste.

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nche se la Corea viene spesso chiamata “Regno eremita”, la sua ricca storia commerciale ha permesso lo scambio di usanze culturali e di tecnologia con altri paesi. Fin dall’antico periodo dei Tre Regni per arrivare al più recente periodo Joseon, i commercianti hanno esplorato le profondità del mondo oltre i confini della Corea.

I più antichi manufatti che si trovano nei musei della Corea delineano la storia del commercio fra la penisola e il mondo esterno già a partire dal quinto secolo d.C. Per terra e per mare la Corea fu molto condizionata dai paesi che la circondavano, ed è anche servita da passaggio verso altri paesi. Anche se ritenuta un “regno eremita”, la penisola aveva accesso a una varietà di rotte commerciali, cosa che aprì il paese a sconfinate nuove culture e servì a foggiare il paese come è oggi.

Fratelli nel buddismo


Il bodhisattva pensoso del settimo secolo (Tesoro nazionale numero 83)

Studiare il sorgere del buddismo in Corea è il modo più semplice per vedere quanto il commercio fosse diffuso fra i paesi asiatici. Il buddismo, che ha avuto origine in India, si è dapprima diffuso nell’Asia sud-orientale e poi nei paesi che confinavano con la Cina occidentale (attualmente le regioni autonome Xinjiang Uyghur e Ningxia Hui della Cina), prima di arrivare nella penisola coreana nel 372 d.C. Benché il luogo di nascita del buddismo sia oggi dominato dall’induismo e dall’islam, in paesi come lo Sri Lanka, la Cambogia, il Tibet e la Corea, questa religione è ancora oggi prevalente.

Di conseguenza, l’abbondanza di resti buddisti in Corea e la sua integrazione nella storia locale rendono impossibile parlare dell’antica arte coreana senza citare le sculture buddiste e gli altri manufatti relativi. Si possono trovare somiglianze con i manufatti religiosi della Cina e dell’Asia sud-orientale, il che dimostra un certo livello di scambio culturale. Fra questi, il bodhisattva pensoso del settimo secolo (tesoro nazionale numero 83) è considerato uno degli esempi più rappresentativi di influenza straniera sui modelli coreani. Simile al Pensatore di Auguste Rodin, la statua è caratterizzata dalla sua posa contemplativa, con le gambe incrociate a metà e la testa abbassata, accentuata dal tocco leggero della mano sulla guancia.

La creazione di statue del bodhisattva pensoso iniziò nel terzo o quarto secolo. Questa forma di scultura buddista si sviluppò nella regione del Gandhara in India e si espanse in Cina nel quinto secolo assieme alla disseminazione della religione attraverso l’Asia centrale. Lo stile della scultura entrò in Corea verso la fine del sesto secolo e dalla Corea fu introdotto in Giappone all’inizio del settimo secolo.

La corona sulla testa della figura è formata da tre mezzi dischi collegati fra loro e posti l’uno accanto all’altro, ed è relativamente semplice e unica. Modellate a immagine delle corone indossate dai re e dai principi, le corone nelle sculture buddiste erano usate esclusivamente per le statue dei bodhisattva, e non si trovano nei lavori provenienti dall’India o dalla Cina. Gli occhi semichiusi e il sorriso appena accennato sulle sue labbra danno alla statua un’aura di sublime contemplazione. Ad un’ispezione più ravvicinata si nota che gli angoli interni degli occhi rivelano un tratto noto come la “plica mongolica”, che rivela la razza del soggetto rappresentato dalla statua.

Presso il tempio Koryuji di Kyoto, in Giappone, c’è una statua di legno così simile nel disegno e nella postura alla scultura di bronzo dorato coreana che viene spesso scambiata per il suo gemello: molti storici dell’arte sono convinti che queste due opere siano state create dallo stesso artigiano. “Non c’è dubbio che il regno di Baekje abbia contribuito a diffondere il buddismo in Giappone”, dice Heo Hyeong-wook, curatore del Museo nazionale di Gyeongju in Corea.

Tuttavia, man mano che i monaci propagavano la parola del Budda, nei paesi in cui essi viaggiavano non potevano non essere trasmessi anche altri elementi e idee culturali. “Doveva essere normale che i monaci portassero con sé le proprie cose negli altri paesi, dove sarebbero avvenuti degli scambi.” aggiunge Heo. “Non è semplicemente un caso che nelle tombe del periodo Silla si trovino dei manufatti stranieri e di stile non coreano.”


Il manufatto di vetro trovato nella tomba Hwangnam Daechong, tesoro nazionale numero 193

Il curatore si riferisce a un manufatto di vetro trovato nella Grande tomba di Hwangnam (Hwangnam Daechong), che prova quanto attivi dovessero essere gli scambi fra i vari paesi. Il pezzo, che è stato designato Tesoro nazionale numero 193, si pensa che possa essere dell’antica Roma e che provenga da un paese dell’Europa occidentale o da una zona del Mediterraneo. Il vetro, chiaro e di colore verde-blu, ha un filo d’oro avvolto attorno al manico, che gli esperti credono che fosse usato per rinforzare il vetro. Dicono che la bottiglia ha una forma simile a un oinochoe (οἰνοχόη) greco, un tipo di boccale per mescere il vino con una struttura curva e un manico attaccato perpendicolarmente al corpo della bottiglia. “È difficile dire come questo recipiente di vetro sia stato portato nella penisola coreana”, dice Park Nam-su dell’Istituto nazionale di storia coreana. “Potrebbe essere arrivato attraverso la Cina durante uno scambio commerciale, o potrebbe essere stato fatto qui in Corea da uno straniero.”

Quest’ultima ipotesi sembra altamente improbabile. La presenza nella Corea antica di una persona di etnia diversa sarebbe stata immediatamente notata e registrata nei testi storici, tanto più se era un così abile artigiano proveniente forse dall’Europa o dall’area mediterranea. La creazione di questo manufatto avrebbe richiesto una tecnologia assolutamente sconosciuta a quei tempi in Corea. Un oggetto in vetro così diverso dalle anfore coreane doveva essere ritenuto prezioso dal proprietario, se l’hanno sepolto assieme a lui, nella sua tomba. Le tombe coreane erano, e sono ancora oggi, semplicemente dei grossi tumuli di terra e il peso della terra e l’acqua che vi penetrava hanno certamente contribuito alla rottura dell’eventuale cassa di legno, col tempo marcita, e del delicato oggetto in essa contenuto.

Via terra e per mare

La “Via della seta” univa l’Asia e l’Europa, e serviva come collegamento vitale fra le civiltà orientali e quelle occidentali. Anche se non vi sono troppi resoconti di mercanti coreani che effettivamente scambiassero prodotti sulla via della seta, il monaco Hyecho dell’ottavo secolo scrisse un resoconto dei suoi viaggi lungo la via della seta, che serve a evidenziare quanto si spingesse in fuori il regno di Silla. Chiamato “Memoria del pellegrinaggio ai cinque regni dell’India” (wang ocheonchukguk jeon 왕오천축국전 ), è il primo diario di viaggio coreano ed è oggi considerato un resto storico culturale di grande valore.

Un altro esempio della presenza di Silla sulla Via della seta è riflessa nelle statue locali fatte a somiglianza di stranieri. Presso la tomba reale del re Heungdeok, chiamata Heungdeogwangneung, statue di soldati stanno di guardia vicino all’ingresso. Questi indossano cappelli e abiti che corrispondono nell’aspetto alle divise dei sogdiani, antichi soldati iraniani che si sapeva che viaggiavano lungo la Via della seta. L’imitazione indica familiarità con le culture straniere, cosa che palesa un certo livello di interazione. Similmente, in alcune tombe del settimo secolo attorno a Gyeongju, nella regione Gyeongsangbuk-do, sono state trovate delle statuette vestite nello stile sogdiano.

La Via della seta cominciò a declinare nell’ultima parte del nono secolo, perché allora vennero alla ribalta le rotte marittime. L’icona storica Jang Bogo portò il suo contributo nello stabilire delle rotte commerciali marittime, dal momento che vide la necessità di un nuovo centro di scambio con la Cina e il Giappone. “Jang era incaricato di accompagnare gli inviati nel nuovo mondo”, dice Park dell’Istituto nazionale di storia coreana. Jang costituì un presidio nell’isola di Wando sulla costa meridionale e protesse anche le attività commerciali dei mercanti di Silla e degli inviati che andavano in Cina e in Giappone. Il nuovo polo commerciale aprì delle opportunità per scambi commerciali più differenziati. “Prima era solo possibile commerciare fra due paesi per volta: la dinastia Tang (618-907) commerciava con Silla e Silla commerciava col Giappone. Con le nuove rotte commerciali via mare,” dice Park, “si sviluppò il commercio multilaterale che favorì il potenziamento dell’attività economica.”

Una crescita democratica

Dal momento che nell’era Silla il commercio era in gran parte limitato ai tributi, gli esperti discutono se in quel periodo i civili fossero anch’essi attivamente coinvolti nel commercio fra gli stati. Comunque, il commercio dei privati divenne più intenso nel periodo Goryeo (918-1392) e il sorgere delle rotte marittime a sua volta contribuì a diffondere notizie sul paese.

Questa crescita aiutò a far conoscere la Corea in un modo interessante. A mano a mano che sempre più persone nel mondo sentivano il nome Goryeo (Koryŏ), questo divenne noto anche in altre lingue e alla fine si evolse nella variazione di oggi. Oh Young-sun, curatore del Museo Nazionale della Corea, dice: “Noi pensiamo che il nome Corea derivi da Goryeo, dal momento che la pronuncia è molto simile.”

Di concerto con gli sforzi di Goryeo di espandersi mediante il commercio, la dinastia Song (960-1279) della Cina, il più importante partner commerciale di Goryeo, giocò anch’essa un ruolo nel modernizzare il paese. Per cercare di spronare l’industria del commercio in rapida evoluzione, a imitazione della Cina Goryeo introdusse la prima moneta della nazione durante il regno del re Seongjong. “Era la prima volta che gli antichi regni coreani avevano un elemento che venisse usato soltanto come moneta”, dice Oh. “La moneta divenne poi più diffusa durante il periodo Joseon.”

Il commercio di Goryeo si può suddividere in due tipi, anche se non mutualmente esclusivi. Uno era il commercio tributario con la dinastia Song, che comprendeva oggetti preziosi come i celadon di Goryeo, gioielli, oro, giada e altri articoli di lusso. L’altra categoria di commercio era costituita dai più vari oggetti scambiati dalla gente comune. I mercanti di Goryeo offrivano carta, barre di inchiostro di china e pietre per l’inchiostro, mentre cercavano merce che risultava rara nella penisola, come tè, spezie, strumenti musicali e talvolta avorio o prodotti di vetro. “Il commercio tributario era talvolta considerato come civile, quando i messaggeri stranieri e gli inviati scambiavano le proprie cose e acquistavano merci locali da portare a casa”, dice Lee Mi-ji dell’Istituto nazionale di storia coreana.


La pagoda a 10 piani proveniente dal tempio Gyeongcheonsa, ora al Museo nazionale della Corea

La base di tutto il commercio durante quest’epoca era il porto di Byeongnando situato alla bocca occidentale del fiume Yeseonggang vicino a Gaegyeong, che è ora Gaeseong in Nord Corea. Il fiume Yeseonggang era considerato vantaggioso per le sue acque profonde che permettevano l’attracco di grandi navi.

Il Gaoli Tujing, una registrazione storica scritta nel 1123 da un inviato della dinastia cinese Song in Corea, afferma che uno dei prodotti più popolari nella scelta per lo scambio era la ceramica celadon di Goryeo. Il suo colore verde pallido, simile al colore della giada, la rendeva popolare fra gli stranieri. Questo viene messo in evidenza nelle merci ricuperate da un vascello mercantile cinese affondato, scoperto negli anni 1970 vicino a Sinan, nella regione Jeollanam-do. La nave, che si ritiene affondata all’inizio del quattordicesimo secolo dopo essere stata abbandonata vicino alla costa coreana, fu trovata carica di ceramiche celadon di Goryeo.

Di un’altra nave del periodo Goryeo carica di ceramiche celadon, affondata non lontano dalla costa occidentale della Corea e scoperta nel 2007 si è parlato altrove. Si veda anche il ritrovamento di un’altra nave annunciato nel 2010.

Altre opere, come la pagoda a dieci piani proveniente dal tempio Gyeongcheonsa, mostrano un’influenza diretta da paesi che si trovano al di fuori della Cina Song. La struttura, che era anche la prima pagoda a essere costruita in marmo, mostra segni di influenze buddiste tibetane nei livelli inferiori, mentre i piani superiori sono classicamente coreani. Il tetto lavorato in modo intricato, però, non è classificabile in un qualunque stile unico.

“Pensi alla scrittura a mano. Anche se uno cerca di copiare la scrittura di qualcun altro, il proprio stile si mescolerà con l’imitazione.” dice Heo Hyeong-wook del museo nazionale di Gyeongju. “Ciò è quanto succede con i manufatti buddisti.”

Commercio trilaterale

Il commercio crebbe ancor di più durante il diciottesimo secolo del periodo Joseon (1392-1910) che segnò il picco del commercio trilaterale fra Cina, Giappone e Joseon. La Corea (Joseon) esportava principalmente ginseng selvatico, mentre la dinastia Qing della Cina (1636-1912) metteva sul mercato la seta e i giapponesi commerciavano argento. Un antico documento di quel tempo dimostra quanto fosse vivace il commercio internazionale e gli scritti Taengniji dello studioso Lee Jung-hwan affermano che: “Gli uomini più ricchi a Joseon sono tutti mercanti che commerciano con l’estero.”

Oltre a scambiare prodotti tangibili, la dinastia Ming (1368-1644) della Cina era anche attiva negli scambi letterari. Inviati della dinastia Ming scambiavano manoscritti di poesie con studiosi di Joseon, fra cui Jeong In-ji e Seong Sam-mun nel 1450.

Una raccolta di poesie scritte dagli inviati di Ming e da accademici di Joseon, tesoro numero 1404, mostra come il commercio comprendesse anche nuovi pensieri e nuove opinioni e, in tal modo, aiutasse la Corea ad aprirsi verso il resto del mondo.


Tratto da “Talking Past: The Art of Ancient Trade”, in Korea, Agosto 2011. Testo di Lee Sun-min. Pubblicato con autorizzazione del Korea Culture and Information Service, che si riserva il copyright sull'intero contenuto della rivista. Riferimento: Korea.net.

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