P resso un grande osservatorio in un palazzo lussuoso o di fronte a una ciotola d'acqua in una squallida capanna col tetto di paglia, i coreani del passato guardavano sempre il cielo a mani giunte, in preghiera. Essi pensavano alla stessa cosa: ai cieli e agli dei che li osservavano dall'alto. D'altronde, anche da noi in Italia espressioni come “Grazie al cielo”, “Voglia il cielo” o “Che il cielo ti assista” sembrano far riferimento a un tempo in cui il cielo era divinizzato, o era perlomeno considerato sede della divinità.
Gli dei dell'universo Lee Tae-hee, responsabile della mostra, ha detto che il suo scopo principale era quello di mostrare i cieli che esistevano nella mente della gente, più che descrivere lo spazio in termini scientifici. La mostra è divisa in quattro sezioni minori, che invitano i visitatori a percepire in dettaglio come gli esseri umani siano riusciti a convivere gli uni con gli altri sotto i cieli. Il tema della prima parte è quello della “Provvidenza”. Il monarca governava il suo popolo con il potere che egli, ed essi, pensavano gli fosse trasmesso dall'alto. Come mandatario, egli serviva i cieli e manteneva con essi uno stretto contatto in modo da guidare il suo popolo per la giusta via. Entrando nella prima sezione, i visitatori vengono accolti dal vistoso “Dipinto del Sole, della Luna e dei cinque picchi” che dà loro il benvenuto. Il dipinto è stato eseguito con pennellate decise e ampie e con l'uso di pochi colori: il nero, il bianco, il rosso, il verde e il blu. Il Sole e la Luna rappresentano il re e la regina, mentre i cinque picchi simboleggiano la loro nazione e la popolazione. La sezione seguente presenta il tema della “Registrazione dei cambiamenti nei cieli”. La gente pensava che, prendendo nota dei cambiamenti nei cieli, fosse in grado di predire il futuro. Per questo motivo, il lavoro dell'Ufficio dell'astronomia, incaricato di osservare i cieli agli ordini del palazzo reale, era considerato molto importante. Ad illustrare questo lavoro è esposto un libro sulle
Carte astronomiche coreane e occidentali disegnate con il sole, la luna e i cinque pianeti principali Nella “Carta astronomica nel nuovo e nel vecchio stile” sono rappresentate carte astronomiche coreane e occidentali, assieme al Sole, alla Luna e ai cinque pianeti principali con le loro dimensioni accuratamente indicate. Questa carta è considerata molto importante perché indica il fatto che le teorie astronomiche del periodo Chosŏn coesistevano pacificamente con quelle occidentali. “Per queste persone l'astronomia era più una religione che una scienza. Così essi erano piuttosto flessibili per quanto riguardava le varie visioni che si potevano avere dei cieli.” spiega il curatore della mostra. Molti studiosi si concentravano sullo studio della volta celeste. In realtà non facevano questo per la scienza, quanto piuttosto per diventare veri santi mediante la conoscenza approfondita dei cieli. Nella terza parte della mostra, intitolata “Studio delle leggi celesti”, i visitatori possono osservare vari oggetti che aiutavano gli studiosi del tempo a conoscere e a capire meglio gli astri. La sfera armillare e l'astrolabio furono creati per osservare i cambiamenti delle stelle nei 24 “termini solari” e per calcolare il momento in cui il Sole sorgeva e tramontava. Basta uno sguardo per vedere che questi oggetti, che segnavano ciascun periodo con linee sottilissime, furono creati con grande sforzo. La parte finale, “Un sogno nei cieli”, mostra quello che la gente comune pensava del cielo e degli dèi. Dipinti di varie divinità mostrano come la popolazione comune avesse La “Carta astronomica incisa su una piastra d'oro” è una carta astronomica rotonda creata come offerta al Budda da parte di dieci monaci nel 1652. Originariamente le 28 costellazioni erano decorate con perle, ma oggi di queste ne rimangono poche. I dipinti (fra cui quello riportato qui all'inizio della pagina) mostrano varie divinità che il popolo credeva fossero incaricate della gestione dell'universo. Queste divinità venivano pregate per ottenere lunga vita, salute e felicità. Le divinità raffigurate nel dipinto hanno un sorriso benigno sul volto, il che indica che la gente le sentiva vicine a sé. I visitatori che non hanno familiarità con la cultura coreana possono avere qualche difficoltà a scoprire uno speciale significato nell'osservazione degli antiquati oggetti di ottone o dei dipinti giallognoli e sbiaditi che si vedono nella mostra, ma queste opere costituiscono un ponte che li può portare indietro nel tempo, ad un'epoca in cui il cielo e gli uomini erano più vicini fra loro. Oggi, con il grande sviluppo delle scienze, gli uomini vanno esplorando lo spazio esterno, ma, per contrasto, ben poche persone alzano ormai lo sguardo al cielo per ammirare le stelle che brillano sulle loro teste. Il sito Web (molto bello) del Museo Folcloristico Nazionale della Corea è www.nfm.go.kr:8080/english/main.htm. |
Tratto da “Encounters with Korean astronomy”, in Korea Now, 21 agosto 2004, pp. 32-33. Testo originale di Shin Hae-in. Pubblicato con autorizzazione del Korea Information Service, che si riserva il copyright sull'intero contenuto della rivista. Riferimento: “Korea Now”. |
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© Valerio Anselmo