Un fotografo e il suo amore per la natura

Oggi che la fotografia sembra non poter fare a meno di ricorrere a Photoshop per elaborare le proprie immagini, fa piacere scoprire questo fotografo coreano che usa la sua macchina fotografica per riprendere scene della natura quasi fossero dipinti astratti, senza ulteriori elaborazioni.

Nota: Cliccando su un carattere cinese studiato nelle scuole medie ne viene visualizzata la scheda.


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ae Bien-u è stimato in Europa per il suo modo di fotografare astratto e in Corea per i suoi soggetti freschi e nel contempo tradizionali.

Molto dell’entusiasmo del pubblico per le opere del fotografo coreano Bae Bien-u deriva da un impulso simile a quello che affascinò i sostenitori degli iperrealisti americani negli anni 1970 e ’80. Se i pittori iperrealisti andavano oltre il mezzo pittorico imitando le funzioni meccaniche di una macchina fotografica e presentando una visione più definita del soggetto, i lavori di Bae fanno esattamente il contrario: rendono il soggetto più astratto e offrono una rappresentazione più libera della realtà. In breve, la pittura iperrealistica imita la fotografia, mentre la fotografia di Bae imita la pittura.

I suoi paesaggi di boschetti di pini ritraggono strani contorcimenti degli alberi, scoprono tonalità e profondità di colori che sembrano più ricche della realtà e trascurano i dettagli minori. I suoi paesaggi sono personali e presentano una visione della natura estremamente particolare.

Ciò spiega in parte perché le sue opere sono state accolte con tanto entusiasmo dagli occidentali. Per molti versi i lavori di Bae si accordano con la nozione della pittura coreana classica, sottile e spesso commovente, un’impersonificazione dello spirito della “terra del calmo mattino”. Dal momento che Bae ha da tempo favorito soggetti coreani tradizionali come i pini, i templi e i palazzi reali, fra i suoi principali mecenati vi sono diplomatici e funzionari governativi.

Nel corso dell’ultimo incontro al vertice fra gli Stati Uniti e la Corea del Sud, il presidente sudcoreano Lee Myung-bak ha offerto in dono al presidente Obama un libro di fotografie di Bae. Quest’opera comprendeva 65 vedute di boschetti di pini coreani coperti di neve, palazzi reali, porcellane coreane tradizionali e altro. La sua serie di alberi di pino fa anche parte delle collezioni di Elton John e della casa reale del Belgio.

“Invece di usare il pennello, io dipingo con la macchina fotografica” ha detto una volta Bae. “Quando si fotografa, la cosa più importante è capire la luce. Sono molto interessato alla forma di un oggetto e al suo colore. Questo è il motivo per cui sono più attratto dal paesaggio che dal ritratto.”

La sua scelta dei soggetti da fotografare ha molto a che fare con l’ambiente in cui è cresciuto. Nato nella città portuale di Yeosu nell’anno in cui scoppiava la guerra di Corea, Bae iniziò la sua carriera da artista nel corso degli anni 1970, fotografando il mare nella sua città natale. Si è poi spostato gradualmente sul paesaggio circostante, con composizioni in cui comparivano i sacrari reali e i boschi di Gyeongju, l’antica capitale del regno di Silla (57 a.C.- 935 d.C.).

Come la maggior parte dei fotografi della sua generazione, Bae non ha mai conseguito un diploma in fotografia: è un autodidatta. Rimase affascinato dagli alberi di pino nel 1985, dopo una visita al tempio di Naksansa. Per i successivi due anni, Bae visitò ogni boschetto di pini della penisola, comprese le famose colline dei coni vulcanici parassiti dell’isola di Jejudo, che compaiono spesso nei suoi lavori.

Di recente ha cominciato a compiere ricerche all’estero. L’autorità dei beni culturali della Spagna gli ha commissionato una serie di fotografie del giardino del palazzo Alhambra a Granada. I risultati sono stati esposti in un museo nazionale spagnolo. In una delle fotografie egli fa notare un parallelismo tra i pini del palazzo spagnolo e quelli del palazzo di Changdeokgung a Seul, entrambi designati come Patrimoni dell’umanità dall’UNESCO.

Durante una mostra dei suoi lavori tenuta a Zurigo, le opere di Bae sono state definite come “alberi sacri” dai critici. Gli alberi di pino come soggetto non sono originali della Corea, ma ora, per molti visitatori europei, la “sacralità” della natura è venuta a dar forma alla nozione di arte coreana. Ma un senso simile di timore reverenziale e di bellezza viene percepito nei lavori di Bae anche dai coreani, che in quelle opere riscoprono un collegamento con i dipinti tradizionali che andavano alla ricerca dei segreti del mondo in soggetti come gli alberi di pino, i bambù o gli animali selvatici.

“La vita di un albero e quella di una persona sono per molti versi simili” dice Bae. “Un albero non si può muovere, ma anche lui combatte per il territorio.”

Per Bae un pino è anche una metafora della memoria collettiva. Egli fa notare che oltre 600 nomi di luogo in Corea contengono il carattere cinese “song” che significa “pino”, e che la Corea è una delle poche culture che antropomorfizza gli alberi.

Per le sue spedizioni, Bae esce di casa al mattino presto o nelle serate nebbiose, e la luce mistica che cattura nei suoi lavori porta molti visitatori coreani a pensare allo sciamanesimo.

Shigeo Chiba, un critico d’arte giapponese dice: “Si ha l’impressione che gli alberi vengano fuori dal paesaggio e si avvicinino direttamente a noi. Quest’impressione mostra come le sue opere debbano essere considerate artistiche, invece che semplicemente fotografiche. Bae considera questi alberi come creature che uniscono il cielo e la terra.”

In Internet vi sono molte riproduzioni delle fotografie di Bae Bien-u. Per altre immagini delle sue opere, cliccare qui.


Tratto da “A Photographic Tribute to the Mystical Forest”, in Korea, ottobre 2009. Testo di Park Soo-mee. Pubblicato con autorizzazione del Korea Culture and Information Service, che si riserva il copyright sull'intero contenuto della rivista. Riferimento: Korea.net.

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© Valerio Anselmo