“Corea” deriva da “Koryŏ” (高麗), nome dello stato coreano ai tempi di Marco Polo (seconda metà del 1200), che ne “Il Milione” lo chiamò Cauli, alla cinese. E con Koryŏ ha a che fare il testo chiamato Chikchi, stampato nel 1377, quarto anno di regno del trentaduesimo sovrano di Koryŏ (re U
禑), che allora aveva 13 anni. Si era verso la fine del regno e l'atmosfera a corte era cupa, specie a causa delle turbolenze in atto in Cina, di cui Koryŏ era vassallo.
Lo stato di Koryŏ nel 1231 era diventato vassallo dei mongoli che avevano invaso e governato la Cina per oltre un secolo, assumendo il titolo dinastico di Yüan (元). Nel 1377, all'epoca della stampa del Chikchi, in Cina i mongoli erano già stati respinti al Nord (1368) ed era sorta una nuova dinastia, Ming (明). I mongoli, però continuavano a occupare la zona a Nord della Corea e a tormentare Koryŏ con continue richieste di tributi, mentre la corte coreana restava ancora pesantemente filo-mongola.
Il re precedente, Kongmin (恭愍), era stato assassinato, e lo stesso re U finì ucciso all'età di 23 anni da parte di uno dei suoi generali (Yi Sŏng-gye 李成桂) che doveva poi diventare il fondatore del successivo stato di Chosŏn (朝鮮).
Nel 1388 una fortezza mongola posta sul confine settentrionale di Koryŏ fu occupata dalle forze cinesi dei Ming e questo fatto la corte filo-mongola di Koryŏ non lo poteva sopportare. Il generale Yi Sŏng-gye fu mandato a capo di una spedizione militare che avrebbe dovuto scacciare le forze Ming da quella fortezza, ma, per vari motivi, Yi Sŏng-gye sapeva che, se avesse attaccato le forze cinesi, sarebbe stato sconfitto con gravi conseguenze per la Corea. Decise quindi di rientrare alla capitale, dove sopraffece i difensori del re U e lo depose, impadronendosi del governo. Fece salire sul trono il figlio del re U, Ch'ang (昌), che aveva sette anni, e intanto, senza scalpore, il deposto re U veniva assassinato. Anche il nuovo re-bambino Ch'ang doveva fare la stessa fine dopo appena un anno.
All'esterno la Corea aveva dei grossi problemi per le incursioni dei pirati giapponesi, mentre non molto tempo prima orde di briganti cinesi, i “Turbanti rossi”, avevano invaso il paese non risparmiando nessuno quando conquistavano le città.
Dopo avere assediato a lungo una città, si facevano aprire le porte e quindi procedevano ad esecuzioni sommarie, decapitando gli uomini. Le cronache storiche parlano di "colline di teste". Si parla anche di efferati episodi di cannibalismo effettuati sulle donne.
All'interno del paese, poi, non mancavano le rivalità fra i possidenti terrieri, oltre che fra i monaci buddisti e i confuciani. Insomma, un periodo difficile, di grande instabilità.
Nello stato di Koryŏ era molto importante il buddismo e i templi buddisti avevano grande influenza e potere. Nel successivo stato di Chosŏn ebbero maggiore importanza i confuciani e il confucianesimo sostituì il buddismo come religione di stato.
Il re U, figlio adottivo del re Kongmin, era salito al trono nel 1374 all'età di 10 anni e non può essere certo attribuita a lui la creazione dei caratteri di stampa metallici mobili usati per l'edizione del Chikchi giunta fino a noi. È molto più probabile che il suddetto metodo di stampa fosse noto da tempo: le fonti storiche coreane, infatti, ne fanno risalire l'invenzione a ben 140 anni prima, alla prima metà del XIII secolo (precisamente nel 1234), ma non ne restano prove certe alla pari del Chikchi.
Esistono registrazioni storiche che parlano di stampe con caratteri metallici mobili effettuate nel 1234 e altre che farebbero risalire l'invenzione al 1200. Nel Museo della stampa antica di Ch'ŏngju è conservato un carattere metallico mobile che si dice risalga a quell'epoca.
Senza andare però troppo indietro nel tempo, è possibile che il perfezionamento di questo tipo di caratteri di stampa sia stato voluto dal colto re Kongmin, pittore e letterato, o, meglio ancora, che sia stato invece opera di Sin Ton (辛旽), un monaco buddista figlio di uno schiavo, che divenne molto importante presso la corte di Koryŏ (ricordiamo che il Chikchi è un testo buddista e che fu stampato nel tempio Hŭngdŏk (興德) di Ch'ŏngju da cui proveniva il monaco Sin Ton). (Tra parentesi, sembra che questo Sin Ton fosse anche il padre naturale del re U, figlio avuto da una schiava concubina.)
Il nome originale del re U era Monino (牟尼奴). Il fatto che il figlio di questo monaco sia stato adottato dal re Kongmin dimostra quanto Sin Ton fosse potente presso la corte. Nel 1369 arrivò addirittura a proporre lo spostamento della capitale da Kaesŏng a Ch'ŏngju, dove si trovava il suo tempio.
Anche a causa delle turbolenze della fine del periodo storico, le poche copie del Chikchi originale si presume che siano andate distrutte negli incendi dei templi e per la brutalità delle bande che si combattevano fra di loro.
Lo scopo della pubblicazione del Chikchi potrebbe essere stato quello di ingraziarsi il Budda e ottenere l'allontanamento dei pericoli imminenti in quel periodo così travagliato. Già in precedenza era successo che un'immensa collezione di testi buddisti intagliati su 80.000 tavole di legno (il Tripitaka Koreana esistente ancora oggi in perfette condizioni) venisse preparata per assicurarsi la protezione del Budda contro i pericoli, allora costituiti dagli invasori mongoli.
Collin de Plancy, un addetto dell'ambasciata francese a Seul che verso il 1897 acquistò l'unica copia (incompleta) finora nota del Chikchi stampato con caratteri metallici mobili, forse non immaginava di essere entrato in possesso di un tesoro unico al mondo. Maurice Courant, studioso di lingue orientali, nel 1901 lo aveva elencato nel suo "Supplement à la Bibliographie Coréenne", ma non si sapeva dove questo libro si trovasse.
Conservato nella Biblioteca Nazionale di Parigi fra i fondi cinesi, fu riscoperto da una ricercatrice, la dottoressa Pak Pyŏng-sŏn (朴炳善), che riuscì a provare che si trattava veramente di un testo coreano stampato con caratteri metallici mobili. Una scoperta sensazionale che ha portato all'attenzione del mondo la vivacità intellettuale di un paese che nel recente passato è stato troppo spesso trascurato. |