La Corea, per quanto riguarda la scrittura della propria lingua, presenta grandi contraddizioni. Da un parte negli ultimi anni si sono voluti eliminare tutti i caratteri cinesi dai quotidiani e dai libri, dall’altra si sta ora completando quello che viene definito come il più grande dizionario di caratteri cinesi al mondo. |
L a scrittura della lingua coreana ha subito negli ultimi trent’anni enormi cambiamenti. Si è passati da un uso massiccio dei caratteri cinesi nei quotidiani e nei libri, alla loro totale eliminazione. E non è trascorso che un secolo da quando tutti gli atti ufficiali e le storie dinastiche venivano scritti esclusivamente in cinese. Anche l’aspetto dei libri è cambiato perché, fino a qualche decennio fa, si scriveva dall’alto in basso, con le colonne che si susseguivano da destra a sinistra, per cui l’ultima pagina di un libro coreano era quella che per noi è la prima. Ora, a causa dell’influenza dell’Occidente, si scrive come da noi, da sinistra a destra e con le righe che vanno dall’alto al basso, per cui tutto si è uniformato (o “globalizzato”, perdendo un bel po’ del fascino di un tempo). Da un punto di vista formale, il coreano possiede un proprio alfabeto che rappresenta chiaramente i suoni della lingua, per cui si possono benissimo trascrivere i fonemi del parlato senza far ricorso ai caratteri cinesi. Date le caratteristiche dell’alfabeto coreano che, a differenza del cinese e del giapponese, possiede lettere distinte per le consonanti e le vocali, ci fu anche uno studioso (Choi Hyun-bae D’altra parte l’influenza della Cina è stata in passato così forte che ancora oggi, nonostante il recente pesante inquinamento da parte di termini anglo-americani, il numero dei vocaboli di origine cinese supera ancora, nel coreano, il cinquanta per cento delle parole della lingua e i vocaboli sino-coreani (la massima parte dei quali bisillabici) possono porre seri problemi di interpretazione quando si scrive di argomenti specialistici e non si fa uso dei caratteri cinesi. Per non parlare dei nomi di persona, costituiti quasi sempre da una sola sillaba per il cognome e due sillabe per il nome, con conseguente grandissima possibilità di omofoni, distinguibili soltanto mediante la presentazione di un biglietto da visita stampato in cui compaiono i caratteri cinesi del proprio nome. Un’altra considerazione da fare è che, nel coreano attuale, non ci sono più i toni che forse esistevano nel coreano antico, mentre permangono tuttora nel cinese attuale. Di conseguenza caratteri cinesi che in Cina si distinguono fra loro perché pronunciati con un tono diverso, in Corea non possiedono più questa caratteristica distintiva e diventano omofoni a tutti gli effetti, accrescendo la confusione. Pro e contro, ma con giudizio Da oltre cinque secoli in Corea la gente comune ha utilizzato esclusivamente l’alfabeto nello scrivere i propri messaggi e nello scambio di lettere. Ci sono stati anche dei romanzi brevi scritti esclusivamente in alfabeto, e la cosa non ha dato luogo a fraintendimenti, anche se la lingua possiede un grandissimo numero di parole brevi, monosillabiche e bisillabiche. Il motivo di questa comprensione totale di testi scritti esclusivamente in alfabeto è chiaramente da attribuirsi al ristretto numero di vocaboli che in quelle occasioni si è utilizzato e al fatto che la gente comune ha sempre usato preferibilmente parole originarie coreane, che in genere sono più lunghe di quelle sino-coreane. ![]() Il grande dizionario dei caratteri cinesi usati in Corea edito nel 1964, col testo scritto in verticale Un conto è il caso di una madre che manda una lettera alla propria figlia sposata che si è trasferita lontano, o un racconto narrato per iscritto in uno stile molto semplice, un altro conto invece è il caso di uno studioso che deve mettere per iscritto i risultati delle proprie ricerche, o la stesura di un romanzo storico. Nel primo caso il vocabolario si limita normalmente a poche migliaia di parole usate tutti i giorni, nel secondo caso si può arrivare invece a decine di migliaia di termini, molti dei quali sino-coreani mono o bisillabici, tanto che, se non si ricorre all’ausilio dei caratteri cinesi, si rischia l’incomprensione. Il problema è quindi dato chiaramente dalla brevità delle parole di origine cinese normalmente usate nel coreano e dalla perdita dei toni distintivi per i caratteri cinesi. Negli anni 1960 si usava una scrittura mista, alfabeto e caratteri cinesi, in cui per questi ultimi non veniva fornita la pronuncia (mentre ciò avveniva invece in giapponese con l'utilizzo dei furigana 振り仮名). Oggi si comincia a verificare forse un’inversione di tendenza rispetto alla totale esclusione dei caratteri cinesi nella scrittura e, quando è necessario chiarire il significato di una parola, vengono sempre più spesso usati gli ideogrammi scritti fra parentesi, dopo averne scritto la pronuncia in alfabeto. Come esempio abbiamo tratto da Internet un brano che descrive il Parco nazionale marino di Hallyeo, dove molte delle parole sino-coreane (anche se non tutte) sono state scritte in alfabeto coreano, ma con i loro caratteri cinesi fra parentesi:
Questo è il modo giusto di risolvere un problema che ha assillato chi, anni fa, doveva leggere dei testi coreani farciti di ideogrammi sconosciuti o che oggi deve decidere quale fra i molti significati possibili debba avere un omofono sino-coreano scritto solo in alfabeto. Non si può pretendere che tutti conoscano migliaia o decine di migliaia di caratteri cinesi, ma si può aiutare la comprensione di un testo difficile scrivendo tra parentesi i caratteri cinesi delle parole che non risultano di uso comune. Oggi, di fronte alla totale mancanza di caratteri cinesi in un testo, a volte può restare confuso non solo lo straniero studioso di coreano, ma anche lo stesso coreano non specialista. Con l’aggiunta dei necessari ideogrammi fra parentesi, queste persone potranno invece ricorrere eventualmente al dizionario dei caratteri per chiarire un concetto che dal contesto non risultasse troppo chiaro. |
La notizia del completamento del lavoro ![]() I primi dodici volumi del dizionario Proprio quando sembrava che la Corea avesse abbandonato del tutto i caratteri cinesi, ecco che in Internet e sui giornali coreani è comparsa in questi giorni la notizia che si è (forse) giunti alla fine di un lavoro trentennale che ha portato alla realizzazione di quello che viene indicato come «il più grande dizionario di caratteri cinesi al mondo», con 55.000 caratteri e 450.000 composti. Questa affermazione può far pensare che in precedenza in Corea non siano stati prodotti dei buoni dizionari dei caratteri cinesi usati per il coreano. Una tale supposizione non corrisponde propriamente al vero. In effetti, ad esempio il Grande dizionario dei caratteri cinesi usati in Corea |
Il lavoro è stato portato avanti dall’Istituto di Studi Orientali dell’Università Dankook sotto la direzione del dottor Chang Chung-sik ( ![]() Il professor Chang Chung-sik, promotore e animatore del progetto del grande dizionario Il progetto iniziò nel 1971 quando Chang Chung-sik riuscì a convincere lo studioso Lee Hui-seung ( “Il professor Lee, che allora aveva 75 anni, si era ritirato dall’insegnamento ed era riluttante ad assumersi questo incarico,” – ricorda Chang – “ma io tirai fuori gli argomenti più validi e gli dissi che mi giocavo il fato dell’università su questo progetto. E aggiunsi che, se fosse successo qualcosa all’università, questa si sarebbe potuta ricostruire, ma che invece, se si fosse lasciato passare troppo tempo, questo dizionario non si sarebbe più potuto fare. Alla fine lui accettò.” Problemi Il primo problema da affrontare in seguito fu quello di reperire dei fondi, cosa che fece ritardare l’avvio degli studi di alcuni anni. Infine nel 1978 l’ufficio editoriale dell’impresa potè iniziare seriamente il suo compito. I lavori, però, non procedettero troppo velocemente, tanto che il primo dei 30 volumi non vide la luce che vent’anni dopo, nel 1999. In seguito, con lo stanziamento di nuovi fondi, i lavori ebbero una spinta decisiva che ha portato all’attuale annuncio del completamento delle ricerche, ma alcuni pensano che i lavori per gli ultimi volumi siano stati piuttosto affrettati, anche se il numero degli studiosi impiegati in questi trent’anni è stato notevole (600 persone, fra ricercatori ed esperti), così come lo sono stati i fondi impiegati (che sono ammontati all’equivalente di 25 milioni di dollari USA). Secondo il professor Kim Eon-jong della Facoltà di Letteratura coreana in cinese classico dell’Università Korea, “Questo progetto ha un grande significato dal punto di vista della storia culturale, ma è un peccato che l’Istituto abbia voluto affrettare lo stadio finale dei lavori. Essendosi comportato così, sarà poi costretto a completare e supplementare in seguito il contenuto del dizionario.” Il lavoro del dizionario non è certo stato semplice. Oltre a raccogliere dati sui caratteri cinesi usati in Corea, Cina, Giappone e nel Vietnam precedente agli anni 1950, si sono dovuti creare ex-novo 60.000 nuovi caratteri tipografici per computer perché i normali computer non avevano la possibilità di stampare così tanti ideogrammi. L’Istituto di Studi Orientali dell’Università Dankook ha ora in progetto di creare un database con il contenuto del dizionario e di metterlo in linea su Internet. Attendiamo con ansia la realizzazione di questa nuova fase dei lavori. |
Idea tratta da “Chang Chung-shik: The world’s strongest base for Chinese character contents has been laid out” pubblicato in Korea Focus, volume 16, numero 4, Inverno 2008. Testo di Geum Dong-geun. Il testo è stato ampiamente integrato da considerazioni personali dell'autore di questo sito. Pubblicato con autorizzazione della Korea Foundation, che si riserva il copyright sull'intero contenuto della rivista. Riferimento: Koreana. |
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© Valerio Anselmo