Il maratoneta Sohn Ki-chung
e la strana storia di un elmo greco di bronzo

Del maratoneta Sohn Ki-chung (il cui nome viene scritto anche come Sohn Kee-chung) si è già parlato in un’altra pagina. Quello che non si è detto prima è la curiosa storia dell’antico elmo greco di bronzo che fu donato nel 1936 da un giornale greco come premio per chi avesse vinto la maratona alle Olimpiadi di Berlino. L’elmo fu consegnato al vincitore Sohn solo 50 anni dopo. Ora si trova al Museo Nazionale della Corea e, caso assolutamente eccezionale, è stato proclamato “tesoro nazionale coreano” numero 904.

Nota: Cliccando su un carattere cinese studiato nelle scuole medie ne viene visualizzata la scheda.



Sohn Ki-chung vola verso il traguardo nella maratona alle Olimpiadi estive del 1936 a Berlino
I

l maratoneta Sohn Ki-chung (손기정 ) è stato il primo coreano a vincere una medaglia olimpica quando ricevette l’oro nella maratona alla Olimpiade di Berlino del 1936. Allora la Corea era annessa all'Impero giapponese fin dal 1910 e rimase sotto il controllo del Giappone fino alla sconfitta di questo nel 1945, alla fine della seconda Guerra mondiale.

I primi anni di vita

La corsa ha fatto parte della vita di Sohn fin dall’infanzia. Nato nel 1912 a Sinuiju, nella regione Pyeongan del Nord, ora nel Nord Corea, Sohn aiutò presto la sua famiglia ad arrivare alla fine del mese facendo dei lavori saltuari qua e là nella città, fra cui le consegne che facevano correre il ragazzino da una parte all’altra per tutto il giorno. All’età di 16 anni, Sohn trovò un lavoro a Dandong, in Cina, e ogni giorno percorreva di corsa 8 chilometri per andare al lavoro e per tornare perché non aveva i soldi per i mezzi di trasporto.

Sebbene corresse per necessità piuttosto che per scelta, la predisposizione di Sohn per le corse su lunga distanza era chiara fin dall’infanzia. All’età di appena 12 anni vinse la Gara di corsa An-Ui, che si svolgeva sulla distanza di 5.000 metri, da Sinuiju a Antung. In seguito scelse di frequentare il Liceo Yangjeong (양정고등학교) di Seul, che era famoso per la sua squadra di corsa sportiva.

Verso l’Olimpiade

Fra il 1933 e il 1936 Sohn vinse 10 delle 13 maratone a cui prese parte in Corea e in Giappone, qualificandosi per la squadra olimpica. Il 3 novembre del 1935 stabilì il record del mondo di 2 ore 26 minuti e 42 secondi, record che durò fino al 1947, quando Suh Yun-Bok, da lui allenato, vinse la Maratona di Boston stabilendo un nuovo primato. Il suo miglior tempo lo stabilì però in un’altra occasione, il 25 aprile 1935, su un percorso che superava di 520 metri i 42 chilometri e 195 metri standard della maratona, ottenendo il tempo di 2 ore 25 minuti e 14 secondi, circa equivalenti a 2 ore 23 minuti e 28 secondi per un percorso standard.

Benché fosse eccitato per la partecipazione all’evento internazionale, aveva un peso sul cuore. Sohn era costretto a competere non per la Corea, ma come maratoneta per il Giappone che aveva colonizzato il suo paese nel 1910.

Il governatore giapponese della Corea non permise che Sohn e gli altri atleti coreani partecipassero alle Olimpiadi come coreani. Essi furono perciò costretti a parteciparvi come membri della delegazione giapponese e con nomi giapponesi: Sohn fu registrato sotto il nome di Son Kitei, pronuncia giapponese dei caratteri cinesi del suo nome.

La vittoria


Sohn Ki-chung e Nam Sung-yong a testa china al momento della premiazione

Il 9 agosto 1936 Sohn sorprese il mondo con la sua vittoria nella maratona. Il quasi sconosciuto atleta dell’Asia Orientale batté gli avversari con un tempo di 2 ore 29 minuti e 19 secondi, nuovo record olimpico. (Cliccare qui per vedere il video dell’arrivo e della premiazione dei maratoneti all’Olimpiade di Berlino del 1936.)

Il suo successo fu, però, amareggiato dal momento che per la sua vittoria fu innalzata non la bandiera coreana ma quella giapponese e che fu l’inno giapponese a essere cantato nello stadio. La medaglia d’oro di Sohn e quella di bronzo del suo collega coreano Nam Sung-yong, giunto terzo, furono conteggiate a favore del Giappone nelle Olimpiadi estive del 1936 e a tutt’oggi sono accreditate ufficialmente al Giappone. Anche se Sohn aveva la medaglia d’oro al collo e la testa decorata con la corona d’alloro, il suo volto era cupo. Come si nota anche nel video citato sopra, alla cerimonia della premiazione Sohn e Nam tennero la testa china per manifestare il loro dolore. In quell’occasione Sohn e Nam si rifiutarono di firmare in giapponese e firmarono solo con il loro nome in coreano e nelle interviste chiarirono che la Corea era la loro madrepatria.

Un episodio che indica chiaramente quali fossero i rapporti fra il governo dell’invasore giapponese e la popolazione coreana è il seguente. Il quotidiano coreano Dong-a Ilbo pubblicò fotografie di Sohn e di Nam sul podio con il disegno della bandiera giapponese cancellato dalla loro uniforme. Per rappresaglia il governo coloniale nipponico fece imprigionare otto persone e sospendere per nove mesi la pubblicazione del giornale.

Dopo aver vinto la maratona alle Olimpiadi, Sohn frequentò l’Università Meiji in Giappone, dove si laureò nel 1940.

Dopo la liberazione


A Sohn (in giacca chiara e guanti bianchi) viene offerto con 50 anni di ritardo l’antico elmo greco

Nel 1945, quando la Corea fu liberata dal dominio coloniale giapponese, Sohn era ormai diventato un allenatore di corse che allenava i maratoneti coreani per le competizioni internazionali. Tra gli altri, allenò: Suh Yun-bok per la Maratona di Boston del 1947, dove Suh arrivò primo, battendo il record mondiale del maestro con il tempo di 2 ore 25 minuti e 39 secondi; Ham Kee-yong, vincitore della Maratona di Boston del 1950 e Hwang Young-cho, medaglia d’oro nella maratona alle Olimpiadi estive del 1992 a Barcellona. L’anziano Sohn, ottantenne, andò a Barcellona per vederlo correre.

Sohn fu una fonte costante di supporto per i maratoneti coreani. Negli corso degli anni ricoprì varie cariche, compresa quella di presidente dell’Associazione coreana delle federazioni atletiche e di membro del Comitato olimpico coreano. Sohn è stato il portabandiera alle Olimpiadi del 1948 a Londra. Si dice anche che abbia svolto un ruolo importante nell’ottenere per Seul il diritto di ospitare le Olimpiadi estive del 1988, per le quali gli fu assegnato l’onore di essere il corridore finale a entrare nello stadio portando la torcia olimpica.

La Repubblica Dominicana nel 1956, Haiti nel 1969, la Corea del Sud nel 1992 e St. Vincent nel 1994 lo hanno onorato sui loro francobolli e con speciali annulli filatelici.

Il mistero dell’elmo greco annoverato fra i tesori nazionali della Repubblica di Corea


L’antico elmo greco consegnato a Sohn dopo 50 anni

Alla figura del maratoneta Sohn è associato un misterioso tesoro nazionale «coreano» numero 194 che è custodito nel Museo Nazionale della Corea. Si tratta di un elmo greco di bronzo risalente al sesto secolo a.C., inviato prima delle giochi olimpici del 1936 al Comitato organizzativo delle Olimpiadi dal giornale sportivo greco Vradiny perché fosse offerto in dono all’anonimo vincitore della maratona. Il Comitato olimpico, in linea con le sue regole che impongono che può partecipare alle Olimpiadi solo chi si occupa in via amatoriale di sport e che, di conseguenza, non può ricevere remunerazioni per le sue prestazioni, non consegnò l'elmo a Sohn, ma lo donò al Museo delle antichità (Antikmuseum) a Berlino, dove rimase ben protetto per 50 anni. Si dice che la presentazione del regalo a Sohn sia stata bloccata dagli allenatori giapponesi.

Dopo l’intervento di un giornale greco, l’elmo venne alla fine consegnato nelle mani di Sohn da Willi Daume, membro del Comitato Olimpico Internazionale e allora presidente del Comitato Olimpico della Germania, ad un ricevimento tenuto a Berlino Ovest il 10 agosto 1986, esattamente 50 anni dopo la vittoria del maratoneta coreano (figura qui sopra). Sohn allora aveva 74 anni. (Si legga il simpatico discorso pronunciato da Willi Daume alla cerimonia di consegna dell’elmo a Sohn.)

L’elmo è di stile corinzio, con protezione del naso e delle guance, è alto 21,5 cm ed è stato forgiato nel sesto secolo a.C. nel pieno rigoglio delle Olimpiadi greche. Fu scoperto in Grecia dall’archeologo tedesco Ernst Curtius nel 1875. Sohn lo donò poi al Museo Nazionale della Corea e il 7 marzo 1987 l’elmo divenne il tesoro nazionale numero 904 della Corea. Questo oggetto occupa un posto importante nella storia della Corea, come ricordo del turbolento passato della nazione. Sohn, che morì nel 2002 all’età di 90 anni, nel donare l’elmo al museo disse: «Questo elmo non appartiene a me, ma alla nostra nazione.»


Ispirato dalla lettura di “The Bittersweet Victory of Sohn Kee-chung”, in Korea, Settembre 2011 (testo originale di Seo Dong-chul). L’articolo è stato completamente rifatto con notizie tratte da altre fonti presenti su Internet. Il Korea Culture and Information Service, si riserva il copyright sull'intero contenuto della rivista “Korea”. Riferimento: Korea.net.

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© Valerio Anselmo