Esperienze alimentari estreme

Per alcuni turisti che visitano la Corea, mangiare il pepatissimo kimchi (cavoli in salamoia) può già sembrare un’esperienza forte, specialmente se è la prima volta che si avvicinano al cibo coreano. Ma in Corea si possono fare esperienze alimentari molto diverse dalle nostre, alcune delle quali richiedono effettivamente un certo coraggio per affrontarle la prima volta. In questa paginetta ho raccolto alcune delle esperienze che ho fatto nella mia lunga permanenza nel paese, molti anni fa.


A

parte forse la pizza napoletana, che sembra aver conquistato fama internazionale, tanto che la si trova quasi ovunque nel mondo in versioni più o meno fedeli all’originale, il vitto consumato dalla popolazione può essere effettivamente molto diverso già da regione a regione nello stesso paese, e molto di più da una nazione all’altra. Le abitudini alimentari sembra che siano le più radicate e le più difficili da cambiare, anche perché sono legate da una parte ai prodotti locali e dall’altra al bagaglio di memorie dell’infanzia che ognuno di noi possiede.

Il comportamento a tavola, invece, si adegua più facilmente al cambiamento delle abitudini sociali. Se, ad un certo punto, un gruppo di persone viene ad aver rapporti commerciali con altri paesi che hanno comportamenti diversi nello stare a tavola, quelle persone si adegueranno volentieri alle abitudini conviviali degli ospiti, per non metterli in imbarazzo. Oggi in Corea a tavola i coreani si comportano per la maggior parte come gli occidentali (forchetta, coltello e cucchiaio) quando sono a tavola con uno straniero, mentre useranno comunemente ancora i più tradizionali bastoncini e il cucchiaio (ma senza il coltello) quando mangiano a casa propria.

Ma veniamo a parlare in modo più particolareggiato del tema di questa chiacchierata. Esperienze alimentari che per noi sarebbero estreme, possono invece costituire il vitto quotidiano di un’altra popolazione. Per un coreano può essere considerata un’esperienza estrema mangiare da noi un pezzo di formaggio gorgonzola, dopo averne sentito l’odore. Anche se, di solito, il vitto coreano tradizionale è molto piccante, in modo quasi esagerato per chi vi si avvicina per la prima volta, mangiare il kimchi non si può ancora definire un’esperienza estrema. Le nuove esperienze alimentari che possiamo fare in Corea riguardano quasi sempre il consumo di animali di specie diversa da quelli ai quali siamo abituati noi (ad esempio, la carne di cane), o il consumo di insetti (come i bachi da seta) o di molluschi vivi (lumache di mare o altri), o ancora il nutrirsi di animali allevati in modi assolutamente impensabili (maiali nutriti con escrementi umani). Ecco dunque le varie categorie di cibi particolari che si possono trovare ancora oggi in Corea.

Un tipo di alimento che all’inizio può richiedere molto coraggio per essere assaggiato è il baco da seta nello stadio di “pupa”. Il baco da seta, dopo che si è racchiuso nel bozzolo che ha costruito attorno a sé, subisce una profonda trasformazione che alla fine lo fa diventare una farfalla. Quando è ancora nel bozzolo, ma non è ancora diventato una farfalla, si dice che è nello stadio di “pupa”. Il processo di filatura della seta prevede che i bozzoli vengano gettati nell’acqua bollente per far staccare i fili di seta, un’operazione che uccide il baco, nota anche da noi dove esistevano fino a pochi anni fa molte filande (si veda la pagina sulla sericoltura).

Pupe di bachi da seta in scatola

Questi bachi da seta hanno già un po’ la forma di una farfalla, con le zampette, e si ha l’impressione di mangiare dei vermi grassottelli. Ci vuole un certo coraggio per assaggiarli la prima volta. Opportunamente cotti e trattati, hanno un gusto dolciastro che poi resta in bocca per tutto il giorno. Oggi vengono venduti sfusi nei mercati rionali, ma si trovano anche venduti in scatola nei supermercati.

Molti si ribellano all’idea che in Corea si mangi la carne di cane. D’altronde da noi si mangia la carne di cavallo, animale forse più intelligente e più nobile del cane, e per questa nostra abitudine siamo considerati molto male all’estero. La carne di cane in Corea viene consumata, in speciali ristorantini, specialmente d’estate, perché si dice che serva a combattere la calura estiva. Per esperienza personale, la carne di cane ha un sapore leggero, direi simile al coniglio, ma, pensando a quanto i cani si affezionino all’uomo, fa davvero una certa impressione mangiarli.

Naturalmente, in Internet non si contano i siti che biasimano il consumo di carne del “miglior amico dell’uomo”.

Da noi si mangiano le ostriche vive e la cosa è ritenuta del tutto normale, forse anche perché l’ostrica non si agita. Un’esperienza coreana che invece richiede un certo coraggio per essere affrontata è quella di mangiare molluschi vivi, che una volta in bocca si muovono cercando di scappare e si irrigidiscono, per difesa, quando li si mastica. C’è gente che è disposta a fare lunghi viaggi, pur di andare a gustare queste delicatezze in luoghi dove le acque del mare sono particolarmente pulite.

Un piatto di molluschi a pezzi che si contorcono

I molluschi vengono “preparati” e tagliati a pezzetti, che però restano ancora più che vivi e si contorcono nel piatto. Vi sono diversi tipi di molluschi (lumache di mare, piccoli polipi, ecc.) che vengono consumati in questo modo. In Internet si può vedere un filmato di un occidentale in Corea che mangia per la prima volta un mollusco a pezzi e ne commenta l’esperienza. Effettivamente questa, quando non si è mai provata prima, è un’esperienza estrema.

Alcuni altri tipi di alimenti non comuni sono invece venduti specialmente nelle farmacie tradizionali, ma si trovano anche nei mercatini. Si tratta di serpenti, corna di cervo, e altri animali o insetti speciali che però vengono consumati soprattutto per combattere disturbi di stomaco o come afrodisiaci. Di questi, però, devo confessare di non averne mai fatto uso.

Il termine ttongdwaeji (똥돼지) che compare sull’insegna di questo ristorante è composto dal nome volgare per “escrementi” (ttong ) e dalla parola “maiale” (dwaeji 돼지). È una tradizione dell’isola più meridionale della Corea, Jejudo, ma un tempo esisteva anche in altre zone della penisola. I coreani oggi preferiscono cambiare il nome di questi maiali e chiamarli semplicemente “maiali neri” (heukdwaeji 흑돼지) dal colore della loro cotenna.

Un ristorantino in cui si serve carne di maiali neri

Chi ha provato la carne di questi maiali, allevati secondo la tradizione dell’isola, ne esalta il gusto eccezionale. Chi, come lo scrivente, ha visto effettivamente come vengano allevati (in una porcilaia angusta e buia posta sotto un gabinetto primitivo), ne compatisce le condizioni in cui vengono cresciuti e forse può avere qualche reticenza ad assaporarne appieno le carni.


Notizie tratte da esperienze personali e da varie altre fonti.

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© Valerio Anselmo