Favole coreane scritte da un americano

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N

on stupisca che, nella sezione di letteratura coreana, si parli di favole coreane scritte in inglese e pubblicate negli Stati Uniti da un americano. L'autore non è una persona comune e le favole non sono state pubblicate oggi. Homer B. Hulbert (1863-1949) era una persona fuori dal comune. Americano di nascita, si era talmente affezionato alla Corea, dove aveva soggiornato 21 anni, da diventare praticamente un coreano d'adozione.

Scrisse vari libri storici sulla Corea dei suoi tempi e un gran numero di articoli sui giornali. Siccome era uno strenuo fautore dell'indipendenza coreana nel periodo in cui questa cadeva sotto il dominio giapponese, fu espulso dalla Corea nel 1907.

Dopo aver tentato in tutti i modi, ma inutilmente, di portare a favore della Corea i governi delle maggiori potenze mondiali di allora, decise di influenzare l'opinione pubblica scrivendo libri di favole per bambini. In essi descriveva i costumi coreani, il modo di vivere della popolazione, mettendo l'accento sul fatto che non si doveva pensare che l'Occidente avesse sempre ragione e che quel paese fosse misterioso o retrogrado.

Il mago Omji (Omjee the Wizard), un libro di 156 pagine illustrate pubblicato nel 1925, narra le avventure di un leprotto, di una tartaruga e di altri animali. Le favole sono raccontate da Omji a Soktari, il figlio di un taglialegna coreano. Nella descrizione delle abitudini degli abitanti della Corea l'autore è meticoloso e riesce in modo efficace a trasmettere l'atmosfera dell'ambiente della penisola, che per molti aspetti è ancora viva oggi. Una sola piccola pecca: le illustrazioni del libro create da Hildegard Lupprian, che probabilmente non conosceva la Corea, pur essendo molto belle, presentano il bambino coreano dei racconti vestito con abiti cinesi.

Ecco la traduzione della prima pagina del libro, dove abbiamo trascritto i nomi secondo la notazione più comune oggi.

Omji
Il mago

Chi era Soktari

olti e molti anni fa, su tra le colline della Corea, laggiù oltre l'Oceano Pacifico, viveva un ragazzino chiamato Soktari. Era un ragazzo povero e suo padre campava tagliando l'erba e vendendola come combustibile nella lontana città. Sapete che il combustibile è quello che noi bruciamo nelle stufe e nelle fornaci. Noi usiamo il carbone e la legna e il gas, ma la maggior parte delle persone in Corea non hanno nient'altro da bruciare che erba secca.

Non hanno stufe, ma fanno il fuoco sotto il pavimento della casa. Voi potreste pensare che la casa così prenda fuoco, ma il pavimento è fatto di larghe pietre piatte sotto le quali vi sono dei lunghi fori che vanno da una parte all'altra della casa. Loro fanno il fuoco nel buco a un'estremità della casa. Il calore e il fumo passano attraverso il foro e il fumo viene fuori dall'altra estremità della casa. Mantiene il pavimento caldo tutto il tempo.

Le storie narrate da Hulbert non sono frutto di fantasia, ma furono da lui raccolte nel suo soggiorno ventennale nel paese. Per questo motivo le sue favole sono preziose e preservano abitudini e costumi che pian piano vanno oggi scomparendo (ma il pavimento riscaldato, l'ondol 온돌 , fortunatamente c'è ancora, ora alimentato con formelle di argilla e carbone, chiamate yŏnt'an 연탄 ).

Si noterà come il racconto sia composto da frasi molto brevi e facili da capire anche per un bambino, e come il racconto diventi subito interessante fin dalle prime battute: egli, infatti, aveva una lunga esperienza di insegnamento ai giovani perché in Corea era stato insegnante nel Collegio Reale e inoltre aveva anche pubblicato parecchi libri.

Anche se era stato cacciato dalla Corea dai giapponesi nel 1907, Hulbert alla fine, nel 1949, quando aveva 86 anni, tornò nel paese del calmo mattino come ospite onorato. Durante il soggiorno a Seul si ammalò e vi morì. È sepolto nel cimitero degli stranieri a Mapo, nella parte occidentale di Seul, nel paese in cui forse avrebbe desiderato rimanere per sempre.


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© Valerio Anselmo