Il diario di Hendrik Hamel


A

ttorno all'anno 1600 la Corea non se la passava troppo bene. Dovette prima subire le invasioni giapponesi (1592-98) e poi quelle manciù (1627 e 1636). Per evitare le sofferenze che tali invasioni comportavano, non le restava che chiudersi a chiunque tentasse di penetrare nella penisola. Durante questo periodo, dunque, chi stava fuori dalla Corea conosceva pochissimo delle vicende del paese, tanto da definirlo “regno eremita”, e gli stessi coreani conoscevano assai poco delle vicende che accadevano nel resto del mondo, in particolare in Europa. Il naufragio di una nave sulle coste dell'isola di Chejudo, nell'estremità meridionale della Corea, servì indirettamente a fare un po' di luce da entrambe le parti, perché la nave era olandese e perché uno dei marinai riuscì, dopo tredici anni, a fuggire e a scrivere a proposito del paese una breve relazione che ebbe grande diffusione in Europa.

Una breve premessa: nel 1627 una nave olandese fuori rotta e a corto di acqua mandò tre marinai a terra nella regione di Cholla. Questi furono fatti prigionieri e non tornarono mai più a bordo. Due di loro perirono combattendo tra le file dell'esercito coreano contro i manciù e il terzo, Jan Janse Weltevree, restò a disposizione della corte per più di trent'anni come cannoniere.

Ventisei anni più tardi, tra il 15 e il 16 agosto 1653 il mercantile olandese Sperwer (Sparviero), diretto a Nagasaki con 64 uomini a bordo, fece naufragio sulle coste di Chejudo. La nave era stata affittata dalla Compagnia delle Indie Orientali per commerciare con il Giappone. Solo 36 membri dell'equipaggio si salvarono raggiungendo a nuoto le coste dell'isola. Fra questi vi era un certo Hendrik Hamel, che teneva i libri di bordo e che finì per scrivere il primo resoconto della Corea mai pubblicato da un occidentale.

I 36 marinai che si salvarono furono fatti prigionieri dai coreani, ma non furono trattati troppo male. In pratica, siccome conoscevano le armi, furono impiegati come moschettieri nella capitale e in varie fortezze sparse nel paese.

Dopo essere stati fatti prigionieri furono interrogati tramite quel tale Weltevree, fatto prigioniero ventisei anni prima, e dopo quasi un anno trasferiti a Seul per diventare moschettieri nella guardia reale. Che non stessero comunque proprio benissimo lo si deduce dal fatto che tre anni dopo, nel 1656, tre di loro erano morti. Quell'anno alcuni di loro cercarono di riprendere contatto con la madrepatria attraverso un inviato cinese in visita in Corea, ma furono scoperti e mandati in varie postazioni militari nel sud del paese. E intanto il loro numero diminuiva ancora: dieci anni dopo erano infatti ridotti a sedici.

Nel settembre del 1666 otto di loro fuggirono con una barca e raggiunsero Nagasaki in Giappone. Nel 1669 i superstiti erano tornati tutti in Olanda.

Durante il loro soggiorno gli olandesi furono trattati in modo diverso a seconda dei comandanti a cui erano sottoposti: alcuni li trattavano amichevolmente, altri in modo molto duro. Varie loro richieste di rimpatrio furono rifiutate “semplicemente perché i coreani non volevano che il loro paese venisse conosciuto all'estero”, così scrive Hamel. Furono impiegati come moschettieri, ma sembra che l'elite coreana non intendesse utilizzarli effettivamente come soldati, quanto piuttosto farli comparire nelle loro case quasi fossero strani animali di uno zoo. Scrive infatti Hamel: “Quotidianamente ci veniva chiesto di visitare le case di importanti persone perché loro e le loro mogli e bambini erano curiosi di vederci. Tutto sommato, all'inizio non potevamo neppure camminare per le stradine vicino alla nostra abitazione a causa della folla, e persino nelle nostre case non ci veniva concesso un po' di riposo.”

I marinai avevano tuttavia parecchio tempo libero ed è infatti documentato che alcuni di loro fabbricavano zoccoli di legno di tipo olandese. Il diario non parla della vita intima di alcuno di loro. Si sa che l'unico marinaio che decise di fermarsi in Corea si era sposato con una ragazza coreana, ma nel diario di Hamel non viene fatta menzione di alcun altro matrimonio fra i marinai e donne coreane, forse perché alcuni di loro avevano già una famiglia in Olanda. È comunque probabile che molti di loro, durante il lungo soggiorno, si formassero una famiglia.

A destra il grande albero di gingko di Kangjn, nella regione Cholla del Sud, citato nel diario di Hamel. Anche se gli annali reali non parlano in modo specifico dei marinai olandesi, gli abitanti del luogo si sono tramandati a voce il ricordo che qui si radunavano i marinai stranieri che erano rimasti in quel luogo per sette anni, dal 1656 al 1663.

Le prime edizioni del diario di Hamel furono pubblicate in tutta fretta nel 1668 ad Amsterdam e a Rotterdam, mentre Hamel si trovava ancora a Jakarta. Dato il successo dell'opera, l'anno seguente ne fu pubblicata una nuova edizione, abbellita con la presenza di elementi esotici quali coccodrilli ed elefanti. Questa edizione fu poi tradotta in francese e pubblicata a Parigi nel 1670. La traduzione in inglese del 1704 si basava sulla versione francese e conteneva l'aggiunta di altri errori e variazioni.

Finalmente nel 1994 il diario è stato ritradotto in inglese da Jean-Paul Buys della Comunità di Taizé che si è basato sul testo originale, ed è stato pubblicato con il titolo “Hamel's Journal and a Description of the Kingdom of Korea 1653-1666” dalla Royal Asiatic Society di Seul.

Per vedere un sito molto completo (in inglese o in coreano) su Hendrik Hamel e il suo diario, cliccare qui.


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© Valerio Anselmo