Hwanghak-dong, a Seul, c'è un grosso mercato degli oggetti più disparati, dove si può trovare davvero qualunque cosa, dai tromboni usati, ai libri d'occasione, dalle statuette di Budda alle scarpe. È divertente passarci un po' di tempo alla ricerca di qualche gingillo, ricordandosi di tirare un po' sul prezzo, come capita in tutto il mondo.
Oggi a Seul lo straniero non viene più additato come un tempo: al massimo si viene etichettati come turisti e quindi, si sa, il prezzo che ci viene chiesto può salire di conseguenza. Ma gironzolare in questo “mercato delle pulci” è davvero un'esperienza piacevole, consigliabilissima.
Visitare un mercatino delle cose usate può essere rilassante contro lo stress della vita frenetica di oggi. I venditori presentano le loro merci gridandone i pregi, invitando i passanti a considerare l'occasione. E occasioni se ne possono presentare parecchie.
In un'epoca in cui ci si è abituati a fare gli acquisti in supermercati pulitissimi e ordinatissimi, senza nessuno che ci disturbi, si sente talvolta il bisogno di un po' di confusione, la confusione simpatica del mercato tradizionale che troviamo anche da noi, a Roma come a Milano, a Napoli come a Palermo, quei posti in cui veramente si va a cercare le cose più strane, come le figurine dei calciatori o un numero arretrato di Topolino, o per comprare un apparecchio radio degli anni '40.
La zona di Hwanghak-dong era originariamente una risaia. Negli anni '50 cominciò a essere frequentata da venditori di oggetti usati e prese il nome da una famiglia di uccelli, delle gru gialle (hwanghak in coreano), che vi abitavano. Oggi quel particolare mercato viene chiamato “mercato dei folletti” (tokkebi), o “mercato delle diecimila mercanzie”, o ancora “mercato delle cose usate”. Qui c'era anche un corso d'acqua a cielo aperto, che fu in seguito coperto. La zona del mercato quindi si estese e prese il nome di “mercato delle antichità”. Con i Giochi asiatici del 1986 la maggior parte degli antiquari si sono spostati in un'altra zona e ora non ne restano che una ventina.
Ma la gente continua a venire in questa zona anche se sono quasi scomparsi gli antiquari. I negozietti sono ora pieni degli oggetti più impensati e vengono visitati da giovani e da meno giovani alla ricerca di qualcosa di interessante. Qui a sinistra un signore sta meditando su un paio di scarpe seminuove. Questo posto ha preso il nome di mercato dei folletti perché misteriosamente (come è usanza dei folletti dei boschi) le cose usate vengono qui rimesse a nuovo e rivendute.
Il mercato di Hwanghak-dong si divide in cinque sezioni: una prima sezione in cui si vendonosoprattutto libri usati, piccoli elettrodomestici e videocassette.
Una seconda sezione è la dimora degli antiquari con i loro negozietti pieni di cose preziose e un pochino trascurate. Poi c'è un'altra sezione in cui si vendono televisori, videoregistratori, frigoriferi, lavatrici e telefoni. Vi sono poi negozi di macchinari e altri che vendono condizionatori e apparecchiature per il riscaldamento.
Non mancano le cose più bizzarre, come spade antiche (o quasi) e altri oggetti che sembrano provenire da un'epoca senza tempo, tanto hanno l'apparenza di aver sofferto per secoli gli insulti degli anni che passano.
Tromboni, giradischi d'altri tempi, libri vecchi, lampade a petrolio, berretti anch'essi rigorosamente usati: il prezzo delle merci è variabile e dipende molto dalla volontà dell'acquirente di contrattare sul prezzo richiesto, come sta facendo un compratore qui a destra.
Alcuni appassionati collezionisti visitano spesso i negozi che vendono vecchi dischi LP di vinile e certe bancarelle hanno collezioni di oltre 10.000 titoli. Poi ci sono quelli che si sono specializzati nella vendita di merci non coreane. C'è ad esempio una piccola ditta che da trent'anni vende mobili di stile occidentale importati. C'è una bottega che ha ancora le bottiglie originali della Coca Cola e un'altra che ha tutti i tipi di strumenti musicali usati.
Il famoso Minsok Antiques è invece specializzato in oggetti del folclore coreano e, negli ultimi trent'anni, ha comprato e venduto ciotole di legno, oggetti di ferro e gong.
La clientela di questo negozio annovera arredatori, collezionisti di oggetti tradizionali, curatori di musei e semplici donne di casa. Questi oggetti del passato sembrano trasudare un'aura nostalgica, specialmente per chi oggi vive e lavora in edifici di cemento.
Andare in giro per il mercato richiede tempo e, se a un certo punto viene appetito, si può avere un bel piatto di trippa o di zuppa ben pepata da una delle tante bancarelle del cosiddetto “Vicolo della trippa” (kopchang). Il profumo delle pentole in cui sta cuocendo la carne ricorda un po' quello delle bancarelle che vendono i polipi a Napoli, e risulta irresistibile.
Ma la vera esperienza è quella delle bancarelle delle cose più varie, che vedono i visitatori soffermarsi a cercare fra i vari oggetti, pensando a chi potessero appartenere in passato.
Un “pugnale di castità” d'argento ricorda vecchie usanze (era l'arma con cui la moglie fedele si sarebbe dovuta uccidere se fosse stata violata da qualche estraneo), un'aquila impagliata sembra pronta a spiccare il volo, un telefono antiquato ricorda probabilmente il tempo in cui era l'unico telefono di tutto un villaggio. Come sono giunti fin qui questi oggetti? Si possono sentire ipotesi interessanti.
Ma, come si è già detto, un altro dei piaceri è quello di contrattare il prezzo della merce. L'arte del mercanteggiare è molto apprezzata e lo stesso venditore non si ritiene soddisfatto se il cliente non ha tirato a lungo sul prezzo di quanto gli vende.
Data l'abbondanza di merce offerta da una miriade di negozietti, uno può chiedere in giro i prezzi e poi, una volta fatta la propria scelta, cercare di ottenere il massimo sconto possibile su quanto richiesto. È un piacere che fa passare un po' di tempo in discussioni apparentemente appassionate, ma bonarie. Alla fine, tutti soddisfatti: il venditore che aveva chiesto il quadruplo del prezzo e che è riuscito a ottenere il doppio del valore della merce, e l'acquirente che è riuscito a farsi dare quell'oggetto alla metà del prezzo richiesto. Ma non si tratta che di cifre modeste e nessuno ne resta seriamente danneggiato.
La visita al mercatino di Hwanghak-dong è un piacere che va gustato e assaporato con calma. Non si deve passare da queste parti quando si ha fretta. La folla, che di certo qui non corre, in quel caso darebbe fastidio. Se invece si viene per spendere piacevolmente qualche ora, allora si prova il gusto di fare un tuffo in un modo di vivere ormai quasi dimenticato. Ne vale certamente la pena.
Ispirato da “Hwanghak-dong Flea Market”, in Koreana, vol.15, n.2, estate 2001. Testo originale di Kim Mi-ok. Pubblicato con autorizzazione della Korea Foundation, che si riserva il copyright sull'intero contenuto della rivista. Riferimento: Koreana.