La lingua coreana e le influenze straniere
Puro-coreano, sino-coreano, anglo-coreano

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Il coreano originale (puro-coreano)

Tra la Russia (Siberia), la Mongolia, il Kazakistan e la Cina esiste un gruppo di montagne chiamate Altai. Questa zona montuosa è ritenuta essere il centro da cui si sono sparse nel mondo varie lingue che risultano parenti fra loro. Dal nome di queste montagne, loro zona di origine, lingue come il mongolo, il coreano e il turco vengono definite "altaiche".

Capostipite di questo gruppo linguistico è stato il mongolo e l'enorme estensione che le lingue altaiche hanno coperto in Asia (dalla Corea alla Turchia ci sono oltre 8.000 chilometri in linea d’aria) è dovuta ai movimenti di popolazioni affini ai mongoli che in Estremo Oriente nell'antichità si spinsero sempre più verso Est e Sud-Est, arrivando in Manciuria e quindi anche in Corea, e nell’Asia occidentale verso Ovest e Sud-Ovest, arrivando fin nell’attuale Pakistan e in Turchia e culminando più tardi (nel XIII secolo) con le invasioni da parte delle tribù mongole che, sotto la guida di Gengiz Khan e dei suoi figli e nipoti, arrivarono sui loro cavallini, a invadere anche la Russia, la Polonia e l'Ungheria. Solo grazie a un capriccio del destino ora noi continuiamo a parlare una lingua indoeuropea e non una lingua parente (alla lontana) del coreano.

L'appartenenza del coreano al gruppo di lingue altaiche è provata da studi di linguisti come Ramstedt e altri, che hanno speso anni e anni della loro vita in queste ricerche. Ma ancora oggi è possibile riuscire a scoprire nel coreano odierno resti di parole che risalgono a migliaia di anni fa e che sono di chiara origine mongola, specialmente quando si analizzano vocaboli attinenti all'agricoltura e a strumenti agricoli del passato.

L'appartenenza del coreano alle lingue altaiche si manifesta nel modo in cui viene costruita la frase, che pone il verbo alla fine, in una sequenza soggetto-oggetto-verbo (mentre noi usiamo la sequenza soggetto-verbo-oggetto), in altre forme come l'uso dei suffissi posti dopo le parole per indicare i casi (nominativo, genitivo, accusativo e così via) e nella presenza dell'armonia vocalica. Ma ancor più importanti sono i vocaboli. Il coreano originale possiede tutto un suo vocabolario e sono principalmente queste parole che ci fanno scoprire la sua parentela con il mongolo.

Questa lingua "originale" (che qui chiameremo puro-coreano) si ritrova ancora oggi quasi intatta in certi canti antichi, come le epopee recitate dalle sciamane nel corso dei loro sacrifici, e la si sente ancora parlata dalla maggior parte della popolazione comune, anche se nel corso dei millenni ha subito numerose variazioni rispetto al coreano antico, specialmente nella pronuncia delle vocali. Le mutazioni linguistiche che avevano origine nella zona dei monti Altai si sono diffuse lentamente e nelle zone periferiche, come la Corea, sono arrivate molto più tardi che altrove.

Prima influenza: il cinese

Abbiamo provato ad aprire a caso un dizionario di coreano usato in Corea e a sottolineare in giallo le parole sino-coreane, in rosso quelle in puro-coreano e in blu quelle anglo-coreane. Come si vede, i termini sino-coreani sono la maggioranza. Pur essendo oggi molto frequenti nell’uso comune, le parole anglo-coreane non risultano numerose in queste due pagine perché non sono ancora entrate nei dizionari correnti, ma vengono usate spesso, in particolare dai giovani e dai commercianti.
Accanto alla Corea c’è la Cina, uno stato immenso in confronto alla piccola penisola coreana. La Cina è sempre stata una potenza con la quale i coreani hanno avuto a che fare, sia dal punto di vista politico che culturale. Il coreano e il cinese appartengono a gruppi linguistici completamente diversi, ma la dipendenza della Corea dalla Cina era inevitabile e avvenne così che molti vocaboli cinesi penetrassero nel coreano, un po’ come quel che avvenne da noi con il greco. Il cinese, inoltre, aveva un suo sistema di scrittura (anche se molto complicato) mentre la Corea fino al quindicesimo secolo ne fu priva. È comprensibile quindi che, dal momento che i giovani nobili coreani venivano mandati in Cina a studiare, un certo numero di vocaboli cinesi penetrassero anche nella lingua coreana e che con essi penetrasse la scrittura ideografica cinese.

Si deve tener presente che qui stiamo parlando di un’influenza millenaria da parte di una nazione altamente sviluppata (la Cina), che non soltanto aveva una grande potenza militare, ma che possedeva un immenso patrimonio di conoscenze filosofiche, artistiche e culturali.

La popolazione coreana, grazie al proprio forte spirito nazionalistico, per moltissimo tempo continuò tranquillamente a parlare nella propria lingua originale, mentre i funzionari statali, i nobili, i cortigiani, tutti quelli che erano andati a studiare per lunghi anni in Cina si vantavano delle loro conoscenze linguistiche e amavano usare parole cinesi anche quando non sarebbero state necessarie perché certi concetti si sarebbero potuti esprimere correttamente a voce in puro coreano. Così, per secoli, chi in Corea doveva esprimere per iscritto qualcosa fu costretto a ricorrere a una lingua (il cinese) che non aveva niente a che fare con la propria, e necessità di poter usare la scrittura per comunicare il proprio pensiero ve ne erano molte, sia per darsi alla poesia che per difendersi dalle ingiustizie nei tribunali.

Ingrandimento della parte inferiore destra dell'immagine precedente che mostra la presenza di parole composte da sino-coreano / puro-coreano (giallo-rosso) e puro-coreano / anglo-coreano (rosso-blu).
Sono passati solo poco più di cinque secoli da quando il saggio re Sejong riuscì a creare e a far adottare un semplicissimo alfabeto che avrebbe risolto i problemi della popolazione minuta, permettendogli di scrivere nella propria lingua e di esprimere i propri pensieri. La creazione dell’alfabeto coreano fu una liberazione per la gente comune, specialmente per le donne alle quali normalmente era proibito frequentare le scuole. Con il nuovo alfabeto, che si poteva imparare in una mezza giornata, finalmente le madri riuscivano a mandare dei messaggi alle figlie andate spose lontano e ricevere risposta, e chi si doveva difendere in tribunale, poteva descrivere come erano avvenuti i fatti, e così via. Ma i funzionari statali, che si erano ormai impossessati del potere proprio grazie alla loro conoscenza quasi esclusiva dei classici cinesi, continuarono a usare nei documenti ufficiali questa lingua straniera per altre centinaia d’anni, fin quasi all’inizio del ventesimo secolo. Ne consegue che, anche se l’alfabeto coreano servì a frenare l’ingresso delle parole cinesi nella lingua, non lo fermò del tutto a causa del fatto che le alte classi sociali non vollero rinunciare al prestigio e al potere che la conoscenza della lingua cinese conferiva loro. Insomma, dopo l’invenzione dell’alfabeto, l’uso del cinese non fu solo più una moda, ma un elemento che serviva a costituire e a mantenere il potere saldamente nelle mani della casta dominante.

La conseguenza di tale influsso sulla lingua la si vede chiaramente ancora oggi: se si apre un dizionario di coreano si nota una stragrande maggioranza di parole di origine cinese (cioè parole che si possono scrivere anche con i caratteri cinesi), una quantità molto superiore alla metà dei vocaboli presenti nel dizionario.

Ingrandimento della parte superiore sinistra dell'immagine principale in cui si nota la presenza di vari omofoni (scritti in alfabeto coreano e pronunciati tutti allo stesso modo), distinti nel significato grazie alla presenza del diverso carattere cinese posto tra parentesi.
Il problema con le parole coreane di origine cinese (qui chiamate sino-coreane) è che queste sono molto brevi, per la maggior parte monosillabiche o bisillabiche. Termini elencati con la stessa identica pronuncia si distinguono fra loro nella scrittura perché composti originariamente da ideogrammi diversi: il fatto è che, data la diversa fonetica delle due lingue, parole che erano distinte nella pronuncia originale cinese, non lo sono più nella pronuncia coreana (il cinese è una lingua a toni, in grado di distinguere come “diverse” varie sillabe uguali ma pronunciate con tono diverso, mentre il coreano non è in grado di effettuare questa distinzione). Di conseguenza si hanno in coreano un gran numero di omofoni sino-coreani il cui significato, quando sono usati isolatamente (ad esempio in un titolo), si può capire solo se tali vocaboli vengono scritti con i caratteri cinesi. Ad aggravare le cose, di recente in Corea lo studio degli ideogrammi è stato abolito nelle scuole. In Giappone, invece, si è seguito un percorso diametralmente opposto, imponendo lo studio di un numero limitato di caratteri cinesi fin dalle elementari e usandoli massicciamente nei libri, nei giornali, alla televisione, ovunque.

Oggi la gente comune in Corea usa però nel parlare un numero ridotto di vocaboli di origine cinese, mentre gli impiegati e i funzionari statali li usano in abbondanza. Spesso tale differenza linguistica la si nota anche nelle trasmissioni televisive, dove i telegiornali tendono a un uso intenso di parole sino-coreane (in Giappone in TV si usa presentare in sovraimpressione i titoli delle notizie in caratteri cinesi). E la maggiore difficoltà che un occidentale trova nello studio del coreano risiede appunto in questo, nel vocabolario sino-coreano, poco usato dalla gente comune, molto usato da chi vuol far notare la propria cultura.

Seconda influenza: l’americano

Dopo la guerra di Corea (1950-53) sono entrati nella lingua coreana un certo numero di vocaboli americani. Negli ultimi decenni, poi, con la cosiddetta “modernizzazione” del paese è venuto di moda l’Occidente. Tutto ciò che sa di americano o di europeo viene copiato, imitato, seguito. I giovani coreani si vestono ormai tutti all’occidentale, si tingono i capelli, non abitano più nelle tradizionali casette unifamiliari, ma in anonimi condomini, stanno perdendo completamente le loro usanze millenarie (tranne in parte nel modo di mangiare) e sembra che facciano di tutto per sembrare occidentali, in particolare americani. Questo movimento non ha cambiato solo l’aspetto delle città che hanno visto sorgere da un giorno all’altro grattacieli, ponti, autostrade, condomini, ferrovie per l’alta velocità, parcheggi sotterranei, reti di metropolitane anche nelle città di medie dimensioni, ma sta cambiando in modo massiccio la stessa lingua. Va di moda l’inglese e capita che un occidentale per la strada venga fermato da gruppi di studenti o studentesse delle medie che gli si rivolgono in inglese, così, semplicemente per far pratica della lingua.

Mentre le insegne dei negozi fino agli anni 1970 erano scritte per la maggior parte in caratteri cinesi, oggi anche nelle periferie vantano parole americane trascritte in alfabeto coreano in un modo che può risultare incomprensibile, ma che “fa tendenza”. Sono proprio questi i segni di un cambiamento che la parte più anziana della popolazione non riesce a seguire. E i nuovi termini, questa volta di origine statunitense (qui chiamati anglo-coreani), vanno a corrodere soprattutto quella parte della lingua che ancora restava pura, anche se sono già molte le parole sino-coreane che cominciano a cadere sotto i colpi del modernismo: si veda la pagina di Wikipedia sul Konglish.

Piccola nota: La pagina sulle insegne dei negozi sarà servita per cominciare a capire quanto sia grave l’inquinamento linguistico da termini americani, ma basta consultare su Internet qualche pagina scritta da giovani coreani per vedere una marea di termini statunitensi, di cui si riesce a stento a capire il significato originale. Per chi si diletti di linguistica, ecco alcuni dei moltissimi esempi di parole americane trascritte in alfabeto coreano. Per ogni esempio sono forniti: la trascrizione McCune-Reischauer (più simile alla nostra pronuncia, rispetto alla romanizzazione imposta del governo coreano), il termine in alfabeto coreano, il corrispondente termine americano, la traduzione italiana.
pijuŏl 비주얼 visual “visivo”, p’ŭreim 프레임 frame “cornice”, risosŭ 리소스 resource “risorsa”, kaidŭ 가이드 guide “guida”, p’ŭrojekt’ŭ 프로젝트 project “progetto”, sop’ŭt’ŭueŏ 소프트웨어 software “software”, p’ot’o 포토 photo “fotografia”, imiji 이미지 image “immagine”, sŭp’ŭringnot’ŭ 스프링노트 spring-note “blocco-notes a spirale”, raep’ŏ 래퍼 wrapper “copertina”, ot’oreisŭ 오토레이스 auto race “corsa automobilistica”, ot’omeisyŏn 오토메이션 automation “automazione”, taensŭ syo 댄스 쇼 dance show “spettacolo di danza”, myujik’ŏl 뮤지컬 musical “spettacolo musicale”, op’ŏ 오퍼 offer “offerta”, op’ereit’ŏ 오페레이터 operator “operatore”, op’ŭ dŏ rek’odŭ 오프 더 레코드 off the record “(detto) in modo non ufficiale”, op’ŭrimich’ŭ 오프리미츠 off limits “vietato l’ingresso”, op’ŭn 오픈 open “aperto”, op’isŭ 오피스 office “ufficio”, pusi 부시 Bush, haendp’on 핸드폰 handphone “telefono cellulare”.

La differenza rispetto all’influenza cinese di cui si è parlato è che quest’ultimo cambiamento sta avvenendo ad un ritmo vertiginoso. Quello che in passato si verificava gradualmente, oggi avviene da un giorno all’altro, un po’ come i cambiamenti nell’aspetto delle città. Si resta frastornati. Fra dieci anni quale sarà la percentuale di parole originali coreane (cioè di puro-coreano) rimaste nella lingua? È molto difficile azzardare una previsione: probabilmente poche, molto poche.

Che conseguenza può avere tutto ciò sulla riunificazione del paese?

Una breve considerazione su un argomento delicato. Oggi si parla molto di riunificazione della Corea, ma non si dice mai come dovrebbe avvenire tale riunificazione, né tantomeno quando. Quello che viene da pensare è che la rivoluzione linguistico-culturale che sta avvenendo nel Sud non vada nel verso giusto per una futura riunificazione e che la cosa non sia del tutto spontanea. Il coreano parlato nella Corea del Nord e quello parlato nella Corea del Sud si stanno allontanando sempre di più, così come sta cambiando radicalmente il modo di vivere nei due paesi.

Staremo a vedere.


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© Valerio Anselmo