Lee Ga-rak, scultore di changsŭng

Nota: Cliccando su un carattere cinese studiato nelle scuole medie ne viene visualizzata la scheda.



Un changsŭng scolpito dal mastro scultore Lee Ga-rak

I

changsŭng (장승 ), o pali degli spiriti, sono da tempo immemorabile un'espressione culturale unica e simbolica del retaggio della Corea. Presenti all'ingresso di un villaggio o lungo una strada, indicavano i confini, servivano come pietre miliari, e spesso erano oggetti di culto popolare come deità tutelari poste a proteggere un villaggio e i suoi abitanti dagli spiriti malvagi e dalle malattie.

Le strade di Insa-dong di Seul, una destinazione favorita dei visitatori stranieri, sono un susseguirsi di innumerevoli gallerie, negozietti d'arte, botteghe di fabbricanti di cornici e antiquari. All'ingresso di questo famoso e antico distretto, un paio di sculture in legno fissano i passanti con i loro enormi occhi sporgenti. Nonostante i loro sguardi torvi, le loro bocche, sotto il grande naso a forma di patata, si allargano da un orecchio all'altro in un grande sorriso di benvenuto.

I changsŭng, come sono chiamate queste sculture lignee, sono tutt'altro che belli. Ma, anche se sono raramente attraenti, restano a lungo impressi nella memoria. Alcuni hanno forma vagamente umana, altri invece assomigliano a dei mostri. Le caratteristiche grottesche riflettono lo spirito libero dei loro scultori che, dopo averli intagliati alla bell'e meglio presi dalla smania creativa, sembrano poi essersi dimenticati di dar loro i necessari ritocchi finali per farne un'opera accettabile.

Ma, in fin dei conti, sono proprio questo pressapochismo e il loro aspetto grottesco a costituire il fascino del changsŭng e la forza che ha spinto Lee Ga-rak a intagliarli per oltre vent'anni.

Come unico mastro artigiano di scultura di changsŭng della Corea, designato dallo Stato, Lee ha un suo laboratorio, chiamato Namunara (나무나라, “il paese del legno”) alla periferia di Ch'unch'ŏn (춘천 ), una città lacustre a nord-est di Seul, confinante con i laghi Soyang, Uiam e Ch'unch'ŏn.

“I changsŭng sono brutti e irregolari. Ma più sono brutti e irregolari, – dice Lee – meglio è. Una decisa eliminazione del superfluo, una composizione libera, un'espressione astratta e un sottile simbolismo: questi sono gli aspetti più affascinanti dei changsŭng. Ma non ci si deve scordare delle caratteristiche basilari.”


Il mastro scultore di changsŭng, Lee Ga-rak, sta esaminando un pezzo di legno di paulonia (오동나무), prima di scolpire un piccolo changsŭng

Le caratteristiche basilari che Lee ritiene essenziali in un changsŭng sono gli occhi sporgenti, della grandezza di un piatto, un grande naso a patata e una grande bocca che va da un orecchio all'altro. Il resto – dice Lee – dipende tutto dall'immaginazione e dalla fantasia innovativa dello scultore. Il suo motto è: una libera improvvisazione basata sulla tradizione.

I changsŭng, o pŏksu (벅수), come sono chiamati in qualche zona della Corea, sono state figure familiari per i coreani fin dall'antichità. Erano dei totem di clan e, nel periodo dei Tre Regni (1º sec. a.C. - 7º sec. d.C.), divennero oggetti di venerazione nazionale oltre che divinità tutelari della popolazione delle campagne che li pregavano per ottenerne protezione dagli spiriti malvagi e dalle malattie. Posti all'ingresso dei villaggi e del templi, o lungo le strade e sulle mura di una città, avevano anche una funzione più pratica, quella di segnare i confini e le distanze.

I changsŭng sono di solito costruiti con tronchi di pino, castagno, ontano o betulla, alberi che crescono sulle colline o nei campi circonvicini, ma nelle zone meridionali, come nelle regioni del Chŏlla-do (전라도 ), Kyŏngsang-do (경상도 ) e Cheju-do (제주도 ), sono talvolta fatti di pietra. L'esempio più noto è quello dei tol-harubang (돌하루방), statue di vecchi antenati dell'isola di Cheju-do.

Anche se Lee ha cominciato a scolpire changsŭng una ventina d'anni fa, passò parecchio tempo prima che si imbattesse in quello che sarebbe diventata la passione di una vita. Quando si trovava alle scuole medie, mentre dava uno sguardo a una rivista che sua sorella stava leggendo, una fotografia in bianco e nero di un changsŭng attirò la sua attenzione. Fu così preso da quella foto che accidentalmente strappò la pagina. Sua sorella quasi lo scorticò vivo, ma lui era euforico. Pensò che quella era la cosa più bella che avesse mai visto.

Però in quel momento non gli venne da pensare che sarebbe diventato uno scultore di changsŭng. All'università si laureò in ingegneria meccanica e fu assunto in un ufficio dopo la laurea. Ma, dopo non molto, lasciò l'ufficio perché odiava quel lavoro tedioso e non voleva essere intrappolato da una monotona routine quotidiana. Fu allora che cominciò a lavorare il legno.


Una classica coppia di changsŭng accoglie i visitatori al laboratorio di Lee Ga-rak

“Fin da quand'ero bambino sono stato abile con le mani. Mi piaceva fabbricare delle cose: aquiloni, trottole, perfino le strutture in legno che in Corea si usano per portare pesi sulle spalle, con le quali giravo per le colline a raccogliere legna da ardere. Una volta cominciato a lavorare il legno, – aggiunge Lee – seppi che quello era ciò che faceva per me. Così lasciai la mia casa per andare nel Kangwŏn-do (강원도 ) senza alcun rimpianto. Non era perché nel Kangwŏn-do ci fosse qualcuno che conoscevo: era semplicemente perché pensavo che ci sarebbe stata una quantità di legno che avrei potuto usare.”

Dapprima Lee produsse delle scacchiere per il gioco del paduk (바둑, simile al “go” giapponese), timbri e altri oggetti di uso comune per guadagnarsi il pane in una regione in cui era uno straniero. Cominciò a scolpire changsŭng negli anni 1980, ma dovette cavarsela da autodidatta dal momento che non aveva trovato chi gli potesse insegnare il mestiere. La creazione dei changsŭng non era considerata un ramo della scultura, ma un semplice mestiere popolare che produceva figure per le feste dei villaggi o per i riti chiamati changsŭngje. In effetti, è stato grazie alla tradizione dei changsŭngje che il mestiere è potuto sopravvivere.

Il changsŭngje (장승제 ) è una festa della comunità che si tiene alla prima luna piena dell'anno lunare per venerare i changsŭng, i guardiani del villaggio. Nella mattina di questa giornata di festa, gli abitanti dei villaggi tagliano degli alberi e ne scolpiscono i tronchi facendone un paio di changsŭng, un maschio chiamato ch'ŏnha taejanggun (천하대장군 , grande generale sotto il cielo) e una femmina chiamata chiha yŏjanggun (지하여장군 , generalessa del sottoterra). Questi tronchi scolpiti sono posti all'ingresso del villaggio e viene tenuto un rito con offerte di cibo e preghiere per invocare il benessere del villaggio e un raccolto abbondante. Dopo che il rito è stato celebrato, tutti gli abitanti del villaggio consumano in comune il cibo offerto.


Un altro esempio di figura di changsŭng creata da Lee Ga-rak, che adatta il proprio lavoro alle caratteristiche naturali del legno

“I popoli antichi riaffermavano il loro spirito comunitario attraverso la cerimonia del changsŭngje. Ogni parte della festa era preparata grazie agli sforzi comuni, con l'intervento di ciascun abitante del villaggio. Anche i changsŭng non venivano scolpiti da una sola persona specifica, ma chiunque avesse una certa abilità poteva dare una mano.”, dice Lee.

I changsŭng non sono mai intagliati da uno scultore professionista. Lee mette l'accento sul fatto che proprio la mancanza di un tocco professionale è il motivo del fascino dei changsŭng. La “tecnica di non avere una tecnica”, come lui la descrive, permette allo scultore di lavorare alla sua maniera con lo scalpello seguendo il proprio istinto, col risultato che il changsŭng finale sarà una copia unica al mondo.

Lee Ga-rak coscienziosamente crea la maggior parte della forma e della grana del legno, saltando baldanzosamente i dettagli. Al tocco della sua abile mano, un nodo del tronco diventa una bocca comica. Un tronco rovinato dagli insetti diventa il corpo di un changsŭng e il ceppo di un ramo rotto ne diventa il naso. Per certi changsŭng, toglie la corteccia dal tronco, mentre per altri la lascia. Legno fresco o legno stagionato, non importa: entrambi i tipi di legno serviranno per fare un buon changsŭng.

I changsŭng di Lee sono umoristici e molto diversi l'un dall'altro nell'espressione e nelle dimensioni. Alcuni sono così piccoli che gli è servita la lente di ingrandimento per intagliarne il legno, mentre altri sono così grandi che hanno delle orecchie lunghe tre metri. L'insieme di scalpelli e ceselli di tutte le dimensioni, di grandi asce e di falcetti, di martelli da legno e di punte da trapano disposte ordinatamente su una parete del suo laboratorio testimoniano della diversità dei suoi changsŭng. Al lavoro, maneggia gli scalpelli con mano sicura e senza esitazioni. Anche se lavora spontaneamente, il segreto dell'artigiano stagionato è radicato nel legno.

I changsŭng di Lee sono segnati da una grossolanità popolare voluta, una semplicità che rifiuta la sofisticazione. Con uno spirito creativo che rigetta la stilizzazione, egli cerca di ricreare quella sensibilità naturalistica unica, propria dei changsŭng. Anche se non toccato da influenze esterne, è desideroso di far conoscere i changsŭng sia in Corea che all'estero perché è convinto che una tradizione, per quanto possa essere desiderabile, non può essere perpetuata senza l'interesse e la partecipazione pubblica.


Una penna a sfera a forma di changsŭng che viene abilmente scolpita da Lee Ga-rak

La sua preoccupazione in questi giorni è di sviluppare elementi di changsŭng che abbiano un potenziale commerciale. Ha già inventato delle collane con changsŭng, penne a sfera e pendagli per telefoni cellulari e si sta preparando a commercializzarli. Tutte le volte che può, tiene anche degli incontri di lavoro in modo che la gente si familiarizzi con il processo di lavorazione.

A partire dal 1995, Lee si è dato da fare per introdurre i changsŭng in Francia, Italia e altri paesi europei. Finora ha dato in regalo più di venti changsŭng: quattro a Dijon, sei a Valence e quattro a Orleans, tutti in Francia; quattro a Firenze e due al Lussemburgo. I suoi changsŭng sono eretti in molti altri paesi, a testimonianza del carattere particolare del popolo coreano. I changsŭng del passato servivano da pietre confinarie, mentre i changsŭng di Lee Ga-rak oggi hanno la funzione di ambasciatori culturali.

L'ambizione di Lee, accarezzata da tempo, è di riuscire a erigere 100 paia di changsŭng in 100 paesi diversi. Si preoccupa di non star ringiovanendo e che potrebbe non essere in grado di realizzare il proprio sogno, ma comunque è fiducioso che, quando lui non ne sarà più in grado, l’opera sarà portata a compimento dal suo fedele apprendista, un giovane timido che si chiama Yeom Chan-dong, che ha scolpito chansŭng sotto la guida di Lee ormai da tre anni.


Basato su “Jangseung Sculptor Lee Ga-rak”, in Koreana, vol.16, n.4, inverno 2002. Testo originale di Park Ok-soon, foto di Choi Hang-young. Pubblicato con autorizzazione della Korea Foundation, che si riserva il copyright sull'intero contenuto della rivista. Riferimento: Koreana.

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© Valerio Anselmo