I rituali ancestrali Jongga e la cultura del cibo
(seconda parte)

Questo articolo è estremamente importante per la comprensione della cultura dei clan in Corea e in particolare della complessa serie di riti che vengono effettuati nel corso dell’anno presso la casa della famiglia capostipite. Lo studio, che ha richiesto dieci anni di lavoro a Lee Yeun-ja, direttrice dell'Associazione Ulee per la cultura del tè, viene qui presentato diviso in due parti a causa dell’eccessiva lunghezza del testo che è stato tradotto integralmente. Questa è la seconda parte dell’articolo.

Nota: Si tenga presente che il termine “clan” non ha nulla a che fare con il significato negativo che ha assunto attualmente in italiano. Il clan, in Corea, è un raggruppamento sociale su base gentilizia formato dai discendenti in linea maschile da un unico progenitore.


I liquori e i dolci di riso prescritti

Il clan Yi di Jaeryeong a Won-ri, Seokbo-myeon, Yeong-yang-gun, nella regione Gyeongsangbuk-do è la fonte del libro di cucina coreano Comprendere il sapore del cibo scritto 350 anni fa. Delle 146 ricette contenute in questo libro, 51 riguardano la fabbricazione di bevande alcoliche. L’autrice di questo libro, la signora Jang di Andong, è stata designata “Figura culturale per il mese di novembre 1999” dal Ministero della Cultura e del Turismo.


Un anziano della famiglia capostipite di Nam I-heung presenta un’offerta di liquore cerimoniale alla tavoletta mortuaria di un antenato durante un rituale per la tavoletta ancestrale inamovibile

Le famiglie capostipiti jongga preparano numerosi tipi di bevande alcoliche a causa dei diversi requisiti di vari rituali e anche per soddisfare le preferenze di parenti e ospiti. Quando non c’era ancora la possibilità di refrigerare i cibi, molte bevande alcoliche non potevano essere conservate a lungo, e così, tutte le volte che si avvicinava il giorno di una cerimonia rituale, la preparazione dei tipi di liquore appropriati diventava una priorità assoluta. I nomi di queste bevande possono essere diversi da un luogo all’altro e comprendono delle varietà stagionali, come il vino di fiori di prugno, il vino di crisantemi e il vino di foglie di loto, oltre ai vini che prendono il nome dal periodo di fermentazione, come il vino di sette giorni o il vino di dieci giorni.

Similmente, la famiglia capostipite del clan Kim di Gwangsan, ramo Yean, del villaggio Gunja ad Andong, nella regione Gyeongsangbuk-do, ha compilato un libro di cucina, intitolato Varie ricette di alta cucina, che documenta un millennio di storia del cibo che è stata trasmessa nel corso degli ultimi 450 anni. Questo libro di cucina descrive e identifica con il loro nome una sessantina di tipi di bevande alcoliche. Assieme alla spiegazione del processo di fabbricazione di queste bevande, include anche istruzioni dettagliate per fabbricare i dolci per il tè che sono un elemento centrale dei riti ancestrali.

Il clan Yi di Yean del villaggio Oeam, ad Asan nella regione Chungcheongnam-do è famoso per il suo vino di fiori di loto che viene presentato come offerta facente parte dei rituali ancestrali che sono stati tenuti per dodici generazioni da parte di influenti famiglie capostipiti jongga.

La famiglia capostipite del clan Kwon di Andong nel villaggio di Bonghwa della regione Gyeongsangbuk-do ha una trecentenaria tradizione di preparare per i rituali ancestrali dei dolci coreani deliziosi, fra cui cracker di riso di vari colori, frittelle di riso dolci e pasticcini dolci di zenzero. Nell’isola di Jejudo, la famiglia capostipite del clan Yang di Jeju crea dei pasticcini di riso nella forma del sole, della luna, delle stelle e della terra, quale auspicio di clima favorevole per l’isola che spesso è soggetta a condizioni meteorologiche difficili. Una curiosità è che la famiglia capostipite dei Bak Munsu non prepara offerte di dolci di riso per i loro rituali ancestrali, in accordo con le ultime volontà e il testamento di Bak Munsu, che invitava le famiglie aristocratiche a rinunciare alle offerte di pasticcini di riso per i propri rituali ancestrali in considerazione del fatto che, durante i magri mesi prima del raccolto dell’orzo, buona parte della gente comune soffriva di malnutrizione e pativa la fame. Così, ancora oggi quella famiglia capostipite prepara invece pasticcini di castagne.

Per molte famiglie, le pile di pasticcini di riso dovrebbero essere alte come un adulto seduto. Originariamente le pile erano composte di soli strati di dolci di riso cotto a vapore, ma in seguito furono aggiunti tipi di pasticcini di riso di vari colori, come pasticcini di riso di giuggiolo e miele, frittelle di riso e fiori, e palline di riso dolce per aumentare il prestigio del proprio casato. Nel caso di famiglie di studiosi ancor più rette, la donna di casa non avrebbe esitato a tagliarsi i lunghi capelli e a venderli se ciò fosse stato necessario per assicurare una grande quantità di cibarie e di bevande per i rituali, perché si credeva che l’ascesa e la caduta di una famiglia dipendesse dalla correttezza del suo cibo rituale.

Si poteva capire quale famiglia avesse preparato il cibo rituale perché le donne di ciascuna famiglia mantenevano i propri metodi unici e i propri segreti che erano stati trasmessi da una generazione all’altra. Per tradizione, dopo la conclusione di un rituale, il cibo veniva diviso e distribuito ai vicini del villaggio e alle famiglie di rango inferiore come un modo per “spargere la buona sorte”. Il cibo che veniva condiviso diventava un esempio di cibo rituale per la gente comune.

A causa della diversità e dell’abbondanza del cibo rituale, le giornate dedicate ai riti ancestrali presso una famiglia aristocratica erano perfino più speciali delle festività della gente comune, specialmente durante i periodi in cui scarseggiava il cibo. Le mogli dei capi famiglia erano in grado di creare dozzine di ricette da un unico ingrediente, il che era necessario perché vi erano numerosi rituali per venerare e onorare il cielo, la terra e i propri antenati. Il dovere più importante per le mogli dei capi famiglia era quello di accertarsi che i pasticcini di riso, le bevande alcoliche e ogni singolo elemento del cibo rituale fosse preparato nel modo appropriato per i riti cerimoniali. In effetti, esse pensavano che fosse loro responsabilità sovrintendere al cibo rituale, che ritenevano importante quanto la propria vita.

Una storia di mille anni

Il rituale ancestrale annuale comprende la preparazione del cibo per un unico antenato. Tuttavia per le cerimonie delle nuove offerte, officiate nelle festività come quella del capodanno lunare e della luna del raccolto, vengono preparati vari tipi di cibo dai frutti del primo raccolto per un certo numero di antenati. Per il capodanno lunare la zuppa di gnocchi di riso prende il posto del riso, mentre per la festa della luna del raccolto si preparano pasticcini di riso farciti. Nel villaggio folcloristico di Andong Hahoe, la famiglia capostipite (jongga) osserva il rituale della luna del raccolto nel nono giorno del nono mese del calendario lunare, circa un mese più tardi della data tradizionale, in modo che la cerimonia possa essere una vera offerta delle granaglie del nuovo raccolto.


I partecipanti a un rituale della tomba della famiglia capostipite di Sim On, a Suwon, nella regione Gyeonggi-do, salgono alla tomba ancestrale.

I rituali commemorativi differiscono dai rituali annuali in quanto non vengono lette preghiere scritte e viene offerto un unico bicchiere di liquore. I tipi di cibi preparati per i rituali del capodanno lunare e della luna del raccolto sono stabiliti nel testo classico Memorabilia dei Tre Regni, nella sezione della terra di Garak. Nel 661, quando il re Munmu di Silla ascese al trono, dichiarò: “Gaya è caduta, ma il re Suro è mio antenato dal lato di mia madre, per cui i rituali ancestrali devono essere continuati. In ognuna delle festività [il terzo e il settimo giorno del primo mese, il quinto giorno del quinto mese, e l’ottavo e il quindicesimo giorno dell’ottavo mese secondo il calendario lunare] preparate liquore, bevande di riso dolci, pasticcini di riso, tè e frutta.”

Si deve notare in particolare che i 6 elementi delle cibarie che il re Suro identificò sono ancora preparati per i rituali ancestrali che si tengono oggi, a distanza di 1.300 anni. È difficile trovare una nazione la cui storia abbracci un periodo di più di mille anni, ma con la tradizione del cibo rituale che è stata seguita per più di un millennio, si può dire con certezza che la Corea è un paese con un’eredità culturale notevole. Inoltre, vale la pena notare che il tè viene usato come offerta durante il rituale commemorativo.

Il significato del cibo rituale

Il cibo base preparato per i rituali annuali nell’anniversario della morte di un antenato comprende quanto segue. Il più possibile vicino alla tavoletta mortuaria vengono posti il riso, una coppa di liquore, una zuppa, i bastoncini e un cucchiaio, oltre a una coppetta di aceto e salsa di soia. Nella seconda fila si trovano tagliatelle, carne allo spiedo, vegetali, pesce, pasticcini di riso, oltre a una salsa per intingervi il cibo. La terza fila contiene tre tipi di zuppa calda, come una zuppa di pesce, una di carne e una chiara, fra le quali sono posti carne battuta fritta e vegetali. La quarta fila comprende stuzzichini asciutti, come merlano nero, bue e polpo, accanto ai quali si trovano vegetali cotti di tre diversi colori, kimchi di rafano e una bevanda di riso dolce. La quinta fila presenta vari tipi di frutta.

Ogni famiglia ha le proprie regole per disporre la frutta, come quella di mettere i frutti rossi a est e i frutti bianchi a ovest, o quella di avere un ordine particolare per le giuggiole, le castagne, le pere e i cachi. I testi antichi che descrivono i rituali non specificano i nomi dei frutti da usare. Però, un’analisi accurata del cibo rituale mostra che ciascuno degli elementi ha un significato simbolico. Per quanto riguarda i vegetali cotti di tre colori, i vegetali bianchi sono delle radici, come quelle di campanula o di rafano, i vegetali neri sono dei gambi o steli, come la felce aquilina, mentre i vegetali verdi sono foglie, come il prezzemolo o gli spinaci. Le radici, gli steli e le foglie simboleggiano rispettivamente gli antenati, i genitori e la generazione attuale.

Il simbolismo si applica anche ai cibi allo spiedo. Per ognuna delle coppe di liquore veniva offerto un diverso tipo di cibo allo spiedo: spiedini con pesce dall’oceano, carne dalla terra, e tofu o vegetali vari. Diverse offerte di cibo agli antenati significavano che si rappresentava la pietà filiale. Fra i vari tipi di frutta, le giuggiole rappresentavano un desiderio di prosperità per i discendenti. Le castagne simboleggiavano un collegamento eterno con gli antenati. Se si pianta un castagno, anche quando questo sarà cresciuto come un albero maturo, continuerà a esistere la castagna del seme. Le tavolette mortuarie sono fatte di legno di castagno, così da applicare metaforicamente questo principio alle persone. Il cachi è un cibo rituale perché, se si pianta il seme di un cachi, l’albero che ne risulta produce soltanto della frutta piccola e astringente. Per cui, è necessario prendere, dopo tre o cinque anni, un ramo dall’albero buono e innestarlo su questo albero di cachi in modo da produrre frutta di alta qualità. L’albero di cachi viene usato come una metafora per il fatto che la gente deve sottoporsi all’istruzione in modo da poter diventare membri corretti della società.

La zuppa di gnocchi di riso, il piatto consueto per il rituale del capodanno lunare, è citato nel Canto dell’Almanacco delle fattorie: “Vi è un piatto rituale composto da una zuppa di gnocchi di riso, che è fatto con strisce di pasta di riso bollita nel brodo.” Fa anche notare che: “Quando la pasta di riso viene tagliata, assomiglia a una moneta rotonda.” Le fette a forma di moneta sono simboli del sole che sorge la mattina del capodanno lunare, e così, perché le offerte rituali mantengano il loro significato originale, la pasta di riso che ha la forma di una corda deve essere tagliata diritta in forme circolari, invece che ad angolo, perché in quel caso si produrrebbero delle forme ovali.

Il popolo coreano ha trasmesso questa cultura rituale per migliaia di anni come mezzo per esprimere rispetto ai propri genitori e antenati, assieme a un rafforzamento dei legami familiari tra fratelli e alla promozione dell’armonia fra parenti. La famiglia è uno dei più grandi doni dell’umanità, e possiamo vedere, attraverso la cultura del cibo, come i rituali ancestrali abbiano giocato un ruolo critico nell’assicurare la salute e la solidità delle famiglie coreane.

Sull’argomento delle famiglie capostipiti si può consultare anche la pagina sulle case tradizionali.


Tratto da “Jongga Ancestral Rituals and Food Culture” in Koreana, vol.24, n.1, Primavera 2010. Testo di Lee Yeun-ja, direttrice dell'Associazione Ulee per la cultura del tè. Foto di Lee Dong-chun e Seo Heun-kang. Pubblicato con autorizzazione della Korea Foundation, che si riserva il copyright sull'intero contenuto della rivista. Riferimento: Koreana.

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© Valerio Anselmo