Un contenitore di acqua lustrale dell’epoca Goryeo
Un capolavoro della metallurgia di quasi mille anni fa

Nota: Cliccando su un carattere cinese studiato nelle scuole medie ne viene visualizzata la scheda.


Q

uando, in India, i monaci buddisti intraprendevano un viaggio, gli unici oggetti che potevano portare con sé erano un cambio di biancheria e un contenitore per l’acqua. Chiamato in sanscrito kundika, questo recipiente ebbe origine in India, e alla fine giunse in Cina dove il suo nome divenne junchi () o junzhijia (雉迦), parole i cui ideogrammi sono pronunciati in coreano rispettivamente gunji (군지) e gunchiga (군치가). Il nome coreano di quest’oggetto è invece jeongbyeong (정병 ), ossia “bottiglia pura”.

Inizialmente il jeongbyeong era un articolo di uso quotidiano per i monaci buddisti, ma in seguito divenne un recipiente rituale contenente l’acqua purificata destinata ai servizi religiosi. La sua presenza accanto al Budda o a un Bodhisattva nella pittura sacra simboleggiava la sua partecipazione alla salute delle anime e l’espressione di un sentimento di misericordia verso tutta l’umanità. In particolare le immagini del Bodhisattva Avalokitesvara dovevano sempre mostrare questo oggetto che si diceva contenesse il prezioso “amrita”, il nettare dell’immortalità dotato del potere di alleviare le sofferenze della gente.

Principali caratteristiche

Le prime menzioni di questo recipiente si trovano in diversi documenti antichi, come il Resoconto del buddismo proveniente dai mari del Sud (), redatto dal monaco cinese Yi Jing () che viaggiò per l’India nel sesto secolo e che lo descrive come segue: «Sopra un lungo collo si erge un tubo sottile alto due dita, che assomiglia a un bastoncino di rame, mentre, attaccato alla spalla vi è un beccuccio largo come una moneta di rame e alto due terzi di un dito. Per evitare che insetti o impurità entrino nella bottiglia, le due aperture si possono chiudere con un tappo o una lamella di bambù, oppure con un pezzo di stoffa. La bottiglia può contenere circa 2 “doe” (cioè 3,6 litri) d’acqua». Questa descrizione rivela dunque che, contrariamente a una comune bottiglia o un comune recipiente per l’acqua, un contenitore di acqua lustrale è caratterizzato da un lungo collo a forma di tubo e da un beccuccio separato che veniva usato per riempirlo d’acqua.

Questo oggetto era di solito fatto di bronzo o di porcellana, mentre in certi casi potevano essere usati oro o argento. Durante il periodo Goryeo (Koryŏ), che adottò il buddismo come religione di stato, tali recipienti, assieme ai brucia-incenso, erano articoli essenziali per i riti religiosi, e così dovevano essere resi disponibili in grandi quantità. I primi di questi oggetti che apparvero in Corea conservavano ancora la forma degli esemplari indiani d’origine. L’inviato cinese Xu Jing (), che visitò Goryeo nel 1123 durante il regno del re Injong (인종 ), nell’opera Resoconti illustrati di Goryeo (使) notò che tale recipiente aveva: «un corpo arrotondato e un breve beccuccio per versarvi l’acqua, mentre nella parte superiore ve ne era un altro di forma allungata, munito al centro di una giuntura di assemblaggio circolare, quest’ultima sormontata a sua volta da un tubo sottile quanto una spilla per capelli o un pennello per scrivere».

Le cronache storiche dicono anche: «La gente comune usa tutti i giorni le bottiglie», indicando che il contenitore era usato come un articolo casalingo di uso quotidiano, in aggiunta al suo ruolo come contenitore rituale di acqua pura sull’altare buddista. Inoltre, alcuni di tali oggetti erano decorati con squisiti motivi incisi, che erano anche comunemente applicati alle ceramiche celadon di Goryeo, il che suggerisce che versioni particolarmente raffinate dei jeongbyeong siano state create come opere d’arte per la famiglia reale e per la classe aristocratica.

Il suo significato religioso per il buddismo risulta evidente dall’uso che se ne faceva nelle pratiche rituali buddiste in Cina, Corea e Giappone. In Cina e in Giappone abbonda nella forma più antica che l’arte metallurgica del settimo e dell’ottavo secolo produsse, mentre in Corea a tutt’oggi vi è solo l’esemplare in bronzo rinvenuto sul monte Busosan (부소산 ) a Buyeo e risalente agli ultimi anni del periodo di Silla Unificato. L’unico altro manufatto simile è un contenitore di sarira, in bronzo dorato prodotto nel 751, che era stato conservato come una reliquia in una pagoda di pietra del tempio Galhangsaji (갈항사지 ). Simile nello stile complessivo, ma diverso nei dettagli, questo oggetto permette di farsi un’idea approssimativa di come si presentavano i contenitori di acqua lustrale ai tempi di Silla Unificato.

La massima parte dei recipienti di questo tipo esistenti in Corea, prodotti durante il periodo Goryeo, sono fatti di metallo, di porcellana o di maiolica, come, in quest’ultimo caso, l’esemplare del decimo secolo scoperto a Samcheok (삼척 ), nella regione Gangwon-do, che possiede un tubo di dimensioni minori sul prolungamento di un collo più largo nella zona del dilatamento, tratti distintivi della prima parte del periodo Goryeo, mentre quelli successivi presentavano un corpo ovale, un collo lungo, un tappo a forma di disco con un lungo becco sopra di esso, e un beccuccio corto a forma di clessidra posto sulla spalla, simile all’oggetto descritto nella relazione di Xu Jing.

In origine il beccuccio posto sul corpo veniva usato per riempire l’oggetto di acqua, mentre dal lungo tubo in cima si versava l’acqua. Col tempo, però, le funzioni divennero interscambiabili.

Un certo numero di questi oggetti, risalenti all’epoca di Goryeo, sono decorati con tranquilli paesaggi lungo corsi d’acqua, oltre che con motivi di nubi, gru, draghi, foglie o felci, realizzati con un intarsio in argento, in cui sottili fili di argento erano inseriti nelle linee incise sulla superficie del contenitore.

Disegni intarsiati

Nel Museo nazionale della Corea l’oggetto chiamato «Contenitore di acqua lustrale di bronzo con intarsi in argento di salici piangenti e uccelli acquatici» (청동 은입사 포류수금문 ) è particolarmente apprezzato per la sua forma aggraziata e gli intricati disegni intarsiati, che ne fanno l’unico oggetto di questo tipo che sia stato designato “tesoro nazionale” della Corea. Si distingue per le eleganti linee del corpo, il lungo collo snello e un beccuccio tozzo, fissato alla sezione intermedia. La parte frontale del contenitore è ricoperta di una leggera patina di ossidazione opaca verde, che sembra sia stata applicata intenzionalmente, mentre gli intarsi d’argento si sono anneriti a causa dell’esposizione all’aria. Lo scenario lacustre immerso in un certo senso nella patina verdastra produce un’impressione di grande, ma discreta eleganza, più di quanto potrebbero fare degli ornamenti più ricchi.


La giuntura d’argento a forma di disco fra il collo e il beccuccio.

Il disegno intarsiato rappresenta delle isole con densi canneti e piante acquatiche, fiancheggiati da due salici piangenti che si ergono su una superficie leggermente in pendenza. Sopra vi sono anitre in volo, mentre nell’acqua delle altre anatre stanno scivolando sulle onde, vicino alla barca di un pescatore. In distanza c’è una bassa collina, con varie piccole oche che volano in cielo, lontano nello sfondo.

Motivi raffiguranti uccelli acquatici e piante fra i salici, talvolta assieme ai fiori di loto e alle canne, si trovano comunemente sulle porcellane e sui brucia-incenso prodotti durante l’epoca Goryeo. Le tipiche scene di paesaggi lacustri illustrate su questi contenitori di acqua lustrale erano formate da piante acquatiche, come iris, conocchie, salici e canneti, mentre in questo quadro volteggiano uccelli come anitre, oche e aironi bianchi. Siccome nei dipinti murali di antiche tombe della dinastia cinese Liao si trovano paesaggi lacustri di uno stile simile, alcuni suggeriscono che i disegni dei contenitori di acqua lustrale coreani abbiano origine da quei murali cinesi. Tuttavia il paesaggio rivierasco non era un motivo molto usato in Cina, mentre questo tema era un aspetto più fondamentale dei lavori artistici e dell’insieme culturale del regno di Goryeo.

Nel corso dei secoli undicesimo e dodicesimo del periodo Goryeo, le scene di paesaggi lacustri raggiunsero un picco di popolarità che coincise con il momento in cui il buddismo Zen fiorì nella società di Goryeo. Di conseguenza, si pensa che questo motivo sia una rappresentazione del desiderio degli adepti di questa religione di raggiungere uno stato di pace dello spirito, così come la loro visione di una terra paradisiaca che attende le persone nell’altro mondo. Inoltre, si dice che i salici, che occupano una posizione centrale nella scena, siano simboli associati alla venerazione del Bodhisattva Avalokitesvara, che era allora in voga.

È possibile che le scene di uccelli che saltellano liberamente vicino all’acqua sotto i rami cadenti di lussureggianti salici intendessero simboleggiare una dimora del Bodhisatva della misericordia. In effetti, le rappresentazioni del Bodhisattva lo raffigurano di solito mentre porta in mano uno di questi contenitori d’acqua lustrale e tiene un rametto di salice. A causa delle sue capacità di curare le malattie e di tenere lontani gli spiriti cattivi, un ramo di salice è spesso rappresentato nelle mani del Bodhisattva Avalokitesvara nei dipinti buddisti del periodo Goryeo. Il disegno riprodotto su questo oggetto rappresenta dei salici piangenti indigeni della Corea. Anche se i murali delle tombe cinesi possono essere stati la fonte di ispirazione originale dei motivi di paesaggio lacustre, furono gli artigiani di Goryeo che adattarono questo tema facendone un qualcosa di unicamente coreano.

Una rappresentazione realistica

Inizialmente, i disegni incisi sul corpo dell’oggetto possono apparire come una rappresentazione primitiva di immagini di paesaggio. Uno sguardo più approfondito, però, rivela l’applicazione estetica dello spazio vuoto, assieme all’uso artistico di astrazioni e di effetti di contrasto. Per esempio, gli oggetti a distanza sono rappresentati in una scala minore per enfatizzare il senso della prospettiva. Attorno alla spalla e alla base bassa del contenitore, le aree sono decorate con motivi geometrici di nuvole, il che conferisce all’oggetto un aspetto notevolmente raffinato e distinto.

Il beccuccio attaccato al corpo è abbellito con motivi geometrici di fiori di loto e di foglie, mentre il collo sottile comprende un numero esiguo di motivi di nubi. Il tubo sopra il collo è anch’esso decorato con disegni di foglie. L’ampia cima rotonda del collo è coperta da un disco d’argento intagliato, che aggiunge un elemento di brillantezza alla sua aggraziata raffinatezza. Ne risulta nell’insieme un oggetto di grande eleganza, frutto di una consumata abilità artigianale del periodo Goryeo, il che giustifica la sua classificazione fra i tesori nazionali della Corea. È inoltre ragionevole concludere che questo capolavoro sia stato prodotto nella prima parte del dodicesimo secolo, punto eccelso dell’abilità metallografica di Goryeo, basandoci sulle sue caratteristiche distintive: un corpo ben bilanciato con un tubo di lunghezza modesta e la rappresentazione estetica del paesaggio intarsiato che costituisce un contrappunto al giunto circolare d’argento intagliato posto sulla cima del collo.

Al collasso del regno di Goryeo vi fu un drammatico cambiamento nel disegno dei contenitori d’acqua purificata. Con un tubo di lunghezza eccessiva, un corpo piccolo e ornamenti con decorazioni convenzionali, questi oggetti persero l’originale bellezza delle proporzioni e la grazia ornamentale della produzione precedente. All’inizio del periodo Joseon (1392-1910), le sue caratteristiche tipiche erano essenzialmente scomparse. Il risultato finale fu una specie di ibrido, una fusione fra un oggetto religioso e un normale contenitore d’acqua, che ricordava una cuccuma con un lungo beccuccio e un grande manico. Per il fatto che l’oggetto tradizionale così scompariva, questo capolavoro giunto fino a noi risulta un tesoro ancor più prezioso.


Tratto da “Kundika with Inlaid Design”, in Koreana, vol.23, n.1, primavera 2009. Testo di Choi Eung Chon, professore di Storia dell’arte presso l’Università Dongguk. Fotografie del Museo Nazionale della Corea. Pubblicato con autorizzazione della Korea Foundation, che si riserva il copyright sull'intero contenuto della rivista. Riferimento: Koreana.

Torna all'inizio della pagina
© Valerio Anselmo