Lee In-se
mastro artigiano dei tavolini soban

Dei tavolini-vassoi (soban) che si usano comunemente nelle case coreane tradizionali si è già accennato in una pagina precedente. Qui torniamo sull'argomento con un ampliamento del tema per presentare un maestro nell'arte della costruzione dei tavolini tradizionali, che segue ancora oggi le tecniche di un tempo.
Nota sulla trascrizione: I termini coreani sono qui trascritti secondo il sistema di romanizzazione proposto dal governo coreano nel 2000. Quando risulta necessario, tra parentesi viene posta la trascrizione McCune-Reischauer.

Nota: Cliccando su un carattere cinese studiato nelle scuole medie ne viene visualizzata la scheda.



I tavolinetti sono diversi da una regione all’altra. Quelli chiamati Haejuban, come il soban qui illustrato, erano fatti nella zona di Haeju nella regione Hwanghae-do, in Nord Corea.
N

elle case tradizionali coreane, in cui ci si siede direttamente sul pavimento senza usare le sedie, il tavolino-vassoio è sempre stato un elemento essenziale dell’abitazione. Nonostante i cambiamenti tumultuosi dell’epoca moderna, l’anziano mastro artigiano Lee In-se sta seguendo un percorso di lavoro ammirevole, portando avanti l’antico mestiere della produzione dei tavolini coreani chiamati soban.

Il tavolinetto-vassoio, con la sua doppia funzione di vassoio per portare il cibo e di tavolo da pranzo, era adattissimo per le case tradizionali e per lo stile di vita della Corea. Anche nei palazzi reali il soban era usato per presentare al re cibi particolari o prelibatezze varie. Veniva inoltre usato per portare una ciotola di acqua fresca di pozzo nelle stanze delle donne, dove una moglie stava pregando per avere un figlio. E, se la sua preghiera fosse stata esaudita, il bambino avrebbe in seguito mangiato a quel tavolo. Quando nella casa vi era un funerale, si teneva una cerimonia in cui un brucia-incenso veniva posto su un tavolino soban che sarebbe così servito sia per i vivi che per i defunti.


Un pannello laterale del tavolino dell’illustrazione precedente. Quel tipo di tavolino ha gli angoli del piano smussati e i pannelli laterali e le fiancate intagliati in modo elaborato.

Radicato nella tradizione

Nella casa tradizionale coreana, invece di usare le sedie, si preferiva sedersi direttamente sul pavimento, che spesso era riscaldato da un sistema di cunicoli sottostanti (ondol) che si diramavano fino a coprire tutta la superficie delle varie camere. Di conseguenza, il soban (o tavolinetto-vassoio) serviva a portare il cibo cotto dalla cucina alle stanze, dove il vitto veniva consumato seduti sul pavimento. Oltre a servire per questi usi principali, il tavolinetto veniva anche utilizzato per servire i rinfreschi, o come scrivania.

La prima evidenza dell’uso del tavolino-vassoio si trova negli affreschi murali delle tombe del regno di Goguryeo (Koguryŏ 37 a.C.-668 d.C.). Il dipinto della “Tomba dei lottatori” (Gakjeochong) illustra vari oggetti casalinghi fra cui un soban e la “Tomba dei danzatori” (Muyongchong) mostra un funzionario governativo e un monaco buddista seduti, mentre viene loro offerto del cibo su piccoli tavolini.

Durante i periodi di Silla Unificato (676-935), di Goryeo (Koryŏ 918-1392) e di Joseon (Chosŏn 1392-1910) il governo aveva degli artigiani stipendiati dallo stato incaricati di produrre e fornire tavolini soban. Durante il periodo Joseon, siccome il confucianesimo imponeva una segregazione per genere, età e stato sociale, era usanza essere serviti personalmente e consumare i pasti su tavolini individuali. Perciò, era necessario che il tavolino fosse compatto come misure – di solito non più di 50 centimetri in lunghezza, 30 centimetri in larghezza e 30 centimetri in altezza – in modo che potesse essere facilmente maneggiato.

Un tavolino gongosang usato per portare cibo fuori dal palazzo o dagli uffici governativi. Gli addetti portavano il tavolino fornito di vivande sulla testa, per cui il soban doveva avere nei lati dei fori che servivano come maniglie e altri fori usati per vedere dove si stesse andando.
I tavolinetti che si vedono ancora oggi si basano generalmente sugli stili dell’ultimo periodo Joseon, compresi vari esempi denominati in base alla regione di origine, come Haejuban, Tongyeongban e Najuban. Ve ne sono anche che prendono il nome dalla forma delle gambe, come il “tavolino a gambe di cane” (gujokban), il tavolino “a zampe di tigre” (hojokban), quello a zampe di cavallo (majokban) e quello a gambe di bambù (jukjeolban). I tavolini, le cui forme possono essere circolari, rettangolari o poligonali, vengono anche classificati in base alla loro configurazione.

Con le riforme Gabo (갑오개혁 ) del 1894, che portarono la Corea alla modernizzazione del suo sistema politico, sociale ed economico, divennero popolari i tavolinetti con le gambe pieghevoli. Con l’introduzione delle influenze occidentali, che si diffusero anche nell’arredamento, i coreani cominciarono a sedersi sulle sedie e a mangiare al tavolo da pranzo, cosa che fece gradualmente cadere in disuso l’uso del soban. Ciononostante, l’arte della produzione dei tavolini-vassoi fu mantenuta viva da un gruppo di artigiani che vi si dedicarono a tempo pieno.


Particolare di un tavolino a zampe di tigre finemente lavorato.

Una grandissima dedizione

Negli ultimi 60 anni Lee In-se si è completamente dedicato alla produzione dei tavolini-vassoi. Questi tavolini ricchi di tradizione sono così legati alla sua vita che, nella sua abitazione, è difficile distinguere tra il laboratorio e le stanze in cui vive.

Quando si entra nella casa di Lee, si vedono tutti i tipi di legno accatastati in alte pile. Passate le cataste di legno vi è un’area-laboratorio con strumenti per la lavorazione del legno sparsi qua e là, oltre a diversi piani per i tavolini. Al di là di quest’area vi è una stanza in cui i tavolini vengono laccati: qui l’aria è impregnata dall’odore della lacca. Infine, nel retro della casa, c’è una stanzetta che Lee e sua moglie usano come abitazione. Per Lee, ogni giorno della sua esistenza è un’opportunità per perseguire la passione di una vita, la creazione di tavolini soban di finissima fattura.

“Si deve cominciare a creare questi tavolini con una buona conoscenza della tradizione. Mio padre aveva un negozio di tavoli e così io ho cominciato ad aiutarlo quando avevo poco più di quindici anni. Allora non sapevo veramente quel che stessi facendo. Fu solo quando ebbi compiuto i cinquant’anni che cominciai a capire la tradizione. Anche preparare un semplice disegno è diverso quando hai appreso una quantità di cose dall’esperienza del passato, rispetto a quando non sai veramente quello che stai facendo. Sapere quello che stai facendo – dice Lee – ti dà la libertà di non copiare semplicemente l’originale, ma di sviluppare forme nuove.”

Il tavolinetto oenamudari, che ha un supporto centrale con quattro gambe, è spesso costruito in modo che la superficie possa essere ruotata.
L’interesse di Lee per i soban si è sviluppato in modo naturale all’età di 16 anni quando cominciò ad aiutare suo padre nel negozio di tavoli ad Anseong, nella regione di Gyeonggi-do (Kyŏnggi-do). Nel frattempo prese lezioni di arte da Kim Eun-ho (김은호 殷鎬 1892-1979), un raffinato artista noto per i suoi dipinti di paesaggi, scene di natura e ritratti. Queste lezioni si rivelarono in seguito preziose quando Lee ebbe bisogno di creare dei disegni per lavori di intarsio dei pannelli laterali dei tavolini Haejuban.

Lee si occupò anche di altri settori, come operaio in una fabbrica di pneumatici e impiegato in un ufficio ferroviario, ma poi tornava invariabilmente alla costruzione dei tavolini-vassoi. Alla fine decise di dedicarsi a questo lavoro quando tornò a Seul e non aveva ancora trent’anni, e dopo di allora profuse tutte le sue energie nell’ideare motivi decorativi.

Il mastro Lee In-se intento al lavoro.
Il tavolino viene costruito con pezzi legno che, dopo essere stati lasciati ad asciugare per un periodo che va dai cinque ai dieci anni, vengono tagliati in sezioni e attentamente piallati in modo che si adattino esattamente gli uni agli altri.
Qui Lee sta iniziando la lavorazione di una gamba di un tavolino.

Armonia del tutto

Anche se crea vari tipi di soban, il modello favorito da Lee è senza dubbio lo stile Haejuban (si vedano le prime due figure in alto). A differenza di tutti gli altri tavolini, questo tipo di soban, invece di essere sostenuto da gambe, usa dei pannelli laterali di legno nei quali si possono intagliare una varietà di motivi decorativi. Creando dei disegni unici nei pannelli laterali, Lee fa del tavolinetto un’elegante opera d’arte.

Per fabbricare un tavolino Haejuban, il primo passo da fare è quello di scegliere del legno di buona qualità. Del legno con grana uniforme, come quello di zelkova o di Kalopanax pictus, è adatto per la parte superiore del tavolino, mentre il legno di gingko, con una grana fine che lo renda facile da lavorare, è l’ideale per i pannelli laterali e per le decorazioni ad intaglio.

“Il legno deve essere di un albero che venga da una zona umida e che abbia grana fine. – nota Lee – Il legno deve essere fatto asciugare, e più è il tempo che asciuga, meglio è, di solito dai cinque ai dieci anni. Nel mio laboratorio ho del legno che è stato ad asciugare per quasi vent’anni.”


Le gambe e i sostegni sono spesso abbelliti con intricati intagli. Alla fine il tavolino viene laccato.

“Dopo che il legno è asciugato, lo taglio in una forma con le proporzioni di quattro a tre, lunghezza per larghezza. Con una pialla lo porto ad uno spessore di sette millimetri per farne il pezzo principale per la parte superiore del tavolino, e poi intaglio gli angoli, smussati o diritti. Quando la parte superiore è finita, lavoro ai lati. Traccio un disegno sul legno e poi lo intaglio con un seghetto alternativo.”

“Il motivo decorativo è importante. Di solito prendo disegni tradizionali che augurano la buona sorte, come il carattere man ( simbolo di fortuna), pipistrelli e rotoli e li uso combinati fra loro per sviluppare nuovi disegni. Per esempio, unisco vari simboli man in un modo inusuale, oppure aggiungo disegni di rotoli a simboli della longevità e della felicità.”

Lee crea le forme tenendo in considerazione il disegno, la proporzione e la composizione dei pannelli laterali. La sua dedizione completa, non semplicemente da tecnico, ma da artista, dà come risultato dei tavolini con dettagli elaborati e molto belli da vedere. Quando i lati sono terminati, Lee prepara i supporti che dovranno sostenere la parte superiore del tavolino sulle gambe. Prima procede all’assemblaggio della parte superiore del tavolino con i lati e i sostegni, e quindi passa alle gambe. Il tavolino assemblato, chiamato baekgol (“scheletro”), viene poi rifinito con varie mani di lacca, applicata in un periodo di diversi mesi.

Un grande amore per il proprio lavoro


Il vassoio-tavolino soban rappresentava una soluzione ideale per lo stile di vita coreano, che comprendeva l’usanza di fornire agli ospiti porzioni individuali di cibo e bevande

L’abilità artigianale di Lee, che quest’anno compie ottant’anni, è stata riconosciuta in varie occasioni. A partire dal 1980 ha ricevuto premi di tutti i tipi alle mostre nazionali di oggetti dell’artigianato tradizionale, mentre nel 1990 è stato insignito con il premio del Primo Ministro per un tavolino circolare laccato con lacca rossa.

Ma quello che gli dà più soddisfazione, ancor più dei premi che riceve, è quando la gente sente parlare dei suoi tavolini per il passa-parola e viene al suo laboratorio a comprare. È particolarmente grato ai visitatori giapponesi che vengono in Corea e salgono fin sulla collina dove si trova il suo laboratorio a Sanggye-dong.

“Ho fatto tavolini soban per tutta la vita. Ho anche provato a fare altri mestieri, ma alla fine sono sempre tornato a questo, e continuerò con questo. Quello che ora voglio fare è un bel tavolino con intagli in madreperla.” Gli anni di duro lavoro gli sono costati molto, come risulta evidente dalla sua schiena incurvata, ma il maestro si sente ancora pieno di energia al pensiero di creare un altro capolavoro rispettando i metodi tradizionali dell’arte che ha scelto.


Tratto da “Lee In-se - Exemplifies the Tradition of Soban”, in Koreana, vol.21, n.3, autunno 2007. Testo di Lee Min-young, fotografie di Seo Heun-kang. Ricerche bibliografiche e su Internet a cura dell'autore del sito. Pubblicato con autorizzazione della Korea Foundation, che si riserva il copyright sull'intero contenuto della rivista. Riferimento: Koreana.

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