Corso di coreano
Lezione 1

 

Generalità

Ogni lezione di questo corso è composta da tre parti.

  1. La prima parte, intitolata “UN PO’ DI GRAMMATICA”, fornisce le basi grammaticali di ciò che verrà studiato nella lezione. Questa parte dovrebbe essere letta per prima, ma servirà anche da riferimento in seguito, quando si analizzeranno le frasi.
  2. La seconda parte, intitolata “LE FRASI”, elenca le frasi che formano l’ossatura della lezione e che forniscono i vocaboli che saranno poi spiegati subito dopo. In questa parte, cliccando su una delle figurine, si potrà anche udire la pronuncia delle frasi sulle quali si lavorerà.
  3. La terza parte, intitolata “ANALISI”, spiega in dettaglio tutte le parole riportate nelle frasi. Sarà anche utile andare a vedere il contenuto delle pagine indicate come collegamento e servirsi del glossario generale (il pulsante centrale sotto il titolo) che riporta i vocaboli studiati nelle lezioni.

UN PO’ DI GRAMMATICA

La lingua

Al Nord della Cina c’è un complesso di monti chiamati Altai, che ha dato il nome al gruppo di lingue altaiche, tutte imparentate con il mongolo. Il coreano appartiene a questo gruppo di lingue, ma, a causa della grande influenza della Cina nei millenni, oltre la metà dei suoi vocaboli risultano essere di origine cinese. (Vedere sull’argomento le pagine “La lingua coreana e le influenze straniere” e “A che gruppo linguistico appartiene il coreano?”). Le parole sono brevi, per la maggior parte bisillabiche e monosillabiche.

L’alfabeto

L’alfabeto coreano, uno dei più scientifici al mondo, fu inventato nel XV secolo dal re Sejong il Grande. Distingue nella scrittura le consonanti dalle vocali ed è molto semplice e di facile apprendimento. Pur parlando una lingua completamente diversa dal cinese, i coreani, a causa del fatto che fino al XV secolo non possedevano un proprio sistema di scrittura, per scrivere erano costretti a tradurre i loro pensieri in cinese e a servirsi dei caratteri cinesi. L’invenzione di un alfabeto semplicissimo e adattissimo alla loro lingua permise a chiunque di scambiarsi messaggi scritti senza la necessità di ricorrere allo scrivano letterato.

Le principali lettere dell’alfabeto

Le pronunce segnalate qui sotto accanto a ogni lettera indicano il suono di quella lettera trascritto secondo il sistema McCune-Reischauer. Quando vi sono due lettere latine separate da una virgola, la prima rappresenta il suono che quella lettera coreana ha in posizione iniziale di parola, la seconda il suono che ha in posizione intermedia fra confini sonori. Fra parentesi tonde (e in colore blu a video) sono indicate le rappresentazioni dei suoni con i simboli normali dell’alfabeto fonetico internazionale (I.P.A.). Fra parentesi quadre (e in colore marrone a video), invece, sono rappresentati i suoni che le occlusive e le affricate non aspirate assumono quando sono seguite da una consonante nasale. Per una spiegazione più precisa, vedere la sezione “Le lettere dell’alfabeto” della pagina “La lingua parlata e scritta”. Cliccando su una delle lettere coreane del seguente prospetto, se ne vedrà la scrittura animata.

Consonanti Vocali e dittonghi
k, g, [ŋ] muta, ng (ŋ) a ye (je)
n ch (ʧ), j (ʤ), [n]  ya (ja) o
t, d, [n] ch’ (ʧʰ) ae (ɛ, æ) yo (jo)
l, r (ɾ) k’ (kʰ) yae (jɛ, jæ) u
m t’ (tʰ) ŏ (ɔ, ʌ) yu (ju)
p, b, [m] p’ (pʰ)  (jɔ, jʌ) ŭ (ɯ, ɨ)
s (s, ʃ) h, (h, ɸ) e i

Per conoscere esattamente quale sia la pronuncia delle consonanti e delle vocali si può anche consultare, in Internet, il sito dell’Istituto Nazionale della Lingua Coreana alla pagina www.korean.go.kr/hangeul/cpron/03_consonants/01_int.htm per le consonanti e alla pagina www.korean.go.kr/hangeul/cpron/02_vowels/01_int.htm per le vocali.

Forma delle vocali e scrittura delle sillabe grafiche

Il coreano nella scrittura raggruppa le lettere che costituiscono una sillaba in quelIo che qui chiamiamo “sillaba grafica”. Le sillabe grafiche un tempo si scrivevano verticalmente dall’alto in basso in colonne che si susseguivano da destra a sinistra. Oggi, invece, si scrivono orizzontalmente da sinistra a destra in righe che si susseguono dall’alto al basso. La scrittura della sillaba grafica è condizionata dalla forma generale della vocale. Se la lettera della vocale ha una forma verticale (più alta che larga, come ad esempio ㅓ ㅏ ㅣ ㅐ ㅔ), la consonante che la precede si scrive alla sua sinistra (esempio: ㄱ+ㅏ=가). Se invece ha un andamento orizzontale (come ㅡ ㅜ ㅗ ), la consonante che la precede si scrive sopra di essa (esempio: ㄱ+ㅗ=고). Se poi vi sono consonanti (una o due) dopo la vocale, queste si scrivono sotto il gruppo consonante-vocale precedente (esempi: 감 곪) da sinistra a destra se sono due. Nella scrittura la forma delle lettere si adatta in modo da far occupare alla sillaba grafica un quadrato (esempi: ㅁ 메 몸).

Ordine delle lettere nel dizionario

Molto importante è conoscere l’ordine con cui vengono presentate le lettere nel dizionario. Le lettere che contano per la ricerca dei vocaboli nei dizionari coreani sono innanzitutto le consonanti, che seguono lo schema della tabella qui sopra. Le parole che iniziano per vocale non sono elencate separatamente, come avviene nel nostro alfabeto, ma sono tutte raggruppate sotto la consonante che, come abbiamo visto nel prospetto precedente, è muta in posizione iniziale di sillaba grafica.

Le lettere del nostro alfabeto hanno tutte un loro nome (a, bi, ci, di, e, effe, gi, acca ...). Anche le consonanti dell’alfabeto coreano hanno un loro nome, (-기역 -니은 -디귿 -리을 ecc.) ma per ricordarne più facilmente la sequenza, vengono normalmente pronunciate facendole seguire dalla vocale (a). Questa importantissima sequenza, che deve essere assolutamente memorizzata se si vuole riuscire a cercare una parola in un dizionario coreano, è dunque

   
kanadaramabasa ajach'ak'at'ap'aha

Accenti, posposizioni, ordine delle parole

L’accento cade normalmente sulla sillaba finale di un gruppo di parole. Nella frase coreana il verbo viene sempre messo alla fine e la funzione dei vari termini non viene definita mediante suffissi posti prima (“preposizioni”), ma grazie a suffissi posti dopo (“posposizioni”). Per dire “io vado a casa”, un coreano dice “io casa-a vado”. Per dire una cosa come “Renzo ama Lucia” (che in italiano ha uno schema «soggetto-verbo-oggetto»), un coreano direbbe “Renzo+(posposizione del soggetto) Lucia+(posposizione del complemento oggetto) ama+(terminazione verbale)”. In questo caso si dice che la frase segue lo schema «soggetto-oggetto-verbo».

Tutti i componenti di queste prime frasi sono originari coreani, cioè sono parole sicuramente non derivate dal cinese, tranne uno, la prima parola della prima frase, i cui caratteri cinesi si possono vedere nell’elenco dei vocaboli della lezione, ma che non è necessario imparare a memoria (però, chi vuole lo può fare). Quando il carattere cinese risulta qui evidenziato in grassetto e in colore blu, ciò significa che quell’ideogramma fa parte dei 1800 caratteri cinesi che in Corea venivano insegnati nella scuola media e che sono stati studiati in questo sito a partire dalla pagina hanmun.htm. Cliccando su quel carattere evidenziato in blu, si aprirà una finestra con la scheda relativa a quell’ideogramma.

Sistemi di trascrizione

I due più noti sistemi di trascrizione del coreano in lettere latine sono il McCune-Reischauer (MCR), già citato prima, e la Romanizzazione (RRS, Revised Romanization System) adottata dal governo coreano nel 2000. Per il sistema McCune-Reischauer, scaricare la pagina PDF dal link www.eastasianlib.org/ckm/manual/ChapterIA1.pdf. Per la romanizzazione, vedere la pagina “La romanizzazione del coreano” di questo sito.

La trascrizione in caratteri latini nei due sistemi delle frasi e della successiva sezione “LE FRASI” diventa:

선생님, 어디 가세요.
Sŏnsaengnim, ŏdi kaseyo
(MCR)
Seonsaengnim, eodi gaseyo
(RRS)

나는 집에 가요.
Nanŭn chibe kayo
(MCR)
Naneun jibe gayo
(RRS)

In generale, in queste trascrizioni le consonanti hanno un suono simile alle consonanti inglesi, mentre le vocali hanno un suono simile alle vocali italiane. Di conseguenza, una sillaba trascritta con chi si leggerà come una nostra ci e una sillaba trascritta con ja si leggerà come un nostro già. La romanizzazione RRS è molto simile a una traslitterazione, dove sono rese in caratteri latini le lettere dell’alfabeto coreano con il loro suono prevalente.

Esiste poi la trascrizione dell’Associazione fonetica internazionale (I.P.A.), citata in precedenza. In seguito si adotterà la trascrizione I.P.A. nella forma specifica per il coreano (vedere le pagine http://en.wikipedia.org/wiki/Korean_phonology e http://en.wikipedia.org/wiki/Wikipedia:IPA_for_Korean).

Per trascrivere i suoni delle varie parole si adotterà qui la trascrizione McCune-Reischauer perché più comprensibile dagli occidentali, e si riporterà, fra parentesi quadre, la pronuncia con la citata trascrizione fonetica I.P.A. specifica per il coreano.


LE FRASI

Alcune piccole frasi in coreano, scritte in grande

선생님, 어디 가세요.

Signora, dove va?

나는 집에 가요.

Io vado a casa.

선생님, 어디 가세요?

Signor maestro, va da qualche parte?

네, 어디 가요.

Sì, vado (da qualche parte).

Ancor prima di impararne la pronuncia, chi lo desidera può provare a scrivere la frase numero con la tastiera virtuale di un computer coreano, andando alla sezione “Prove di scrittura” della pagina sulla lingua di questo sito.

Elenco dei vocaboli della lezione (14 voci)

Nei glossari dei vocaboli delle varie lezioni, le trascrizioni adottate sono quella McCune-Reischauer (MCR) e quella dell’Alfabeto Fonetico Internazionale (I.P.A.) specifica per il coreano. Cliccando su un carattere cinese evidenziato in blu si aprirà la scheda di quel carattere, se questo fa parte dei 1800 caratteri fondamentali per la scuola media.

coreanocaratt.
cinesi
trascrizionesignificato
MCRI.P.A.
가다kada[kaˈda]andare
가세요kaseyo[kaseˈjo]va, andate, vanno (presente
indicativo rispettoso)
가요kayo[kaˈjo]vado, vai ... vanno
na[na]io (forma non umile)
ne[ne]
~는nŭn[nɯn]in quanto a
(posposizione del tema
dopo vocale)
~님nim[ɲim]suffisso rispettoso:
signore, signora
선생sŏnsaeng[sʌnˈsɛŋ]maestro, signore, signora
~세~se[se]suffisso di cortesia
어디ŏdi[ʌˈdi]dove?
da qualche parte
~에e[e]pospos. del moto a luogo
pospos. dello stato in luogo
~요yo[jo]desinenza verbale del
presente indicativo
~은ŭn[ɯn]in quanto a
(posposizione del tema
dopo consonante)
chip[ʨip̚]casa

ANALISI

Analisi della frase
선생님, 어디 가세요

Signora, dove va?

선생님 maestro, signore, signora
Questo gruppo di tre sillabe grafiche è costituito da un termine sino-coreano 선생sŏnsaeng” [sʌnˈsɛŋ], seguito da un suffisso rispettoso nim [ɲim].
Attenzione:
il digramma “ng” non va pronunciato tale e quale, cioè facendo sentire la “g”, ma come una enne velare (come la n di Congo)

Sŏnsaeng (“maestro”) è la pronuncia coreana dei due caratteri cinesi che letteralmente significano “nato prima”. È un termine che può essere usato indifferentemente per un uomo o una donna. Qui l’abbiamo tradotto con “Signora” perché, nel caso specifico, è rivolto a una donna importante, forse di una certa età.

I caratteri cinesi che saranno presentati nel corso delle lezioni (per completezza e per dimostrare l’origine di molte parole coreane) oggi non è più indispensabile impararli, perché in Corea sono ormai stati aboliti dai giornali e dai libri moderni. Rimangono però in vigore di solito nei biglietti da visita e servono per consultare i libri di carattere specialistico o per leggere i testi stampati qualche anno fa.

Questo 선생 è un termine un po’ difficile da pronunciare perché si tratta di due sillabe che terminano con una nasale, la prima “alveolare” [n] come la n di “santo”, la seconda “velare” [ŋ] come la n di Congo. Siccome nei nostri alfabeti occidentali non esistono due lettere distinte per rappresentare questi due suoni, la trascrizione MCR ha scelto di usare, per la nasale velare, due lettere, cioè il digramma ng

L’ultima sillaba è trascritta con “nim”, ma si pronuncia come il nostro “gnim” [ɲim]. È un suffisso onorifico che si può tradurre con “rispettabile”, “stimato”, “onorevole”, oppure con “signore” o “signora”. La parola 선생님 sŏnsaengnim, dunque, è un termine rispettoso con cui ci si rivolge a una persona importante, indipendentemente dal sesso. L’accento è sull’ultima sillaba.

È curioso notare come, nella pronuncia del nome 선생님, vi siano tre consonanti nasali, tutte parenti della enne, ma pronunciate tutte e tre in modo diverso: [n ŋ ɲ].

어디 dove?
Questo è un avverbio interrogativo in puro coreano che significa “Dove?”. Ricordando che il “pallino” in posizione iniziale di sillaba grafica è muto, la pronuncia risulterà ŏdi [ʌˈdi]. Come vedremo nell’analisi della frase numero , che è esattamente uguale alla frase , tranne che per la presenza del punto di domanda finale, questa parola può avere anche un significato non interrogativo che si può rendere con “da qualche parte”.

가세요 (Lei) va
Uno dei verbi più facili in coreano è quello che corrisponde al nostro "andare". Nel dizionario i verbi e gli aggettivi sono indicati con la radice verbale, cioè quella parte che contiene il significato, seguita dalla desinenza ~da. La radice verbale di 가다 kada “andare” è quindi ka~ (basta togliere il ~da finale). Nella frase in esame, oltre alla radice verbale vediamo però altre due sillabe grafiche, ~se~ e ~yo. La sillaba è un suffisso che indica rispetto, mentre è la desinenza dell’indicativo, al presente, visto che non vi sono altri suffissi temporali. Questa parola, quindi, vorrà dire, in un livello di cortesia elevato, "(Lei) va".

L’intonazione fa cambiare il significato

L’intera frase 선생님, 어디 가세요 ha un senso interrogativo dato dalla presenza dell’avverbio interrogativo 어디 ŏdi, per cui risulta inutile scrivere il punto interrogativo finale quando il senso della frase è davvero quello indicato, cioè di una domanda (“dove va?”). In questo caso anche il tono della voce non sale alla fine della frase, ma resta basso, come per le frasi assertive. La frase presenta complessivamente due accenti: uno sulla sillaba finale nim () della prima parola, l’altro sull’ultima sillaba yo ().

Quando la si pronuncia rapidamente, la frase diventa Sŏnsaengnim, ŏdigaseyo [sʌnsɛŋˈɲim ʌdigaseˈjo]., cioè con la trasformazione della “ka” di “andare” in “ga”, perché la consonante , trovandosi fra due vocali, si sonorizza. In verde e in rosso sono indicate le sillabe su cui cade l’accento. Al primo accento, indicato in verde, la voce sale, mentre al secondo, indicato in rosso, la voce scende.

Vista come un’interrogazione quasi poliziesca, la frase non risulta troppo simpatica, specialmente se rivolta da un inferiore a un superiore. Qui, però, come esercizio, si è voluto mettere in evidenza il fatto che il tono della voce è molto importante per determinare il senso di una frase. In questa frase l’accento è stato posto sulla parola 어디 ŏdi “dove”, facendo capire che questo è il significato vero della domanda. Chi rivolge questa domanda vuole effettivamente sapere dove va la persona a cui sta rivolgendo la parola. In una condizione normale, la frase sarebbe offensiva perché va a scavare nella sfera del privato. Ma è accettabile, ad esempio, se viene rivolta da un medico a una signora anziana che sembra andare in una direzione non prevista.

Nell’analisi della frase numero vedremo che una diversa intonazione può farne capovolgere completamente il significato.

Analisi della frase
나는 집에 가요

Io vado a casa

나는 io
Finalmente qui compare una prima «posposizione». La prima sillaba, na, significa io (l’abbiamo già vista nell’elenco iniziale dei vocaboli, dove si fa notare che “non è umile”). La seconda sillaba, nŭn [nɯn], è un suffisso posto dopo la parola, una «posposizione del tema» che significa all’incirca “in quanto a” o “per quanto riguarda” e serve a porre l’attenzione sulla parola che la precede. 나는 nanŭn [naˈnɯn] si può quindi tradurre semplicemente con io, oppure con in quanto a me, o ancora con per quanto mi riguarda.

Attenzione

Questa posposizione ha due forme: si usa nŭn [nɯn] quando la parola a cui si riferisce termina in vocale, ma ŭn [ɯn] quando invece termina in consonante (ad esempio 집은).

집에 a casa
La prima sillaba chip (pronunciata all’italiana come cip) è una delle parole già viste nell’elenco dei vocaboli della lezione e sappiamo che significa “casa”. Quando è isolata si pronuncia chip [ʨip̚], con la «p» finale implosiva (l’implosione è indicata da quel simbolo  ̚ che compare sopra la p). Quando invece è seguita da una vocale, come in questo caso, quella si pronuncia come una b, perché viene a trovarsi fra due confini sonori e di conseguenza si sonorizza. La seconda sillaba grafica, e [e], è una posposizione che indica il complemento di “moto a luogo” o di “stato in luogo”. Le due sillabe grafiche si pronunciano chibe [ʨiˈbe] e si traducono con “a casa”. Si noti come nella scrittura la due sillabe non corrispondano alle sillabe fonetiche, che suonano invece come l’italiano «ci-bé».

가요 vado
Questo verbo, che significa “vado”, l’abbiamo già esaminato prima.

L’intera frase 나는 집에 가요 nanŭn chibe kayo significa, dunque, “Io vado a casa” e, se pronunciata rapidamente, diventa «nanŭn chibegayo» [naˈnɯn ʥibegaˈjo]. Nella pronuncia rapida, il suono della ch iniziale di parola, che si trova posta fra confini sonori (la nasale finale della sillaba precedente e la vocale della sillaba in cui si trova), si sonorizza parzialmente, ma forse non tanto da essere indicata con una j.

La sillaba fonetica successiva, formata dalla consonante finale della parola e dalla vocale della posposizione seguente, diventa invece chiaramente sonora (cioè la consonante passa da p a b) perché si trova fra vocali. La consonante iniziale (k) di 가요 si sonorizza anch’essa perché, come l’altra, si trova entro confini sonori.

Come abbiamo già detto prima, al primo accento, indicato in verde, la voce sale, mentre al secondo, indicato in rosso, la voce scende.

Nota

La frase citata, così dettagliata nello spiegare la propria destinazione (“a casa” 집에), potrà rappresentare una risposta adeguata al primo significato della frase numero , cioè nel caso in cui l’interlocutore intendesse veramente informarsi di dove stava andando la persona importante a cui ha rivolto la domanda. Però, per rispondere così, quella persona importante si doveva trovare in quel momento in condizioni di inferiorità. Diversamente si sarebbe sentita offesa e non avrebbe risposto, o avrebbe risposto male.

Analisi della frase
선생님, 어디 가세요?

Signor maestro, va da qualche parte?

선생님 Signor maestro
Come si vede, questa frase è identica alla prima, tranne che per la presenza del punto interrogativo finale che ne cambia totalmente il significato. La prima frase interrogativa poteva essere considerata offensiva, mentre questa viene considerata un omaggio dovuto, come il saluto rivolto da uno studente al proprio insegnante se lo incontra per la strada. La presenza del punto interrogativo finale (un’aggiunta piuttosto recente al sistema di scrittura coreano) indica che la voce alla fine sale. Quando questa viene pronunciata come una frase interrogativa, con la voce che sale alla fine, in italiano può essere tradotta ad esempio con: “Signor maestro, va da qualche parte?”, con il senso di un’espressione come “Signor maestro, vedo che va a fare una passeggiata...”, o qualcosa di simile.

Uno studente italiano educato direbbe forse “Buongiorno professore!”. Con questa frase, che diventa un saluto, lo studente coreano vuole invece esprimere deferenza e nello stesso tempo un certo grado di confidenza, per cui si permette di fare una domanda relativa alla sfera privata dell’insegnante. Ma non è che gli interessi veramente sapere dove stia andando il professore. E di conseguenza il professore può benissimo omettere di rivelare quale sia il luogo verso cui è diretto.

어디 가세요? va da qualche parte?
L’avverbio 어디 può quindi assumere il senso di “dove?”, ma anche di “da qualche parte”. Spesso gli avverbi e i pronomi interrogativi in coreano possono avere questo duplice significato, rivelato solo dall’intonazione della voce.

Analisi della frase
네, 어디 가요.

Sì, vado (da qualche parte)


Questa è l’equivalente del nostro . È la forma più comune per confermare ciò che ci viene chiesto.

Una curiosità

In coreano, però, come avremo modo di vedere meglio in seguito, un ne dato come risposta a una domanda negativa conferma la veridicità della negazione. Limitandoci per ora all’italiano, a una domanda “Non vai a casa?”, un coreano risponde “Sì” per dire che non ci va e “No” per dire che ci va.

어디 가요 Vado da qualche parte
La risposta indica che si è recepito il saluto e nient’altro. Sarebbe strano e un po’ ridicolo se il professore si mettesse a raccontare per strada allo studente dove sta andando. È semplicemente un saluto e, come tale, si risponde in modo adeguato con questa frase.


Esercizi

Basandovi su quanto esposto e utilizzando le parole fornite nell’elenco dei vocaboli della lezione, provate a tradurre in coreano le seguenti frasi:

  1. (Lei) va a casa?
  2. Sì, vado a casa.

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© Valerio Anselmo