Corso di coreano
Lezione 6


Dopo le vacanze di capodanno, facciamo il punto della situazione

Fino a questo momento siamo andati avanti molto rapidamente e facciamo i più vivi complimenti a quanti sono riusciti a seguirci, pur con questi ritmi. Facendo grosso modo una suddivisione del materiale presentato, nelle prime cinque lezioni si sono viste, negli elenchi dei vocaboli, un totale di 174 voci diverse, di cui: 56 nomi, 31 numerali, 21 avverbi, 17 verbi, 15 desinenze verbali, 10 posposizioni, 9 pronomi, 4 aggettivi coniugabili, 3 suffissi di cortesia, 3 suffissi verbali, 1 aggettivo dimostrativo, 1 aggettivo possessivo, 1 classificatore, 1 congiunzione e 1 espressione di saluto completa. Si sono poi studiate a fondo 27 frasi contenenti i suddetti vocaboli, frasi di cui si è udita anche la pronuncia da parte di una lettrice di madrelingua coreana e dall’autore di queste lezioni.

Questo mini-corso di coreano ha un obiettivo ambizioso: riuscire a portare a un “livello minimo di sopravvivenza” chi dovesse trovarsi in un ambiente in cui si parli solo coreano. Questo non vuol dire che, alla fine del corso, si potrà capire tutto quello che dice un coreano: sarebbe un obiettivo irraggiungibile, non solo per un piccolo corso di lingua com’è questo, ma probabilmente anche per un corso di un anno. Quando si saranno studiate queste lezioni, però, forse si riuscirà a intuire l’argomento di cui si parla, ma soprattutto si sarà in grado di esprimersi in qualche modo e di farsi capire da un coreano, almeno per le necessità essenziali. Questo obiettivo ci è sufficiente. Naturalmente, per raggiungerlo bisognerà ancora faticare parecchio, impegnandosi almeno per altri due cicli, se non tre, di cinque dure lezioni.

Le lezioni 6-10 si presentano essenzialmente allo stesso modo delle prime lezioni (1-5). L’unica differenza è la grandezza delle lettere dell’alfabeto coreano usate per le frasi, che sono un poco più piccole di prima. I nuovi file, come si sa, vengono forniti a intervalli di dieci giorni l’uno dall’altro, per dar modo, a chi li affronta, di studiarli a fondo. Non viene però fatta alcuna fretta. Non ci si deve preoccupare se, per un qualche motivo, in quei dieci giorni non si è avuto del tempo da dedicare allo studio del coreano. Le lezioni sono sempre qui a disposizione e si potranno richiamare e seguire quando lo si vorrà.


Soluzione degli esercizi della lezione 5

La traduzione in coreano delle frasi della volta scorsa è la seguente:

  1. Oggi andrò al mercato con la borsa.
    오늘 가방 들고 시장에 가겠습니다.
     
  2. Vado a scuola per imparare il coreano.
    한국어를 배우러 학교에 갑니다
     
  3. I nostri amici sono venuti dalla Repubblica di Corea.
    우리 친구는 대한민국에서 왔습니다.
     
  4. Ieri ho visto il Presidente (della repubblica).
    어제 대통령을 봤어요
     
  5. Alle otto e mezza quella donna ha comprato dodici pere e sei mele.
    여덟시 반에는 그 여자가 배 열두 개 하고 사과 여섯 개를 샀어요.

UN PO’ DI GRAMMATICA

Vicino (a me, o a te) e lontano: aggettivi e pronomi dimostrativi, avverbi di luogo e altro, in trio

Abbiamo visto nelle lezioni scorse che significa questo e che significa quello (non molto lontano, o piuttosto vicino a chi ascolta, come il nostro codesto). Completiamo il trio di questi aggettivi e pronomi con quello (lontano sia da chi parla, che da chi ascolta). Come avrete già notato, questi possono essere usati indifferentemente come aggettivi o pronomi, maschili o femminili, singolari o plurali.

Parallelamente, nella quarta lezione abbiamo già incontrato un avverbio di luogo che indica un luogo vicino: 여기 che significa qui. Anche in questo caso, ci sono tre avverbi di luogo, simili agli aggettivi e pronomi dimostrativi. Gli altri due sono: 거기, costì e 저기. Ma non è finita. Sempre parlando degli avverbi di luogo, abbiamo un altro trio, 이리 da (verso) questa parte, in qua, verso questa direzione (già visto nella terza lezione), 그리 da quella parte lì e 저리 da quella parte là, in là, questi ultimi due meno usati.

Esiste poi la parola ~것 che vuol dire cosa, che in unione agli aggettivi dimostrativi forma un trio di pronomi generici che si riferiscono alle cose e sono: 이것 questa cosa, 그것 quella cosa (non molto lontana, oppure vicina a chi ascolta) e 저것 quella cosa (lontana da chi parla e da chi ascolta).
Come si è già detto in precedenza, gli aggettivi dimostrativi non sono coniugabili.

Come si traduce il complemento di specificazione (genitivo)

Il complemento di specificazione è comunemente costituito da un sostantivo che specifica o precisa il valore di un altro nome, ed è sempre retto in italiano dalla preposizione “di”. In coreano questa nostra preposizione diventa la posposizioneŭi, che viene normalmente pronunciata “e”. Ad esempio: 그 사람의 집 kŭ sarame chip “la casa di quella persona”. In questo esempio si nota anche la completa inversione dei termini della frase italiana, perché in coreano, come si sa, ciò che specifica (“di quella persona”) viene posto prima di ciò che viene specificato (“la casa”).

Una divagazione sugli alfabeti, il nostro e quello coreano

Quando è necessario, bisogna avere il coraggio di dire come stanno effettivamente le cose, anche se qualcuno se ne può avere a male. Il nostro alfabeto, definito fonetico, è usato, per ragioni storiche, dalla maggior parte delle lingue importanti del mondo, ma non per questo si può dire che sia perfetto. Anche il termine di “fonetico” (che significa che «ogni segno rappresenta un suono») non gli si addice più tanto, specialmente se si pensa a quel che succede nella fonetica inglese. Quindi non diciamo più che l’alfabeto latino è fonetico, perché questo è ormai piuttosto sbagliato.

Di recente i coreani hanno preso a valorizzare il loro alfabeto, dicendo anch’essi che il loro alfabeto è “fonetico” e che può essere adottato per rappresentare altre lingue (si veda la pagina Hangeul in Indonesia). In realtà quell’alfabeto ha tanti pregi, ma non può essere definito “fonetico”. Quello che si può affermare con certezza è che l’alfabeto coreano è perfetto per la lingua coreana, ma questo non vuol dire che vada bene anche per rappresentare i suoni di tutte le altre lingue, così come il nostro alfabeto non va bene per rappresentare i suoni del coreano.

A causa della polarizzazione del loro apparato uditivo e fonatorio sui suoni della loro lingua, i coreani sono convinti di poter rappresentare con il loro alfabeto tutte le pronunce delle varie lingue del mondo, anche se il loro alfabeto non lo può fare. Il fatto è che stentano, ad esempio, a distinguere la p dalla b, la t dalla d, e così via, specialmente in posizione iniziale di parola, ma proprio per la polarizzazione di cui si è detto, non se ne rendono conto. (In coreano, infatti, fra le occlusive e le affricate non aspirate la sonorità non è distintiva, mentre è invece distintiva l’aspirazione, che nell’italiano non lo è.) Chi conosce l’inglese, e sa leggere l’alfabeto coreano, troverà molto difficile riuscire a capire certe scritte in coreano che rappresentano (correttamente, secondo i coreani) i suoni di parole mutuate dall’anglo-americano, come 레저 rejŏ “leisure”, 썬더 ssŏndŏ “thunder”, 패션 p’aesyŏn “fashion” eccetera (si veda, a conferma di quanto detto, la pagina sull’inquinamento linguistico).

Noi, d’altronde, a causa della polarizzazione del nostro apparato uditivo e fonatorio sui suoni dell’italiano, non riusciamo a distinguere chiaramente le occlusive e le affricate coreane molto aspirate (ㅋ ㅌ ㅍ ㅊ), da quelle poco aspirate (ㄱ ㄷ ㅂ ㅈ) e da quelle intensive non aspirate (ㄲ ㄸ ㅃ ㅉ), così come stentiamo a ricordarci se una parola inizia con una vocale semplice o con quella vocale preceduta da una h aspirata (), o se una certa sillaba termina con una enne alveolare () o una enne velare (), o se una vocale “o” è aperta () oppure chiusa () e la stessa cosa succede per la vocale “e” che può essere aperta () o chiusa (). Ciò dipende in gran parte anche dalla pochezza del nostro alfabeto che non possiede lettere separate per questi suoni diversi fra loro e spesso distintivi anche nell’italiano.


LE FRASI

Passiamo ora alle frasi

Una scenetta in un autosalone, con tre personaggi, il proprietario dell’autosalone, il figlio ancora bambino e l’acquirente:

저 사람은 무엇 하러 왔어요.

Quella persona che cosa è venuta a fare?

저 분이 자동차 사러 오셨어요.

Quel signore è venuto a comprare una macchina.

이것은 미국 자동차 아닙니까.

Questa non è un’auto americana?

네, 이것은 페라리라는 이태리의 자동차입니다.

No, questa è una macchina italiana chiamata Ferrari.

Una piccola conversazione fra nonna e nipotina:

어머니가 있어?

C’è la mamma?

예, 할머니. 엄마는 방에 계십니다.

Sì, nonna. La mamma è nella stanza.

네 아버지도 아직 집에 있어?

Anche tuo papà è ancora in casa?

아니오, 아빠는 벌써 서울에 가셨습니다.

No, il papà è già andato a Seul.

Un’osservazione

바로 여기 물 속에서 내가 물고기를 봤습니다.

Proprio qui, dentro all’acqua, io ho visto dei pesci.

Elenco dei vocaboli della lezione  (44 voci)

Nei glossari dei vocaboli delle varie lezioni, le trascrizioni adottate sono quella McCune-Reischauer (MCR) e quella dell’Alfabeto Fonetico Internazionale (I.P.A.) specifica per il coreano. Cliccando su un carattere cinese evidenziato in blu si aprirà la scheda di quel carattere, se questo fa parte dei 1800 caratteri fondamentali per la scuola media.

coreanocaratt.
cinesi
trascrizionesignificato
MCRI.P.A.
강의kangŭi[kaŋˈɯi]lezione (universitaria)
거기kŏgi[kʌˈgi]lì, costì
~ 것gŏt[gʌt̚]cosa
계시다kyesida[k(j)eːɕida]stare, esserci (forma rispettosa)
고기kogi[koˈgi]carne
그것kŭgŏt[kɯˈgʌt̚ ]quella cosa (lì)
그리kŭri[kɯˈɾi ]da quella parte lì
[nʌ]tu
ne[ne]tu (seguito dalla posp. del soggetto);
tuo (contrazione di 너의)
~라는ranŭn[ɾaˈnɯn]chiamato, detto
(dopo vocale)
모친moch’in[moˈʨin]la propria madre
무엇muŏt[muʌt̚]che cosa?
mul[mul]acqua
물고기mulkogi[mulkkoˈgi]pesci
미국miguk[miˈguk̚]America, americano
바로paro[paˈɾo]proprio; esattamente
pang[paŋ]stanza, camera
벌써pŏlssŏ[pʌlˈssʌ]già; da tempo
~분pun[pun]signore, signora (classificatore)
사람saram[saːˈɾam]essere umano, persona
생선saengsŏn[sɛŋˈsʌn]pesce (fresco)
서울sŏul[sʌˈul]Seul (Seoul); capitale
sok[sok]dentro; la parte interna
~아~a[a]desinenza verbale di livello basso
(dopo vocale chiara)
아니다anida[aniˈda]non essere
아버지abŏji[abʌˈʥi]papà
아빠appa[aˈppa]pa’ (contrazione di papà)
아직ajik[aˈʥik̚](non) ancora
~어[ʌ]desinenza verbale di livello basso
(dopo vocale scura)
어머니ŏmŏni[ʌmʌˈɲi]mamma
엄마ŏmma[ʌmˈma]ma’ (contrazione di mamma)
연탄yŏnt’an[jʌnˈtʰan] mattonella di carbone e argilla usata per scaldare
ye[jeː](forma rispettosa)
온돌ondol[onˈdol] sistema di riscaldamento sotto il pavimento
~의ŭi/e[e]di (posp. del complemento di specificazione)
이것igŏt[iˈgʌt̚]questa cosa, ciò
~이라는iranŭn[iɾaˈnɯn]chiamato, detto (dopo consonante)
이태리it’aeri[iˈtʰɛɾi]Italia
chŏ[ʨʌ]quello (laggiù)
저것chŏgŏt[ʨʌˈgʌt̚]quella cosa (là)
저기chŏgi[ʨʌˈgi]
페라리p’erari[pʰeɾaɾi]Ferrari (auto)
할머니halmŏni[halmʌˈɲi]nonna; donna anziana

ANALISI

Analisi della frase
저 사람은 무엇 하러 왔어요

Quella persona che cosa è venuta a fare?

저 사람은 Quella persona / Quello
L’aggettivo dimostrativo chŏ [ʨʌ] indica qualcosa distante sia da chi parla, che da chi ascolta.
사람 indica un “essere umano”, una “persona”, senza distinzione di sesso e senza una particolare forma di cortesia. è la solita “posposizione del tema” da usare dopo consonante.

무엇 하러 a fare che cosa?
La pronuncia di queste due parole è muŏt’arŏ [muʌtʰaˈɾʌ], dove compare una t aspirata che non è presente nella scrittura. Per capire come si arrivi a questa pronuncia si devono fare alcune precisazioni. La lettera s, quando si trova in posizione finale di sillaba ed è seguita da una pausa, si pronuncia come una t implosiva, cioè senza l’esplosione dell’occlusiva (come, appunto, in 무엇 muŏt). Questa occlusiva implosiva t quando è seguita dalla consonante aspirata h cambia il proprio suono e diventa un’occlusiva aspirata (t + h = tʰ), una t con una forte aspirazione, cioè con contemporanea emissione di aria.

Il pronome interrogativo 무엇 muŏt [muˈʌt̚] significa “che cosa?”. 하러 è una voce del verbo 하다 hada “fare”, con la radice verbale seguita dalla desinenza ~러 , che significa “per, al fine di”, già vista nella quarta lezione.

왔어요 è venuto.
Forma del passato del verbo 오다 oda “venire” nel livello di cortesia medio. Si pronuncia wassŏyo. Si noti la fusione del suffisso del passato con la radice del verbo: 오+았=왔.

L’intera frase ha un livello di cortesia piuttosto basso (per parlare di una persona usa 사람, un “classificatore” normale, invece di , “signore”, e non usa il suffisso di cortesia con il verbo 오다 “venire”). Questa frase rappresenta le parole dette da un bambino che non conosce ancora come si deve parlare di un adulto sconosciuto.

Analisi della frase
저 분이 자동차 사러 오셨어요.

Quel signore è venuto a comprare una macchina.

저 분이Quel signore
Qui è il padre del bambino che parla, correggendo il livello di cortesia di quanto detto dal bambino. Il termine (“signore”), infatti, è un classificatore rispettoso, così come sarà rispettosa tutta la frase nei confronti del cliente. ~이, come si ricorderà, è la posposizione del soggetto usata dopo una consonante. Da notare che il termine , in quanto classificatore, non può essere usato per rivolgersi direttamente a una persona, ma solo per parlare rispettosamente di quella persona. Per rivolgersi con rispetto a una persona occorre usare il termine 선생 che abbiamo visto nella prima lezione.

자동차 사러 a comprare una macchina.
Sia il termine “automobile” (자동차), che il verbo “comprare” (사다) sono già stati visti nelle lezioni precedenti. Siccome questa frase vuol rappresentare il linguaggio parlato, la posposizione del complemento oggetto è stata omessa dopo la parola che significa “automobile”. In un testo scritto sarebbe più corretto scrivere 자동차 사러.

오셨어요. è venuto
Anche il verbo “venire” (오다) al passato è espresso in forma rispettosa verso il cliente, grazie all’impiego del suffisso di rispetto (시+었=셨). Questa frase in forma rispettosa è detta dal padre al bambino per insegnargli a parlare con rispetto degli adulti.

Analisi della frase
이것은 미국 자동차 아닙니까.

Questa non è un’auto americana?

Qui è il cliente che parla

이것은 Questo/a
Letteralmente “Questa () cosa ()”. La posposizione indica, come si sa, il tema della frase, e si usa dopo consonante.

미국 America, americano
I due caratteri cinesi che costituiscono il nome 미국 miguk [miˈguk̚] (“America”) significano letteralmente “Bel paese”.

자동차 아닙니까. non è un’auto?
Questa frase termina con un verbo interrogativo negativo. Il verbo 아니다 anida significa infatti “non essere” (안+이다=아니다). La desinenza interrogativa ㅂ니까 esprime un livello di cortesia elevato, formale, rispettoso verso l'interlocutore. Essendo negativa, questa interrogativa provocherà in coreano una risposta diversa da quella che si avrebbe in italiano.

Analisi della frase
네, 이것은 페라리라는 이태리의 자동차입니다.

No, questa è una macchina italiana chiamata Ferrari.

네, 이것은 Sì, questa (ma in italiano: No, questa...)
Questo ne, che è l’affermazione “”, è la conferma della negazione presente nella domanda (dove era stato chiesto se non era un’auto americana). Nel tradurla in italiano, però, questa situazione si rende con un “no”.

페라리 “Ferrari”
Nell’alfabeto coreano mancano le corrispondenti di alcune delle nostre lettere, come la effe, la vu, le occlusive sonore b, d, g(a) e l’affricata g(i) in posizione iniziale di parola, la elle e la erre in posizione iniziale di parola, la doppia erre e la elle semplice in posizione intermedia e la zeta, sorda e sonora, L’alfabeto coreano, quindi, non sarà in grado di rappresentare correttamente il suono della parola “Ferrari” e si dovrà accontentare di avvicinarsi a quella pronuncia con 페라리 pronunciato p’erari [pʰeɾaɾi], oppure con un 페르라리 p’erŭrari, dove la nostra doppia erre viene più chiaramente rappresentata nell’alfabeto coreano.

~라는 chiamato/chiamata, detto/detta
Questa desinenza, che va sempre scritta unita alla parola precedente, rappresenta in un certo senso le nostre virgolette. Tale forma si usa dopo vocale. Dopo consonante diventa 이라는. Si può rendere con “chiamato”, “detto”, o simili. Si pronuncia ranŭn [ɾaˈnɯn], con l’accento sull’ultima sillaba.

이태리의 italiano, dell’Italia
L’Italia fino a poco tempo fa veniva chiamata esclusivamente 이태리, it’aeri [itʰaeɾi], pronuncia coreana dei tre caratteri cinesi 伊太利, molto simile all’inglese “Italy”. Oggi viene anche detta 이탈리아, pronunciato it’allia [itʰaʎʎia].
La posposizione , pronunciata normalmente non ŭi [ɯi], ma e [e], è quella del genitivo, o complemento di specificazione, che si traduce in italiano con “di” o rendendo aggettivale la forma del nome che la precede.

자동차입니다. è un’automobile.
Il significato di queste parole non dovrebbe ormai presentare alcuna difficoltà di comprensione.

Passiamo ora alla seconda scenetta.

Analisi della frase
어머니가 있어?

C’è la mamma?

어머니가 la mamma
La parola ŏmŏni [ʌmʌˈɲi] si traduce con “mamma”. Per indicare la mamma esiste anche il termine più infantile 엄마 ŏmma [ʌmˈma], ma i bambini coreani usano chiamare la propria madre quasi indifferentemente in uno o nell’altro dei modi. Ricordiamo che in coreano non ci sono gli articoli: qui l’articolo “la” è stato aggiunto arbitrariamente.

Per indicare la propria genitrice vi è poi il termine più formale 모친 (母親) che non viene usato come vocativo dai bambini coreani, così come la parola “madre” non viene usata in quel caso dai bambini italiani.

있어? c’è?
Il livello di cortesia del verbo 있다 (“esserci”) usato per parlare della mamma è medio-basso. Il livello di cortesia della desinenza verbale usata nei confronti dell’interlocutore è molto basso (è come dare del tu, un modo usato verso i bambini). Si capisce, quindi, che questa frase viene rivolta a un bambino da una persona anziana e che la persona che parla può permettersi (per grado di parentela o altro) di non usare una forma cortese nei confronti della madre di quel bambino.

Analisi della frase
예, 할머니. 엄마는 방에 계십니다.

Sì, nonna. La mamma è in camera (sua).

예, 할머니. Sì, nonna.
L’affermazione “”, che normalmente è , ad un livello elevato diventa . ye [je].
Il termine 할머니 halmŏni significa “nonna” e può essere usato sia per la propria nonna paterna, che per rivolgersi a una donna anziana in forma rispettosa.

엄마는 mamma
Il bambino, nel parlare della propria madre, usa il termine 엄마 ŏmma [ʌmˈma] (“mamma”) che gli è più familiare. Il termine 엄마 è quasi l’esatto corrispondente (anche nel suono) della nostra parola “mamma” nella sua forma tronca infantile di “ma’”.

방에 in camera (sua).
La parola pang [paŋ] è un termine sino-coreano, pronuncia coreana del carattere cinese .

La casa coreana

Una casa coreana tradizionale ha di solito un cortiletto a cui si accede attraverso un portoncino piccolo e basso, un ingressino in cui ci si toglie le scarpe prima di entrare, una veranda col pavimento rialzato in legno, due o tre camerette, una cucina col pavimento posto più in basso rispetto alle altre stanze, con un piccolo deposito per le formelle di carbone e argilla, chiamate 연탄 (煉炭) usate per riscaldare e per cucinare, e un gabinetto esterno. Le camere hanno il pavimento riscaldato e ricoperto di carta gialla impermeabile ai gas (vedere la pagina che parla del sistema di riscaldamento ondol 온돌). Non c’è una cantina sotto la casa, né ci sono altri piani sopra: è tutto al pian terreno.

계십니다. si trova.
Questo 계시다 kyesida “esserci, trovarsi” è un verbo rispettoso usato qui dal bambino nei confronti della propria madre, che compie l’azione. Ha praticamente lo stesso significato del verbo 있다 itta che abbiamo visto nella terza lezione. La desinenza verbale ㅂ니다 ~mnida è invece una forma rispettosa usata verso la nonna, che è una persona anziana. Alle scuole elementari si insegna ai bambini il rispetto per i genitori e per gli anziani, verso i quali ci si deve rivolgere con deferenza.

Analisi della frase
네 아버지도 아직 집에 있어?

Anche tuo papà è ancora in casa?

tuo
Questo aggettivo possessivo, che è una contrazione di 너의 (“di te), si scrive allo stesso modo dell’avverbio di affermazione (“sì”) coreano, ma di solito viene pronunciato in modo leggermente diverso, quasi come un ni [ni], forse per distinguerlo meglio da quell’avverbio.

아버지도 anche papà
La pronuncia è abŏjido [abʌʥiˈdo]. L’avverbio che significa “anche” è sempre posposto rispetto al nome a cui si riferisce, mentre da noi l’avverbio corrispondente si antepone.

Come per il termine “mamma”, anche la parola “papà” ha due forme 아버지 e 아빠 che si possono tradurre rispettivamente con “papà” e “pa” (contrazione di “papà”). I bambini coreani, però, li usano quasi indifferentemente.

아직 ancora; (non) ancora
Questo avverbio, pronunciato ajik [aˈʥik̚], può essere usato sia con un verbo affermativo, che con un verbo negativo. Indica la continuità nel presente e si contrappone all’avverbio 벌써 pŏlssŏ [pʌlˈssʌ] (“già”) che indica invece qualcosa avvenuto nel passato.

집에 있어? è in casa?
Si tratta di vocaboli già considerati in precedenza, che non dovrebbero creare problemi. È da notare solo che qui tutto ha un livello di cortesia non elevato, sia la parola che indica l’abitazione (), sia il verbo che indica “stare” (있다), sia la desinenza verbale (~어).

Analisi della frase
아니오, 아빠는 벌써 서울에 가셨습니다.

No, papà è già andato a Seul.

아니오 no
Alla domanda se il padre è ancora in casa si risponde con un no, come in italiano. Ricordiamo che, nella pronuncia di questo avverbio negativo, il tono della voce sale.

아빠는 papà
Anche per indicare il proprio padre, il bambino usa la forma che conosce meglio 아빠 appa [aˈppa]. Da notare, anche qui, la quasi esatta corrispondenza sonora della parola coreana con l’italiano “pa’”, contrazione della parola “papà”.

벌써 già
L’avverbio 벌써 pŏlssŏ [pʌlˈssʌ] “già” è la risposta all’avverbio 아직 “ancora” della domanda precedente.

서울에 a Seul
Il nome della capitale della Corea del Sud in italiano è Seul, ma la trascrizione ufficiale è Seoul. Si scrive 서울 e si pronuncia Sŏul [sʌˈul]. La elle () finale si pronuncia come una erre monovibrante quando è seguita da vocale, per cui 서울에 si pronuncerà sŏure [sʌuˈɾe].

가셨습니다 è andato
Il verbo, mediante il suffisso 시 (시+었=셨), manifesta rispetto verso il padre, che ha compiuto l’azione di andare, mentre, grazie alla desinenza di livello alto ~습니다, manifesta rispetto verso la nonna a cui è indirizzata la risposta.

Analisi della frase
바로 여기 물 속에서 내가 물고기를 봤습니다.

Proprio qui, dentro all’acqua, io ho visto dei pesci.

바로 여기 Proprio qui,
L’avverbio di luogo 여기 yŏgi “qui” dovrebbe ormai essere noto (dalla lezione 4). Viene in questo caso rinforzato dall’avverbio 바로 paro che significa “proprio, esattamente”.

물 속에서 내가 dentro all’acqua, io
L’avverbio di luogo italiano “dentro” viene espresso in coreano con l’ausilio di un sostantivo “sok che significa “la parte interna, il didentro”. Forse qualcuno ricorderà che anche l’avverbio di luogo “sopra” (), visto alla terza lezione, aveva una storia simile: il suo vero significato era infatti “la parte superiore, il disopra”.
Il pronome personale “io” (내가 con la posposizione del soggetto) è già stato visto e commentato in precedenza.

물고기를 봤습니다. ho visto dei pesci.
È interessante notare come il nome generico in puro-coreano per i pesci (물고기 mulkkogi) sia composto da mul che significa “acqua” e 고기 kogi “carne”, per un significato complessivo originario di “carne d’acqua”. La pronuncia di questo termine è un’eccezione, in quanto la lettera iniziale della sillaba , che teoricamente dovrebbe sonorizzarsi perché racchiusa fra confini sonori (la nasale finale della sillaba precedente e la vocale ), in realtà non si sonorizza, ma si rinforza diventando un’intensiva, notoriamente sorda (nella prossima lezione si approfondirà questo fenomeno). Il termine 물고기 mulkkogi indica il genere dei pesci, vertebrati dotati di branchie e pinne, che vivono in acqua, mentre per indicare il pesce pescato, venduto fresco oppure fatto seccare o messo sotto sale per conservarlo, si usa il termine sino-coreano 생선 saengsŏn (生鮮) che letteralmente significa “pesce fresco”.
Il verbo finale 봤습니다. pwassŭmnida, si sarà già capito che è l’indicativo passato del verbo 보다 “vedere” con la desinenza finale rispettosa.


Esercizi

Usando i vocaboli forniti in questa lezione e in quelle precedenti, provate a tradurre in coreano le seguenti frasi:

  1. Alle 17 (Lei) verrà a casa mia? (usare una forma rispettosa)
  2. Sì, verrò.
  3. Questa è la macchina di mio padre.

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© Valerio Anselmo