Dall’Estremo Oriente all’Estremo Occidente
Storia delle migrazioni cinesi, giapponesi e coreane
negli Stati Uniti dal 1848 al 1924

di Daniele Gattoni

La Corea non è proprio l’argomento di cui si parli più spesso in Italia: abbiamo le nostre grane interne e poi quel paese è così lontano che tendiamo a scordarcene. L’uscita di un libro su un argomento praticamente sconosciuto nel nostro paese, e che per di più riguarda anche la Corea, non può che suscitare la curiosità in chi si interessi del Paese del calmo mattino. Se poi questo libro risulta essere un’opera di una profondità e una completezza tali da superare ogni aspettativa, allora viene voglia di andare in libreria e comprarlo subito.


C

hi volesse ampliare le proprie conoscenze non solo sull’Estremo Oriente, ma sul futuro prossimo del mondo deve leggere il libro “Dall’Estremo Oriente all’Estremo Occidente - Storia delle migrazioni cinesi, giapponesi e coreane negli Stati Uniti dal 1848 al 1924” di Daniele Gattoni, edizioni Lampi di stampa, prezzo di copertina € 24,90, un volume di ben 633 pagine uscito nel gennaio 2008, un lavoro impegnativo e molto esauriente sull’argomento delle migrazioni di cinesi, giapponesi e coreani negli Stati Uniti fino a poco più di ottant’anni fa.

Le vicende degli immigrati estremo-orientali negli Stati Uniti vi sono descritte non solo nella loro accurata realtà storica, ma anche nel loro lato più intimo di sofferenze, di volontà di sopravvivere, di ingegnosità, che ricorda un poco le prime migrazioni degli italiani in America.

Alcune parti del libro colpiscono più di altre. Ad esempio la descrizione delle “Picture Brides” (mogli in fotografia) giapponesi e coreane che, per sfuggire a situazioni insopportabili nel loro paese, si sposavano per procura con connazionali emigrati negli Stati Uniti, futuri mariti che esse non avevano mai visto e che si erano messi in contatto con loro solo per lettera. Ben quarantamila giapponesi e diecimila giovani coreane decisero di seguire questa strada e possiamo solo immaginare la delusione di queste donne che sognavano di andare incontro a un futuro migliore e che, sbarcate negli Stati Uniti, incontravano per la prima volta un marito che risultava poi essere ben più vecchio di quanto avesse loro fatto credere e molto meno agiato, delusione che veniva accresciuta dai preconcetti razzisti dei bianchi americani con i quali esse dovevano poi avere contatto.

La tristezza che traspare dallo scritto di una di queste mogli per procura, citato nel libro alla pagina 585 anche nella versione originale anglo-nipponica, colpisce prodondamente.

A destra l’insegna affissa sulla facciata di
un’abitazione e recante la scritta “Giapponesi
proseguite oltre - Questo è un quartiere bianco”
(foto tratta dalla pag. 553 del libro)

Qui sotto riportiamo la traduzione di quel brano fornita in nota:

«Se aguzzavo al massimo la vista potevo scorgere, nell’oscurità e nel silenzio più assoluti, una piccola luce che brillava flebilmente da lontano. Laggiù, ne potevo intravedere un’altra. E dall’altra parte, un’altra ancora. Sapevo che coincidevano con i luoghi dove viveva altra gente. Ma più che sentirmi sola o triste, provavo solo molto freddo. Era una sensazione così malinconica che andava ben al di là della semplice solitudine. Era il gelido abisso della disperazione.»

Questo non è un libro che parli solo della Corea, in quanto abbraccia un periodo di 77 anni e affronta la storia di varie nazioni, della Cina, del Giappone e della Corea, oltre a quella degli Stati Uniti, ma i riferimenti alla Corea, precisi e documentatissimi, sono sparsi in tutto il volume e ci fanno capire, ad esempio, come mai oggi una città come Los Angeles abbia una popolazione di 150.000 abitanti nella parte coreana della città.

Il libro parla di argomenti che abbiamo a volte visto sfiorati in qualche film famoso, come il tema della corsa all’oro o quello della costruzione della ferrovia transcontinentale, la Transcontinental Railroad, alla quale lavorarono molti orientali, soprattutto cinesi, in condizioni di quasi schiavitù. Oltre tutto, gli orientali erano malvisti perché erano più industriosi, più abili sul lavoro e si accontentavano di poco.

È una parte della storia degli Stati Uniti, ma soprattutto una lucidissima illustrazione di un periodo storico di tre paesi orientali, Cina, Giappone e Corea, e delle cause che provocarono queste migrazioni dall’Estremo Oriente verso l’America. In particolare la Parte V - La dinamica migratoria coreana tra le Hawaii e la California spiega i motivi della fuga dei coreani dal proprio paese in cerca di fortuna.

Tre migranti coreani in abiti tradizionali e col classico
cappello cilindrico fotografati nel 1903 a bordo della S.S.
Gaelic, la prima nave americana a coprire stabilmente
il lungo tragitto dalla penisola coreana all’arcipelago
hawaiano (foto tratta dalla pag. 503 del libro)

Della grande messe di dati del libro si è già detto, ma va ammirata anche la composizione tipografica del testo, impaginato dallo stesso autore e per questo privo di quegli errori che si verificano quando si è costretti a passare attraverso un compositore non ferrato in lingue orientali. Per esperienza personale, questa è stata una decisione saggia, che sarà costata a Gattoni molta fatica, ma che ha dato i suoi risultati in un libro denso di riferimenti nelle tre lingue orientali e assolutamente privo di errori di stampa.

E, al passo con i tempi, la nutrita bibliografia finale è seguita da un gran numero di indirizzi di siti Internet che permettono al lettore di approfondire l’argomento non solo sui testi stampati, ma anche in rete.


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© Valerio Anselmo