Mostra fotografica
La Corea e i Coreani agli inizi del '900

A Roma, nei locali della Palazzina Mattei a Villa Celimontana (Via della Navicella 12), dal 9 maggio al 12 giugno 2003 è aperta al pubblico una mostra fotografica di grande interesse sulla Corea di cent'anni fa.

Organizzata dalla Società Geografica Italiana e da FotoGrafia - festival internazionale di Roma, con il patrocinio dell'Ambasciata della Repubblica di Corea, la mostra, curata da Maria Mancini e Diego Mormorio, resterà aperta tutti i giorni, compresi i festivi, dalle 10,30 alle 18,30.

L'ingresso è gratuito. Per informazioni si può telefonare alla Società Geografica Italiana: 06-700.82.79.

Sono esposte le molte fotografie scattate da Carlo Rossetti, Console Generale d'Italia a Seul nei primi anni del secolo scorso, una vera rarità. Assolutamente da non perdere.

Siamo grati alla prof.ssa Mancini che ci ha permesso di pubblicare qui la sua bella e dotta presentazione al catalogo, che serve anche da pannello espositivo nel percorso mostra.

 

Agli inizi del Novecento, la Corea era ancora un paese quasi del tutto sconosciuto alla gran parte degli occidentali. I trattati commerciali siglati negli anni Ottanta del XIX sec. con numerosi paesi dell'Occidente, tra cui l'Italia (1884), e la proclamazione di indipendenza del 1° agosto 1894 avevano segnato l'apertura della Corea ai rapporti internazionali, ma la conoscenza di quel lontano paese, dei suoi usi e dei suoi costumi, fu per molti anni ancora riservata ad alcune categorie privilegiate: militari, diplomatici e commercianti.

Fu per questo, forse, che raccolsero tanta curiosità e tanto interesse le due conferenze sulla Corea promosse dalla Società Geografica Italiana nel febbraio del 1904. Nella grande Aula del Collegio Romano, messa a disposizione dal Ministero della Pubblica Istruzione, tra il numeroso pubblico di soci e di invitati, oltre a “molte signore” come si legge nelle cronache dell'epoca, era presente anche Re Vittorio Emanuele III, Presidente onorario della Società Geografica, insieme a un folto gruppo di politici e dignitari.

A parlare degli aspetti socio-economici, oltre che politici, della Corea e delle sue “impressioni” su quello sconosciuto paese, era un giovane tenente di vascello, Carlo Rossetti, socio del sodalizio, che arricchì la sua piacevole esposizione con la proiezione di numerose, bellissime diapositive, guadagnandosi alla fine i complimenti del sovrano.

Carlo Rossetti era giunto per la prima volta in Corea nel 1902, a bordo della nave “Puglia” e aveva soggiornato durante il mese di luglio di quell'anno a Seoul, ospite di un suo amico, il giovane console italiano, conte Francesetti di Malgrà. Il desiderio di saperne di più di quello strano paese fu immediato e approfittò volentieri delle conoscenze del suo ospite.

Nel settembre del 1902, mentre già la “Puglia” inalberava la “fiamma del ritorno”, ovvero il simbolo del rientro in Patria, moriva inaspettatamente il conte Francesetti e Carlo Rossetti venne chiamato a sostituire, in attesa del nuovo titolare del consolato, il suo sfortunato amico. Nella nuova veste, Rossetti soggiornò a Seoul per i successivi otto mesi ed ebbe così modo di approfondire e completare la sua esplorazione della Corea: raccolse libri, carte e documenti e con l'aiuto di un fotografo locale, un non meglio identificato Murakami, immortalò, e con una certa perizia, non solo le sue “impressioni” del paese ma anche le conoscenze che andava via via acquisendo, mettendo insieme alla fine un quadro dettagliato ed esauriente dei diversi aspetti del territorio e della società coreani.

Dal clima alla morfologia, dalle cerimonie alle religioni, dalle leggende ai costumi, tutto era importante per gli occhi e la mente del giovane tenente che univa, a una grande capacità di studio e di approfondimento, innate doti di acuto e arguto osservatore, le stesse che facevano di lui anche un bravo fotografo.

All'inizio del Novecento, la fotografia in Corea era appena agli inizi. La maggioranza della documentazione fotografica coreana relativa a quegli anni, infatti, si deve all'opera di stranieri come Rossetti anche se, probabilmente nelle grandi città non dovevano mancare dei bravi professionisti, magari di origine giapponese, come forse era Murakami. Infatti, in Giappone, il paese insieme alla Cina con cui la Corea aveva mantenuto i rapporti più stretti nei decenni precedenti, la fotografia era già da tempo, come è noto, molto sviluppata. La possibilità di una graduale importazione dal Giappone di fotografi professionisti e tecniche fotografiche sembra essere, quindi, qualcosa in più di una semplice deduzione.

La collezione Rossetti oggi conservata presso l'Archivio fotografico della Società Geografica Italiana è composta da 131 stampe d'epoca (aristotipi), di cui 65 doppioni, e da 161 diapositive su vetro (8,2x8,2), le stesse che servirono ad illustrare le sue conferenze.

La maggioranza delle fotografie a stampa sono opera di Murakami e si distinguono abbastanza facilmente da quelle di Rossetti per il loro livello tecnico decisamente superiore. Ma è nella scelta dei soggetti e delle inquadrature che Rossetti si affranca dal suo ruolo di fotografo dilettante: le scene di vita per le strade di Seoul e i venditori ambulanti sono tra i prodotti meglio riusciti. Non riuscito, invece, per il timore dei coreani nei confronti dell'apparecchio fotografico, il suo tentativo “scientifico”, quello cioè di uno studio antropometrico della popolazione coreana. Poche infatti le fotografie che riuscì a scattare superando la forte diffidenza.

Nel 1904, tutte le fotografie che oggi costituiscono la collezione Rossetti vennero pubblicate a corredo di due bei volumi stampati a Bergamo per i tipi dell'Istituto Italiano d'Arti Grafiche nella Collezione di Monografie Illustrate, Serie Viaggi. Nei due volumi, dal titolo “Corea e Coreani. Impressioni e ricerche nell'impero del Gran Han”, Rossetti mette insieme tutto il frutto dei suoi studi e della sua esperienza coreana, consentendo a un vasto pubblico di apprezzare non solo i suoi studi e le sue ricerche, ma anche le belle immagini che solo oggi, in occasione della mostra a lui dedicata, possiamo ammirare finalmente dal vero.

Maria Mancini

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© Valerio Anselmo