Quando, in una pagina precedente (del 2002), si era parlato dei padiglioni di Hamyang inseriti nella natura, si era accennato alla loro bellezza, ma non si era certamente prevista una loro possibile imminente distruzione. Dopo gli incendi di origine dolosa dell'ottobre del 2003 che in poche ore causarono l'incenerimento dei più preziosi di questi capolavori architettonici del passato, ci si rende oggi conto di quanto sia importante che i più antichi e significativi resti storici, testimoni di una civiltà e di una cultura millenaria, vadano protetti. |
L’ area di Sŏsang-myŏn (Seosang-myeon I cinesi in passato costruivano giardini scavando uno stagno artificiale, mettendovi dentro e attorno delle rocce strane e dalle forme affascinanti, e circondandolo tutto con un muro a strati. I giapponesi curavano ogni granello di sabbia e ogni filo d'erba, producendo quello che sembra un giardino incantato in miniatura. Gli antichi coreani, invece, sapevano da tempo che questo tipo di abbellimento artificiale avrebbe nascosto la bellezza naturale dei monti e delle valli del paese. A differenza dei cinesi e dei giapponesi, che costruivano giardini artificiali chiusi, gli studiosi coreani del passato erano così liberi e di mentalità aperta, tanto da erigere semplici padiglioni nel bel mezzo di uno spazio aperto, lasciando del tutto intatta la natura circostante che veniva così a essere il loro giardino. Invece di trasformare la natura, abbracciavano la natura così com'era. Per questo motivo era importante scegliere attentamente il sito appropriato per un padiglione. Ognuno degli studiosi doveva scegliere un posto che sentisse vicino alla propria idea di bellezza naturale e ideale. I padiglioni erano un luogo che doveva permettere allo studioso di godere del proprio tempo libero quando tornava ai monti e alle acque del proprio paese natale, sia che ciò avvenisse di propria volontà o che vi fosse costretto. |
Il luogo in cui sarebbe sorto il padiglione doveva essere costantemente rallegrato dal suono di un corso d'acqua limpida che scorresse lì vicino e mosso da una fresca brezza che portasse con sé la fragranza degli alberi di pino. Gli studiosi purificavano i propri cuori con le acque chiare e
Il padiglione Kunjajŏng (Gunjajeong) ha una sua grazia disadorna I padiglioni dovevano essere anche completamente aperti onde permettere l'apprezzamento della natura in tutte le direzioni. Con i suoi pilastri, sui quali venivano affissi poemi e altri scritti, e il suo tetto con due larghi spioventi, il padiglione doveva risultare così naturale da sembrare parte della natura stessa. Purtroppo, nell'ottobre del 2003, la maggior parte dei padiglioni, i più noti, compreso il famoso padiglione Nongwŏljŏng (Nongwoljeong Dopo essere passati sul ponte ad arco Hwarimgyo ( |
![]() Il padiglione Nongwŏljŏng, giudicato il più bello dei padiglioni della valle Hwarimdong, è andato perduto per un incendio doloso Di fronte a Tonghojŏng si trova un masso che ha una superficie di 660 metri quadrati chiamato Ch'airam (Chairam Prima dell'incendio, comunque, la gemma della valle Hwarimdong era il padiglione Nongwŏljŏng. La vallata Hwarimdong dava l'impressione delle pieghe di una gonna femminile e Nongwŏljŏng era situato come un pendente ornamentale in quelle pieghe. Forse è per questo che, con Nongwŏljŏng ormai scomparso, sembra che manchi qualcosa dallo scenario della valle. Nongwŏljŏng una volta era posto come una chiocciola su una roccia larga e piatta di 3.300 metri quadrati, e il suo nome ( |
Tonghojŏng ha dei pilastri in legno naturale che mantengono le curve originarie e che accrescono il fascino del padiglione. Si dice che, sedendo nel padiglione Nongwŏljŏng e guardando fuori, sulla vasta roccia di fronte, si poteva pensare che gli studiosi di allora potessero aver dato un nome a questa roccia. E in effetti è così: il nome di questa roccia è Wŏryŏnam (Woryeonam Purtroppo ora i restanti padiglioni della valle Hwarimdong si stanno lentamente deteriorando, forse a causa dell'incessante flusso di visitatori che vengono a vederli. Ciò desta una fonte di preoccupazione in quelle persone che amano i padiglioni di Hamyang. Ora più che mai, per proteggere questi padiglioni sono urgentemente necessari un attento intervento e una seria considerazione da parte dell'Ufficio delle risorse nazionali. |
Tratto da “The Pavilions of Hamyang”, in Pictorial Korea, Febbraio 2004. Testo di Lee Kyoung-sun. Fotografie di Cho Jae-hee. Ricerche bibliografiche e su Internet da parte dell'autore del sito. Pubblicato con autorizzazione del Korea Information Service, che si riserva il copyright sull'intero contenuto della rivista. Riferimento: Korea.net. |
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© Valerio Anselmo