La pagoda in pietra del tempio Hwaŏmsa è sostenuta da quattro leoni scolpiti che circondano la statua di un monaco. Nascosta nella lanterna di pietra che si trova di fronte a questa pagoda a tre piani, importante simbolo del predominio del buddismo, vi è una figura inginocchiata. |
U n modo rapido per avere informazioni su un tempio coreano è quello di capire il significato del suo nome. Il tempio Hwaŏm (Hwaŏm-sa Eleganza strutturale La pagoda a tre piani del tempio Hwaŏmsa (tesoro nazionale numero 35) è sostenuta da quattro pilastri a forma di leone. Sulla sinistra si intravede la lanterna di pietra di cui si parla. Inoltre, al centro del piedestallo inferiore, si trova la statua di un monaco in piedi su un fiore di loto e circondato da quattro leoni. Però, siccome la statua del monaco non si estende fino al livello superiore del piedestallo, sono i quattro leoni che sostengono il corpo della pagoda. Il primo livello dei tre piani della pagoda riporta le immagini di una porta nel mezzo, della divinità Vajrapani sul lato occidentale, dei quattro re guardiani sulle facce meridionale e settentrionale, e delle deità Indra e Brahma sul lato orientale. Ancor più speciale è la lanterna di pietra per le cerimonie in memoria dei defunti situata di fronte alla pagoda. Questa lanterna di pietra è posizionata su una figura inginocchiata rivolta verso la pagoda. Secondo la tradizione di questo tempio, la figura della lanterna di pietra rappresenterebbe Yŏn'gi chosa ( |
Unità universale
Qui a sinistra, la statua circondata da quattro leoni che si trova nella base della pagoda Dopo aver raggiunto l'illuminazione, il principe Siddhartha divenne il Budda Vairocana. Tuttavia, alle masse che desideravano seguire i suoi passi, il Budda non rivolse sermoni sul metodo da lui seguito per raggiungere l'illuminazione. Al contrario, predicò che la verità non poteva essere adeguatamente spiegata solo a parole e che l'illuminazione poteva essere realizzata raggiungendo uno stato perfetto di concentrazione spirituale (sammae Il “sammae” si riferisce allo stato della propria concentrazione spirituale. Secondo la sezione Gandavyuha dell'Avatamsaka Sutra (Hwaŏm-gyŏng), lo stato di illuminazione si può raggiungere soltanto attraverso quello che viene chiamato in coreano “sajabinsin sammae” ( Nel Gandavyuha Sutra, il leone è il riferimento al luogo in cui risiede il Budda, mentre lo sforzo concertato necessario per raggiungere lo stato di concentrazione spirituale (sammae) è paragonato all'audacia di un leone. Posizionando i quattro leoni sugli angoli del piedestallo per sostenere il corpo della pagoda, si ottiene una forma che serve come simbolo del Budda che ha ottenuto lo stato di massima concentrazione spirituale (sajabinsin sammae). Siccome la predicazione della verità emana dal corpo del Budda, la pagoda di conseguenza simboleggia gli insegnamenti del Budda. In accordo con questa spiegazione, lo straordinario Avatamsaka Sutra (Hwaŏm-gyŏng) trova le proprie origini in questa pagoda di pietra sostenuta da quattro pilastri scolpiti a forma di leone. Certamente, questa nozione creativa appartiene unicamente al buddismo coreano. Sono anche eccezionali sia l'abilità manuale che lo spirito artistico che furono profusi nella creazione di questa pagoda. |
Il percorso verso l'illuminazione La lanterna di pietra che si trova di fronte alla pagoda è posizionata sopra una figura inginocchiata, che si pensa sia Sŏnjaedongja La sezione, che illustra come Sŏnjaedongja incontrò 53 Kalyamitra (“insegnanti” in sanscrito) per ascoltare i principi del buddismo e alla fine entrò nel mondo illuminato, fornisce un’opportunità di ampliare la propria comprensione del mondo Hwaŏm che per molti risulta spesso difficile da capire. Basandosi su una delle interpretazioni del mondo Hwaŏm (“ghirlanda di fiori”), il monaco della pagoda può essere considerato come uno dei 53 Kalyamitra che Sudhana (Sŏnjaedongja) scovò. La figura inginocchiata della lanterna di pietra può quindi essere considerata quella di Sŏnjaedongja (e non quella di Yŏn'gi chosa, vista prima). In tal modo, la pagoda racchiude in sé i principi fondamentali del Gandavyuha, con particolare riguardo alla credenza che l'illuminazione può essere raggiunta soltanto attraverso le proprie convinzioni, la meditazione e l'auto-disciplina. Il simbolismo della pagoda di pietra è espresso anche dalla sua posizione. La pagoda che, come si è detto, non si trova situata di fronte alla principale sala di preghiera buddista, è posta su un rilievo da cui si può vedere tutto il tempio Hwaŏm. Nel Gandavyuha il Budda viene rappresentato come colui che diffonde la luce della speranza, mentre lo stato di massima concentrazione spirituale (sajabinsin sammae) serve a trasformare il mondo umano in un mondo Hwaŏm. A causa di ciò, la pagoda è stata posta in un luogo da cui si può vedere tutto il tempio. Poju si riferisce alla luce della speranza per tutto il mondo umano. Come risultato, il tempio Hwaŏm diventa il punto centrale del Gandavyuha, dove tutti i Budda, i bodhisattva, i discepoli e i seguaci possono coesistere gli uni con gli altri. Il Siddhartha umano è divenuto il Budda Vairocana, raggiungendo uno stato di illuminazione che non può mai essere distrutto a causa della sua assenza di una forma fisica. Questo è anche considerato uno stato che può essere raggiunto da tutti gli esseri umani. Con Vairocana, simbolo della luce che illumina ovunque come il Sole, questa luce può essere considerata come un riferimento all'inizio e alla conclusione del mondo Hwaŏm. La diffusione di questa luce che permette alle masse di vedere la strada ed entrare nel mondo del Budda rappresenta lo scopo ultimo del buddismo Mahayana. Per raggiungere uno stato di illuminazione, il Budda ha propugnato il raggiungimento dello stato di massima concentrazione spirituale (sajabinsin sammae). Dal momento che la luce del sajabinsin sammae rappresenta gli insegnamenti del Budda e il mondo Hwaŏm, si può affermare che chiunque entri nel tempio Hwaŏm faccia il primo passo per entrare nel mondo illuminato del Budda. |
Tratto da “Sasaja Samcheung Seoktap”, in Koreana, vol.20, n.2, estate 2006. Testo originale di Shin Yong-chul. Fotografie di Seo Heun-kang. Ricerche bibliografiche a cura dell'autore del sito. Pubblicato con autorizzazione della Korea Foundation, che si riserva il copyright sull'intero contenuto della rivista. Riferimento: Koreana. |
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© Valerio Anselmo