La festa di Ch'usŏk
di Emiliano Pennisi
emiliano0117@yahoo.it


P

ur utilizzando il nostro calendario gregoriano nella vita di tutti i giorni, i coreani, quando si tratta di celebrare una festa particolare, un'antica ricorrenza, volgono ancora il loro sguardo alla luna.

Emiliano Pennisi, autore dell'articolo, qui vestito con l'abito tradizionale coreano

Così le due principali festività della Corea sono legate proprio all'antico calendario lunare non del tutto caduto nell'oblio del tempo.

Il capodanno, in coreano “설날”, “sŏllal”, viene tra la fine di gennaio e l'inizio di febbraio, mentre la mietitura e la raccolta del riso, alimento principe della tavola, sono festeggiate con la luna piena del quindicesimo giorno dell'ottavo mese lunare.

Questo è “추석”, Ch'usŏk, uno dei rari avvenimenti in cui i coreani, lanciati a folle velocità verso il progresso tecnologico si fermano, mettono da parte gli abiti occidentali e il computer e si rivolgono al passato, alla memoria dei loro antenati con un rito suggestivo, scandito dalla lentezza, dal silenzio e che affonda le sue radici nella notte dei tempi.

Avendo sposato una donna coreana, avevo il privilegio e il dovere, di partecipare attivamente al rito che, al riparo delle mura domestiche, ogni famiglia celebra in questo giorno speciale, nelle prime ore del mattino.

Songp'yon, il dolce tipico di Ch'usok pronto per essere
cotto al vapore in una pentola apposita insieme ad
una pianta simile alla nostra cicoria.

Arrivato a Seoul con mia moglie per motivi di lavoro un mese circa prima di Ch'usok, ho avuto la possibilità di seguire passo dopo passo i preparativi della festa.

Negli immensi centri commerciali di Seoul, le commesse avevano già indossato l'hanbok, il bellissimo abito coreano e, con cerimoniosi inchini, mi invitavano ad assaggiare il tradizionale dolce di farina di riso, “송편” songp'yŏn, ripieno di fagioli di soia o di semi di sesamo che, proprio per questo evento, viene preparato in gran quantità cercando, con tale pretesto, di convincermi a comprare una serie infinita di altri cibi comparsi all'improvviso, dei quali vantavano la buona qualità e il prezzo imbattibile.

Fare la spesa nei supermercati coreani è molto interessante. Ci si può perdere negli interminabili reparti pieni, talvolta più che da noi, di ogni sorta di cibi e bevande, si può camminare tra i banchi dei macellai e dei pescatori che a forza di gridare cercano di vendere le loro mercanzie a questo o a quel cliente e, cosa insolita per un italiano, è possibile assaggiare i vari prodotti prima di acquistarli, semplicemente avvicinandosi ad una delle indaffaratissime signore intente a cucinare varie vivande e mangiando con una piccola forchetta di plastica ciò che ci attira di più.

Ancora oggi, in Corea, la preparazione dei cibi per gli
eventi importanti avviene sedendo sul pavimento del
soggiorno. Nella foto, mia suocera controlla la buona
riuscita del songp'yon prima di cuocerlo.

Dopo aver provveduto agli acquisti e ai regali, un altro momento importante nella preparazione di Ch'usŏk è il pellegrinaggio che ogni figlio maschio deve compiere presso le tombe dei propri antenati, siano essi i nonni o avi vissuti molto tempo prima. Il tumulo del caro estinto, di solito situato in campagna presso la località di provenienza della famiglia, viene pulito e privato delle erbe selvatiche che con il tempo lo hanno ricoperto.

Come membro acquisito della famiglia di mia moglie, come nuovo “figlio”, ho compiuto con mio suocero questo viaggio nella memoria pensando, durante le tre ore di viaggio che ci avrebbero portato in un piccolo paese nel Chungcheongnam-do, a cosa avrei potuto dire nelle mie preghiere a dei nonni coreani vissuti nel passato che non avevano mai visto un europeo e che ora se ne ritrovavano uno come nipote.

Partecipare alla pulizia della tomba dei “miei” antenati coreani era davvero un'esperienza fuori dal comune e mentre toglievo le erbacce cresciute così rigogliose, mi fermavo ad ammirare la verde campagna coreana e riflettevo sul fatto che molti italiani dimenticano al giorno d'oggi, di tenere vivo il ricordo dei loro cari.

Durante la vigilia di Ch'usŏk, a casa dei miei suoceri, un tavolo basso di legno, di quelli che si vedono in tutte le case coreane, viene imbandito con i cibi preparati nei giorni precedenti. Carne, pesce, molta verdura, frutta, e il songp'yŏn, il dolce di riso che avevo visto al supermercato e che era stato fatto a mano pazientemente dalle donne della nostra famiglia. La sera, siamo andati a dormire molto presto.

I tradizionali piatti a base di verdure, pesce e funghi, fritti
con le uova e la farina e accompagnati dall'immancabile
soju, la bevanda alcolica coreana, portano allegria
a tutta la famiglia.

La mattina del giorno di festa infatti, la sveglia suona per tutti alle sei e trenta e dovevamo essere pronti per le sette, ora propizia per il rito degli antenati.

Questo è officiato dagli uomini della famiglia che, quindi, devono vestirsi in modo elegante, come se dovessero incontrare veramente delle persone importanti.

Mio suocero aveva scelto di indossare un abito completo all'occidentale, mentre io, tra l'ammirazione di tutti, mi ero presentato con il mio hanbok. Al mio arrivo una grande parete pieghevole e mobile piena di iscrizioni in lingua cinese, posta alle spalle del tavolo, faceva bella mostra di sé. Erano le invocazioni alle anime dei defunti.

Accanto ai cibi, erano sistemate delle ciotole di riso pronte per essere mangiate e una bottiglia di “정종”, chŏnjong, il vino di riso fermentato con cinque piccole scodelle, due per noi e tre per i nonni che “invitavamo” alla nostra tavola.

La tavola imbandita, il cibo offerto agli antenati, il
vino di riso che si beve “insieme a loro” e le antiche
preghiere visibili sul pannello pieghevole sono tra i
momenti principali del rito di Ch'usok

Guidato da mio suocero, mi sono inchinato per due volte davanti a queste familiari presenze e poi altre due volte ho toccato il pavimento con la mia fronte in segno di deferenza nei loro riguardi, prima di versare in ognuna delle scodelle un po' di jeonjong sperando che lo gradissero.

Siamo rimasti in piedi, le mani giunte, con gli occhi rivolti alla memoria di qualcuno che, se davvero era in mezzo a noi, adesso stava gustando tutto quel ben di Dio disposto sulla tavola.

Alla fine abbiamo rivolto loro un ultimo saluto, rimanendo sempre in piedi, piegando solo la testa rispettosamente e, dopo aver riposto la parete pieghevole con le iscrizioni in cinese, le donne della famiglia, mia moglie, le sue due sorelle e mia suocera si sono sedute attorno alla tavola e tutti insieme abbiamo onorato gli antenati partecipando al banchetto che con tanta cura avevamo organizzato per loro.

La festa di Ch'usŏk è per i coreani quello che il Natale e la Pasqua sono per me, italiano e cristiano cattolico. È una ricorrenza da festeggiare con i propri familiari e con le persone care mangiando e bevendo insieme, così come facciamo noi durante le nostre festività. Ma è anche, e forse soprattutto, un'occasione per non dimenticare le proprie origini e per ricordare tutti coloro che non sono più con noi, ma che hanno dato molto alla nostra vita.

Terminato il rito degli antenati, anche noi possiamo
finalmente partecipare al banchetto. Sullo sfondo
l'autore dell'articolo indossa l'hanbok, il tradizionale
abito coreano.

Avendo avuto la possibilità di aprire questa porta segreta e di essere messo a parte degli antichi riti legati alla luna piena e agli antenati, posso dire di aver conosciuto uno dei volti più veri, profondi e originali del popolo coreano.


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© Valerio Anselmo