Matrimoni e compleanni
di Emiliano Pennisi
emiliano0117@yahoo.it

Ecco un altro simpatico e divertente contributo di Emiliano Pennisi che, dalla Corea, ci illustra alcuni usi e costumi dei coreani moderni. Un'interessante analisi, curiosa e attenta, di un modo di vivere che oggi vuole imitare l'Occidente, ma che, sotto sotto, resta pur sempre legato alle antiche tradizioni.


Matrimoni

In Corea accade spesso che la vita delle persone sia segnata ogni giorno da avvenimenti decisamente insoliti rispetto al nostro punto di vista. Un matrimonio, un compleanno sono motivi di festa e vengono celebrati così come facciamo noi ma, come spesso accade nella cultura di questo Paese, ciò avviene in modo diverso.
Attualmente circa un quarto dei coreani è cristiano e ciò fa sì che i matrimoni in chiesa non siano così rari. La celebrazione è simile a quella italiana nel caso in cui gli sposi siano cattolici, mentre la differenza principale è costituita dal “prima” e dal “dopo”.

Gli sposi nel costume tradizionale

Quando mi capitò di essere invitato alle nozze di un caro amico di mia moglie, pensai che, dopo la messa, la nuova coppia sarebbe andata a fare le foto di rito. Magari sulla piazza del Comune con il Municipio di Seoul, uno dei pochi edifici rimasti in piedi dalla fine della guerra. Magari nel grande parco del palazzo di Gyeonbokgung, antica residenza dei sovrani della dinastia Choson, un'oasi di pace e silenzio incorniciata dai grattacieli e dal traffico caotico della capitale.

Invece no! Un mese circa prima di sposarsi i fidanzati trascorrono un'intera giornata con una troupe di fotografi presa in affitto e che si occupa anche di trovare un bel posto fuori città, in riva a un lago o in un qualche piccolo villaggio della campagna coreana.
Così i futuri sposi realizzano il loro bell'album fotografico da mostrare poi a parenti ed amici, in cui non manca mai una loro foto scattata mentre siedono sorridenti sui binari di una ferrovia, metafora della vita come sentiero da percorrere insieme, molto cara ai coreani.

Ma chi non è cristiano?

In Corea oltre al rito civile, che si svolge nelle sedi comunali locali (a Seoul provvedono i vari Distretti “gu” e le varie circoscrizioni, “dong-samuso”), esiste un altro modo di sposarsi molto di moda tra la gente. In un albergo di lusso o, più spesso, in uno dei tanti modernissimi edifici costruiti proprio per accogliere importanti ricorrenze, la nuova coppia può affittare una grande, elegante sala con i posti a sedere per gli invitati.

Una coppia di anatre, simbolo di fedeltà, che gli sposi ricevono nella cerimonia tradizionale

All'ingresso degli sposi, tra una gran confusione di persone e di voci, uno speaker ne annuncia i nomi e li invita, lentamente, a percorrere la distanza che li separa dall'ufficiale di stato civile che li attende in piedi al centro di una piccola orchestra.
Il cammino è attentamente sorvegliato da un drappello di hostess in divisa e mentre alcune di loro sorreggono il lungo velo della sposa, altre alzano al cielo delle spade simili a quelle dei cadetti militari fino a formare un arco, permettendo così agli sposi, di procedere tra due ali di folla festante.

Tutto questo mentre in un'altra lussuosa sala a pochi passi da noi, le famiglie di un'altra coppia commentano con soddisfazione il matrimonio dei propri figli, conclusosi pochi minuti prima che il nostro iniziasse.
Il banchetto è offerto nello stesso palazzo, in una sala da pranzo allestita a buffet in cui gli invitati si servono da soli a dei grandissimi tavoli facendo diligentemente la fila e riempiendo il proprio piatto di ogni sorta di cibo coreano e internazionale. I camerieri rimangono fermi, ognuno al proprio posto e si muovono solo per portare nuovi vassoi di cibo e per servire le bevande.

Un biglietto di annuncio del matrimonio, in stile simil-occidentale

Come al solito, anche se spesso le nozze si celebrano nella tarda mattinata o nel pomeriggio, molte bottiglie di soju e di birra vanno e vengono dai tavoli…

Noi in Italia siamo abituati ad attendere gli sposi prima di mangiare, per consentire loro di fare un po' di belle fotografie accanto ai monumenti famosi delle nostre città. Inoltre il ristorante spesso non si trova nei pressi della chiesa o del comune. Nella mia vita non sono mai stato ad un pranzo di matrimonio vicino al Campidoglio, storica sede del Comune di Roma. Nei banchetti nuziali coreani invece, capita sempre di mangiare a pochi metri dal luogo in cui si era celebrato il rito e, cosa davvero sorprendente, c'è chi se ne va prima dell'arrivo degli sposi avendoli a malapena salutati!

Compleanni

Parlare del compleanno non è semplice dato che, ancora oggi, i coreani danno molta importanza al calendario lunare e solo le nuove generazioni hanno cominciato a ricordare la data di nascita presente nei documenti di identità che, a volte, non è nemmeno quella vera.
Fino a trenta o quaranta anni fa, infatti, accadeva che alla nascita di un bambino, i genitori attendessero cento giorni prima di registrarlo all'anagrafe e questo perché ancora negli anni '70 la povertà di una famiglia in Corea non assicurava la sopravvivenza dei figli. La data riportata nei passaporti, è spesso relativa proprio al centesimo giorno di vita.

Un bambinetto in costume tradizionale nel giorno del compleanno

Così, mentre i giovani festeggiano ormai la loro nascita alla maniera occidentale, le persone di una certa età rimangono legate alla luna che regala loro, ogni anno, il compleanno in un giorno diverso.
Alcuni compleanni sono più importanti di altri e così i primi cento giorni di un bambino ed il suo primo anno di vita, i sessanta e i settanta anni di un genitore o di un nonno, vengono ricordati in grande stile.

Una cara amica di mia moglie e i sessanta anni della sua mamma furono l'occasione per me di vedere “dal di dentro” un evento al quale non avrei potuto assistere altrimenti, data la sua intimità. Una volta giunti al luogo che ci era stato indicato, vidi con mia grande sorpresa che si trattava dello stesso palazzo in cui eravamo stati per le nozze di un caro amico di mia moglie alcune settimane prima.
Non era in effetti proprio lo stesso posto ma, come poi ebbi modo di capire, a Seoul c'erano moltissimi di questi moderni edifici chiamati “Wedding and Birthday Halls”, praticamente uno uguale all'altro, con le medesime eleganti sale per gli invitati e per i banchetti, le stesse bellissime hostess in guanti bianchi, l'orchestra dal vivo, i fotografi che non vedevano l'ora di finire il loro lavoro per andare a pranzo, e la stessa grande confusione di persone tra un evento e quello successivo.

All'estremità di una grande sala piena di parenti ed amici trovammo l'amica di mia moglie vestita con un bellissimo hanbok e attenta a sistemare, assieme ad altri indaffaratissimi familiari, dei grandi piatti di frutta e altri cibi su un grande tavolo al quale era già seduta la mamma. Anche lei indossava l'abito tradizionale e alle sue spalle campeggiava una grande scritta in coreano, ma con molti caratteri cinesi, un augurio di buon compleanno e i complimenti per aver completato il primo ciclo della vita che per i coreani dura appunto sessanta anni.

Il tavolino a cui si siede il festeggiato per la cerimonia del sessantesimo compleanno

Dopo vari cerimoniosi saluti e profondi inchini a destra e a manca, godemmo di una buona cena e di un'ottima compagnia fino a quando, tra gli applausi e le approvazioni degli invitati, fecero il loro trionfale ingresso una bellissima torta e l'immancabile macchina del karaoke (ma è meglio chiamarla “norebang”). E così anche io, con la mia fetta di torta nel piatto, ho cantato in coreano dando alle persone che mi osservavano sorprese, qualcosa di nuovo da raccontare al loro ritorno a casa.

Prima della fine della festa, uno speaker annunciò in modo solenne il nome della festeggiata pregando uno alla volta i figli e i parenti, di rivolgerle qualche parola e di inchinarsi dinanzi a lei. Quando venne il momento degli amici e dei conoscenti, fui chiamato dallo speaker il quale volle ad ogni costo presentare alla signora questo ospite straniero in un giorno così importante. Me la cavai con il solito inchino e con una stretta di mano.
E così, insieme a mia moglie, alla sua amica e alla mamma, protagonista di oggi, finii per essere l'obiettivo di tutte le macchine fotografiche presenti in sala e, mio malgrado, una specie di “guest star” dell'evento. Ad uno straniero in Corea capita anche questo!


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© Valerio Anselmo