Sulle tracce di un ricordo: il Parco del 19 aprile
di Emiliano Pennisi
emiliano0117@yahoo.it

Una passeggiata a respirare un po' di aria pura sulle colline attorno a Seul ha portato il nostro Pennisi a ricordare e parlarci di uno degli episodi più dolorosi della storia sudcoreana del dopoguerra, la rivolta studentesca del 19 aprile 1960.

Nota: Cliccando su un carattere cinese studiato nelle scuole medie ne viene visualizzata la scheda.


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uella mattina avevo appuntamento con un sacerdote coreano. Da qualche tempo ci conoscevamo e io lo incontravo ogni settimana per dargli lezioni private di italiano. Come le altre volte, sarei dovuto andare a casa sua alle dieci di mattina nella zona di Suyu-dong, una tranquilla periferia nella parte nord orientale di Seul con una bella vista su alcune delle montagne che circondano la città.

Allineate nel Parco del 19 aprile, le lapidi funerarie di
decine e decine di studenti, professori e comuni
cittadini, uccisi dalla polizia il 19 aprile 1960 a Seul
(questa foto è stata scattata d’estate)

Appena il tempo di bussare alla sua porta e il mio amico mi disse di aver bisogno di un po’ d’aria fresca. Al posto della lezione mi propose di fare una passeggiata in un parco poco lontano. Accettai volentieri. La giornata era molto bella, nonostante il freddo.

Lungo la strada padre Kim mi spiegò che quello in cui stavamo andando non era un parco come gli altri anche se le persone che abitano in questa zona ci andavano per fare sport o più semplicemente per prendere una boccata d’aria buona, un’impresa certo non da poco in una città così inquinata come Seul.

Il monumento del “Parco del 19 aprile” dedicato ai caduti
della rivolta studentesca del 19 aprile 1960 contro il
dittatore Syngman Rhee

Entrammo, ma la mia prima impressione fu proprio quella di essere in un qualunque giardino pubblico come ce ne sono tanti nella capitale.

La neve caduta abbondante nei giorni precedenti copriva ancora i bei viali alberati e qualche signore di mezza età era concentrato nella sua ginnastica mattutina.

Proseguendo il cammino però, il paesaggio divenne sempre più ampio fin quando arrivammo in un grande spazio aperto con una grande stele, una costruzione in marmo molto alta che aveva tutta l’aria di essere un monumento ai caduti.

Presentiamo qui di seguito anche alcune fotografie
di quella tragica giornata. Il sito ufficiale dedicato ai
moti del 19 aprile 1960 è quello, solo in coreano,
della “Associazione della rivolta popolare del
19 aprile” (4.19민주혁명회
sito web: http://www.419revolution.org)

Tante lapidi allineate in file ordinatissime e avvolte in un silenzio irreale facevano da cornice ad altrettante tombe e le fotografie, un bianco e nero sbiadito dal tempo, rivelavano volti di giovani ragazzi.

“Chi è sepolto qui”? chiesi al sacerdote dopo qualche esitazione.

“Tutti gli studenti e i professori morti durante i moti del 19 aprile. Ne hai sentito parlare?” – mi rispose a voce bassa, come lo facesse per non disturbare il loro riposo.

Questa e le altre foto della rivolta studentesca
qui presentate sono pubblicate dalla “Associazione della rivolta popolare del 19 aprile

Sì, avevo sentito parlare di quella storia, forse avevo anche letto qualcosa al riguardo, ma non me ne ero interessato molto. Fino ad oggi.

Così, una semplice passeggiata in una mattina d’inverno mi ha aperto le porte di un ricordo, una delle pagine più drammatiche della Corea del Sud del dopoguerra.

Mentre camminavamo in silenzio tra le tombe ricoperte di neve, mi sembrava quasi di sentire le voci di quei ragazzi che il 19 aprile 1960 manifestarono a Seul contro il vecchio dittatore Yi Seungman [Syngman Rhee (n.d.r.)]. L’anziano uomo politico era accusato di aver vinto le elezioni del 15 marzo con dei brogli e così un ampio movimento di protesta composto da molti giovani, ma anche da professori universitari, si diresse, proprio il 19 aprile, verso il palazzo presidenziale. L’esercito ebbe ordine di sparare e in quel giorno oltre cento [cifre ufficiali: 125 (n.d.r.)] persone persero la vita nelle strade di Seul.

L’eco di quella giornata risuonò di nuovo nella mia mente quando entrammo in un edificio in stile antico che ospitava centinaia di grandi fotografie, l’ultimo ricordo rimasto delle vittime di cui si era ritrovato il nome e di quelle rimaste anonime. Dinanzi ad un altare con molti bastoncini di incenso accendemmo anche i nostri e restammo lì in raccoglimento prima di riprendere la via di casa.

Prima di uscire però, ci fermammo a dare un’occhiata al Museo del 19 aprile, piccolo, ma molto ben organizzato come accade spesso con i musei coreani. Attraverso molti video, alcuni documenti dell’epoca, e ricostruzioni di vita quotidiana davvero realistiche, il visitatore può calarsi negli avvenimenti e avere così un’idea precisa di ciò che accadde durante quei giorni di primavera di tanti anni fa.

Un luogo da visitare, a mio parere, il Parco del 19 aprile, se si ha un po’ di tempo in più quando si è in vacanza a Seul. Ma anche un luogo da scoprire o da riscoprire per uno straniero che vivendo qui voglia conoscere una delle pagine forse meno note della storia coreana recente.


Altre informazioni sul Parco del 19 aprile sono disponibili (in inglese) all’indirizzo: www.geocities.com/boognish55407/page3.html.

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© Valerio Anselmo