Una delle cose che quasi mezzo secolo fa colpiva di più un giovane occidentale sbarcato a Seul, oltre alla bellezza della popolazione femminile, era l’abito tradizionale, hanbok, allora ancora usato dalla maggior parte delle donne coreane. Un elemento importante di questo vestito erano le graziose scarpe a barchetta, con la punta rivolta all’insù, di cui parla questo articolo. Un’altra delle tradizioni tipiche coreane che vanno scomparendo. | |||||||||||||||
![]() Hwang Hae-bong ha dedicato la propria vita alla riproduzione di vari stili di scarpe tradizionali che stavano per scomparire per sempre. L’ abito tradizionale coreano, hanbok, viene talvolta chiamato “abito del vento”. Ed, effettivamente, le sue linee morbide e le sue curve graziose ricordano una brezza gentile. Allo stesso modo, le scarpe di cuoio tradizionali della Corea, hwa (stivaletti) e hye (scarpe basse), possono essere chiamate “scarpe del vento”. Per le scarpe hye, la curva naturale che va dal collo della scarpa al tacco è simile all’elegante curvatura del bordo inferiore della manica del jeogori, la giacchetta tradizionale in stile coreano. E le punte appuntite hanno lo stesso fascino delle calze coreane (boseon) dalla forma così aggraziata. Oggigiorno, però, queste eleganti scarpe di cuoio sono diventate praticamente obsolete, con il calzolaio Hwang Hae-bong che è rimasto l’unica persona con le conoscenze e l’esperienza che gli permettono di produrle ancora. L’ultimo artigiano rimasto di questo arcano mestiere, Hwang è il nipote di Hwang Han-gap, ora defunto, primo calzolaio tradizionale a essere designato “Importante proprietà culturale intangibile”. Il nipote non solo ha ereditato il mestiere di famiglia, ma ha anche aiutato a riportare in vita varie forme di calzature tradizionali che si possono altrimenti ammirare solo in mostra nei musei. | |||||||||||||||
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Nella poesia “Azalee” ( | |||||||||||||||
Sulle orme del nonno![]() Le scarpe da donna sono decorate con simboli della longevità ricamati. Durante il periodo Joseon (1392-1910), l’arte del fabbricare le scarpe comprendeva artigiani che si specializzavano in hwa (scarpe a stivaletto) e in hye (scarpe basse). Gli antefatti di questi due stili di calzature hanno le loro radici nei tempi preistorici, quando le popolazioni delle aree settentrionali della penisola coreana che viaggiavano a cavallo indossavano stivaletti, mentre gli abitanti dei villaggi agricoli del meridione indossavano calzature più semplici, fatte di cuoio o di paglia. Col tempo, lo stile delle calzature si è evoluto in simboli sociali e di moda, che riflettevano la posizione nella società di chi le indossava. Un riferimento dall’antico regno di Goguryeo (37 a.C.-668 d.C.) menziona le hwa, decorate con seta e oro, cosa che indica come le scarpe venissero attentamente confezionate e valutate molto a Goryeo (918-1392), un periodo noto per la raffinatezza delle proprie arti e della propria cultura, in cui abili artigiani venivano ingaggiati dallo stato. Durante il periodo Joseon, l’ufficio governativo che gestiva gli artigiani della nazione manteneva una forza di lavoro di 16 artigiani hwa e 14 artigiani hye. Il fu Hwang Han-gap fece le calzature tradizionali per l’imperatore Gojong (r. 1863-1907) e per i membri dell’ultima famiglia reale della dinastia Yi di Joseon. Nella Corea moderna, divenne il primo calzolaio tradizionale a essere designato “Importante proprietà culturale intangibile” nel 1971. A differenza del proprio nonno, che si era specializzato nella fabbricazione di scarpe hwa, il cinquattottenne Hwang Hae-bong produce scarpe del tipo hwa e del tipo hye. Fin da quando è stato designato “Importante proprietà culturale intangibile” (numero 116) nel 2004, Hwang è stato l’unico produttore di scarpe tradizionali. Suo padre, Hwang Deung-yong, ora defunto, stava imparando il mestiere da suo padre, ma morì qualche tempo fa. ![]() “Con nessun altro che fa questo tipo di lavoro, mi sento sempre solo. Ma penso che la solitudine sia la migliore amica di un artigiano. Un artigiano non è mai soddisfatto del proprio lavoro. E ne riceve poco piacere nel sentirsi lodato. Invece, rimane spesso sbigottito nello scoprire anche il più piccolo difetto nelle sue creazioni. Inoltre, questo non è un lavoro che faccia guadagnare una quantità di denaro. Ho sentito che gli ultimi giorni di grande successo sono stati quando mio nonno era giovane. Dopo il collasso del sistema statale, si ebbe una grande richiesta di danghye, le scarpe da donna di cuoio con decorazioni di arabeschi, e di unhye, le scarpe da donna di cuoio con motivi di nubi, dal momento che molta gente comune fu attirata dalla possibilità di indossare queste scarpe che erano state a lungo una prerogativa esclusiva della nobiltà. “Ma questo successo fu di breve durata. Dopo poco tempo, il mercato fu inondato da scarpe di gomma prodotte in massa, oltre che da scarpe di stile occidentale, che entrarono rapidamente in Corea quando il paese aprì le porte all’Occidente. La maggior parte dei calzolai dovette cercarsi un altro lavoro. Cinque generazioni della mia famiglia, dal mio trisavolo ai suoi due figli, mio bisnonno, mio padre e io, hanno fabbricato scarpe tradizionali per vivere. Al mio tempo, però, nessuno considerava questo come un lavoro promettente, e così io pensai che la tradizione sarebbe presto scomparsa se io gli avessi voltato le spalle. Fu in queste condizioni disperate che cominciai a imparare il mestiere, seriamente, da mio nonno. Allora avevo 16 anni.” Dopo circa 42 anni di creazione di scarpe tradizionali, Hwang Hae-bong sente di poter ora capire perché suo nonno perseverò, anche quando altri artigiani avevano rinunciato. Suo nonno continuò a lavorare dopo essersi ritirato dalla sua routine quotidiana, dando consigli a suo nipote fino a quando non ebbe oltre 90 anni. Suo nonno era solito accettare un numero limitato di ordini, per i danghye e i taesahye (le scarpe di cuoio basse maschili), perché non poteva permettersi di tenere nel suo laboratorio una gran varietà di materiali. Per quanto concerne il nipote Hwang, questi si dedica volentieri a ricreare oggetti rari, come le calzature che si vedono solo nei musei o quelle descritte nei testi antichi. “Ho fatto dei jeokseok e dei cheongseok, dei quali restano solo tre paia. Queste sono le scarpe che indossavano i re e le regine del periodo Joseon durante le cerimonie reali. I jeokseok, o “scarpe rosse”, erano per il re, mentre i cheongseok, o “scarpe blu” erano per la regina, con i colori che si basavano sui principi yin-yang. Sono stato al Museo Sejong e al Museo del Palazzo Reale per studiare le scarpe blu della regina, che sono fatte di cuoio e coperte di seta satinata di colore blu scuro e foderate di cotone bianco, con un tassello sulla punta e un risvolto alla caviglia. Le scarpe del re sono simili, tranne per il colore, che è rosso. L’unico paio rimasto è in mostra al Museo Elcanto. Le mie riproduzioni di queste due paia di scarpe mi hanno valso il Premio presidenziale alla Competizione dei mestieri tradizionali nel 1999.” La sua appassionata dedizione a questa tradizione che va scomparendo ha portato Hwang a far rivivere vari altri tipi di calzature, fra cui i mokhwa, stivaletti maschili di pelle di daino con suola di legno, i heukhye, calzature di flanella nera dei monaci buddisti, e i yuhye, calzature impermeabili fatte di cuoio trattato con l’olio. | |||||||||||||||
Un procedimento con 72 operazioni![]() Scarpe da donna in cuoio (kkotsin, o “scarpe a fiori”), ornate con disegni decorativi. Durante il periodo Joseon, la gente indossava più di 20 tipi diversi di scarpe, a seconda del genere e dello stato sociale di chi le indossava, oltre che in base alla stagione e alle varie occasioni. Mentre il re e la regina indossavano jeokseok e cheongseok, gli ufficiali di corte indossavano stivaletti hwa con il costume formale. Gli stivaletti erano fatti di pelle di daino, di pelle di agnello o di seta, mentre, per i giorni di pioggia ve n’era un tipo resistente all’acqua (suhwaja). Il termine hye si riferisce a una varietà di scarpe piatte con tomaia bassa, indossate soprattutto da uomini e donne della classe nobile. Vi era anche il taesahye, un tipo di scarpa indossato da nobiluomini, che aveva una tomaia più alta e bordi ornati di strisce di seta o di pelle di agnello. La zona dell’alluce era larga e alta, con il tallone decorato con arabeschi di tralci. I danghye erano un tipo di scarpe da donna decorate di eleganti motivi di spire ornamentali, mentre gli unhye avevano un pezzo a forma di foglia di bambù attaccato alla punta e una forma elegante che era spesso paragonata al becco di una rondine. Altri tipi comprendevano scarpe di cuoio nero (heukpihye), stivaletti per la pioggia di cuoio oliato (yuhye), scarpe per l’inverno con una fodera di felpa per mantenere il calore (onhye), e poi le semplici calzature di paglia della gente comune. “Per fare un paio di unhye, ci vogliono cinque giorni solo per preparare i materiali, e da tre a sette giorni per finire, lavorando da sei a sette ore al giorno. E il procedimento comprende 72 operazioni. Ognuna di queste operazioni richiede un lavoro manuale specializzato, ma la più importante è quella di unire perfettamente la suola con la parte superiore della scarpa. Nel cucire queste due parti fra loro bisogna stare particolarmente attenti. L’essenza delle scarpe tradizionali è il bilanciamento delicato, che può essere raggiunto quando il procedimento di legatura è perfetto. Dal momento che la suola è leggermente più piccola della parte superiore della scarpa, quando li si cuce assieme, è necessario che i punti siano più ampi lungo il corpo della scarpa e più stretti lungo la suola. Se questo non viene fatto in modo preciso, la suola risulterà deformata e la punta della scarpa sarà disallineata. ”La scarpa hye è caratterizzata da una curva graziosa lungo il suo spigolo, da una bassa tomaia dietro all’altezza del tallone, che viene creata da un’imbottitura rigida attaccata al cuoio. L’imbottitura viene preparata incollando assieme vari strati di cotone e ramie, o cotone e tessuto di canapa, che viene poi esposto agli elementi naturali della rugiada mattutina, alla luce diretta del sole e all’aria fresca. Quando l’imbottitura diventa rigida come una tavola in seguito a vari cicli ripetuti di esposizione all’umidità e all’asciugatura, viene tagliata per formare un motivo e poi viene attaccata a raso di seta o a un altro materiale di copertura esterna. I bordi superiore e inferiore del corpo della scarpa sono legati con nastro tagliato di sbieco e poi cuciti assieme. Pezzi di tessuto attaccati ai lati servono come sostegni per rinforzare la forma desiderata. Poi si taglia il tessuto di lino interno e lo si attacca dentro con colla di riso. L’ago usato per cucire è una setola di orso selvatico. Mentre mostra il suo ago di setola d’orso, Hwang spiega: “Gli aghi di acciaio sono troppo rigidi e lasciano dei segni brutti, mentre un ago di setola è robusto e flessibile. Questo è l’ago perfetto per cucire le scarpe tradizionali.” Da notare, l’ago di setola d’orso viene infilato sulla punta, invece che sulla base, il che tuttavia permette di ottenere una connessione senza giunti. Dopo dozzine di passaggi, due strati del materiale vengono tagliati e collegati per fare la suola. Una volta che la suola e il corpo della scarpa sono stati cuciti assieme, la scarpa viene montata su una forma da scarpe e le viene data la forma con un mazzuolo di legno. Le scarpe vengono poi fatte asciugare su un fuoco di carbone. Alla fine, le scarpe risultano completate dopo che sulle cuciture sia stata sfregata della polvere di talco. | |||||||||||||||
![]() Sei generazioni“Quando si taglia una forma di cuoio seguendo un disegno, la si deve tagliare rapidamente, con mano ferma e decisa. Si ha bisogno di abilità e forza. Quando ero più giovane, potevo tagliare con facilità del cuoio spesso. Non ho neppure ora dei problemi con il procedimento di taglio, ma quando faccio una cucitura con punti ravvicinati i miei occhi si affaticano. È semplicemente una cosa naturale, dal momento che mi sto avvicinando ai 60 anni. Ma non mi fa paura mettermi in pensione perché il mio secondo figlio mi succederà, il che mi dà una grande pace mentale.” I suoi due figli, Deok-seong (31) e Deok-jin (29), sono i suoi principali sostenitori, che hanno osservato il loro padre al lavoro fin da quando erano piccoli. Il figlio più giovane è più abile ed è stato perciò scelto per succedere al padre, il che significa che ancora almeno una generazione della famiglia Hwang si trova a posto per portare avanti il mestiere di calzolaio tradizionale. Quando il nostro fotografo volle prendere una fotografia del padre e dei figli assieme al lavoro, Hwang rifiutò dicendo: “Mio figlio sta ancora imparando alla perfezione ognuno dei 72 passi. Senza avere ancora completato un paio di scarpe tutto da solo, non dovrebbe essere ancora riconosciuto come artigiano.” e continuò spiegando: “Quando noi facevamo delle scarpe tradizionali, non facevamo distinzione fra la destra e la sinistra. Una scarpa in sé stessa forma una simmetria perfetta con il suo lato opposto. La distinzione emerge e diventa più chiara quando a ciascuna scarpa viene data la forma del contorno del piede di chi la deve indossare.” Hwang ora continua a seguire la trasformazione naturale di suo figlio in un vero artigiano attraverso un duro lavoro continuo e una dedizione personale al proprio mestiere. | |||||||||||||||
Tratto da “Shoemaker Hwang Hae-bong Handcrafts Shoes of the Wind”, in Koreana, vol.23, n.4, inverno 2009. Testo di Park Hyun-Sook. Foto di Ahn Hong-beom. Pubblicato con autorizzazione della Korea Foundation, che si riserva il copyright sull’intero contenuto della rivista. Riferimento: Koreana. |
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© Valerio Anselmo