Dopo aver studiato l'esercizio precedente, si può passare all'analisi del testo riportato in questa pagina. È tratto sempre dallo stesso libro di lingua della prima elementare edito a Seul nel 1965. Il titolo del brano è
L'immagine mostra com'era il cortile e il tetto delle case di abitazione normali in Corea, e anche a Seul, nel 1965. Oggi l'aspetto della città di Seul è molto cambiato e ha perso un po' di quel fascino che si sprigionava dalla distesa di casette basse circondate da un muricciolo, da cui era composta la maggior parte della città. Allora le stradine che correvano fra le case erano molto strette e vi potevano passare solo i pedoni. Di conseguenza le varie zone residenziali erano estremamente tranquille e silenziose. Questo secondo esercizio presuppone che si sia già studiato il primo esercizio introduttivo, al quale si può tornare cliccando su questa scritta. Trattandosi di un esercizio di livello un po' superiore, ci si limiterà alla segnalazione delle particolarità più notevoli della pronuncia o della lingua e all'elenco del significato delle parole in cui ci si imbatte. Alla fine, come al solito, viene fornito il significato complessivo delle due paginette. Anche questa pagina, naturalmente, si può stampare per poterla consultare con più comodo su carta. |
AnalisiPagina a sinistra![]() Prima riga: 눈이 왔어요.눈 (nun), come si è già visto, è la neve. Per quanto concerne 왔어요, la prima sillaba 왔 (wass) deriva dall'unione della radice verbale 오 (o) che significa “venire” con il suffisso del passato 았 (ass). 요 (yo) è una desinenza verbale finale che indica familiarità con la persona a cui ci si rivolge: è la desinanza verbale più comune, tanto che, quando si sente parlar fra loro dei coreani, quello che colpisce di più è questa sillaba finale “yo”. Tra la prima sillaba (왔) di 왔어요 (wassŏyo) e l'ultima (요) vi è inserita una sillaba eufonica 어 (ŏ). 왔어요, quindi, significa “è venuto”, “è venuta”, “sono venuti”, “sono venute”, a seconda del soggetto. Il significato della prima riga: 눈이 왔어요. (nuni wassŏyo) Seconda riga: 하얀 눈이 왔어요.La frase è identica alla precedentre, tranne la prima parola 하얀 (hayan), un aggettivo che significa “bianco” (in coreano gli aggettivi sono coniugabili come i verbi e questo è il participio presente dell'aggettivo “essere bianco”). A differenza dell’italiano che preferisce posporre l’aggettivo alla parola a cui si riferisce, in coreano l’aggettivo viene invece premesso al termine a cui è collegato. Il significato della seconda riga: 하얀 눈이 왔어요. (hayan nuni wassŏyo) Terza riga: 나무 가지도 하얗고La parola 나무 (namu) significa “albero”, “alberi”, o anche “legno”. Il termine 가지 (kaji, pronunciato cagì all'italiana) significa “ramo”, “rami”. Il fatto che la parola “alberi” si trovi posta prima della parola “rami” denota la presenza di un genitivo, cioè di un complemento di specificazione. 나무 가지 significa infatti “i rami degli alberi”. La parola successiva, 도 (to) significa “anche” e qui si pronuncia do perché è preceduto da vocale. Nella scrittura si unisce alla parola che lo precede, senza spazio intermedio. Nella traduzione italiana a volte si può trascurare, specialmente se la frase termina con la congiunzione “e”. La parola finale di questa frase, 하얗고 (hayak'o) significa qualcosa come “è bianco e”, “sono bianchi e”. Questa “e” vuole indicare che la frase non è finita. Però qui, come si vede, nonostante il fatto che la frase finisca in quel modo, dopo la “e” viene un punto che chiude la frase. Il fatto è che la sillaba finale 고 non è una congiunzione come la nostra “e”, ma una terminazione verbale e aggettivale che indica piuttosto una sospensione del concetto espresso, un qualcosa che si potrebbe rendere da noi con tre puntini (...). La pronuncia della consonante iniziale ㄱ (k) di quest'ultima sillaba diventa, nella pronuncia, fortemente aspirata (ko > k’o) a causa della consonante aspirata ㅎ (h) che la precede e si intensifica, come se si trattasse di pronunciare kk'o con due k e l'aspirazione. 하얗 è la radice dell'aggettivo “essere bianco”, mentre la terminazione 고 (ko) è, come si è detto, una desinenza verbale (e aggettivale) che indica una sospensione e che si solito fa presupporre la presenza di un altro verbo o aggettivo successivo. Il significato della terza riga 나무 가지도 하얗고 (namu kajido hayak'o) Quarta riga: 기와 지붕도 하얗고È una frase molto simile alla precedente e lascia capire che i bambini che vedono la neve passano di stupore in stupore. 기와 (kiwa) significa “tegola” o “tegole”. La trascrizione wa indica il dittongo uà dell'italiano. 지붕 (chibung) significa “tetto” e si pronuncia all’italiana come cibùng, dove la ng finale ha il suono della n di “unghia” (è una “n velare”). Anche se nella trascrizione viene usata una g finale, questa serve solo a dare il suono di velare alla n che la precede, ma non viene pronunciata. La lettera che prende questo suono di n velare è la stessa lettera ㅇ che abbiamo già visto usata in posizione iniziale di sillaba, dove però era muta (cioè non aveva alcun suono). In posizione finale di sillaba quella stessa lettera assume il suono di n velare. Per chi fosse curioso, si dirà che al momento della creazione dell'alfabeto erano state inventate due lettere diverse, anche se molto simili nella scrittura, una che rappresentava quella che è ora la “consonante” muta in posizione iniziale di sillaba grafica (che aveva appunto la forma grafica attuale) e l'altra che rappresentava invece effettivamente la n velare e che era un pallino con un’asta verso l’alto. Con l'andar del tempo, però, i due suoni hanno adottato entrambi la stessa lettera, visto che, comunque, la posizione nella sillaba indicava chiaramente quale fosse il suono rappresentato dalla lettera ㅇ. Da notare che la posizione della parola 기와 che indica le “tegole”, che precede il termine 지붕 “tetto”, non rappresenta (logicamente) il complemento di specificazione, ma il complemento di materia. In italiano si traduce comunque sempre con “di”: “tetti di tegole”. 도 (to), letto do e con il significato di “anche”, l'abbiamo già visto prima. Viene pronunciato do perché la consonante 하얗고 (hayak'o) l'abbiamo già visto prima. Questa riga 기와 지붕도 하얗고 kiwa chibungdo hayak'o Il significato della prima pagina sarà allora:È venuta la neve. Pagina a destra![]() Prima riga: 눈이 왔어요.Questa prima riga è identica alla prima riga della pagina a sinistra, per cui non ci dilungheremo a ripetere quanto già detto. Seconda riga: 밤 새 몰래 왔어요.Vediamo i vocaboli nuovi. 밤 (pam) qui significa “notte”. 새 (sae) in questo caso è una contrazione di 사이 (sai) che significa “intervallo” e che si può quindi tradurre con “durante”. 밤 새 sarà allora “durante la notte”. 몰래 (mollae) è un avverbio che significa “di nascosto”. 왔어요 (wassŏyo) l'abbiamo già esaminato in precedenza e non ha quindi bisogno di ulteriori spiegazioni. Il senso della seconda riga 밤 새 몰래 왔어요 pam sae mollae wassŏyo Terza riga: 소복소복 쌓였어요소복소복 (soboksobok) è un avverbio onomatopeico che vuole rappresentare il “suono” soffice della neve che si accumula silenziosamente. Gli avverbi di questo tipo sono numerosi in coreano e normalmente si tratta di un suono ripetuto due volte, come in questo caso. Di solito sono difficili da tradurre perché l'italiano scarseggia di suoni onomatopeici. Qui potremo tradurlo con “silenziosamente” o con “pian piano”, tenendo però presente che in coreano c'è anche il concetto di “accumularsi”. 쌓였어요 (ssahyŏssŏyo) significa “si è accumulata”. La radice verbale è 쌓이 (ssahi) che significa “accumularsi”. Il suffisso del passato 었 (ŏss) si fonde con la seconda sillaba 이 (i) del tema verbale e dà luogo alla sillaba 였 (yŏss). Il resto della desinenza verbale è già stato esaminato in precedenza. La terza riga 소복소복 쌓였어요 soboksobok ssahyŏssŏyo Quarta riga: 장독 위에 쌓였어요장독 (changdok), pronunciato all'italiana come ciangdòk (con il digramma ng che rappresenta la n velare, come si è detto, e con la k finale implosiva), significa “giara” o “giare”. Si tratta dei contenitori di terracotta in cui si mette il kimchi per l'inverno. Per noi la parola “giara” non risveglia quasi alcun ricordo, ma per i coreani invece fa parte del quotidiano in quanto nelle giare tengono tutte le salse e i contorni per i pasti, in particolare il kimchi. Le due sillabe 위에 (wie) significano “sopra” e si pronunciano come uié. In realtà, andando a vedere da vicino, questo avverbio è costituito da due parti ben distinte: 위 (wi) che significa “parte superiore” e 에 (e) che significa “in” o “nel”. 에 l'abbiamo già visto nell'esercizio precedente dove l'avevamo tradotto con “a”. 쌓였어요 (ssahyŏssŏyo) è lo stesso verbo finale già visto (“si è accumulata”). Il significato dell'ultima riga 장독 위에 쌓였어요 changdok wie ssahyŏssŏyo Il significato della seconda pagina sarà allora:È venuta la neve. |
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© Valerio Anselmo