I l Ch’ŏnggyech’ŏn ( ![]() Una foto delle capanne costruite sul In seguito questo corso d'acqua fu coperto, ma nel luglio 2003 si è iniziato un progetto di ristrutturazione che prevede la scopertura del Ch'ŏnggyech'ŏn e la ricostruzione di vari ponti che in precedenza permettevano di attraversarlo. Questi ponti di pietra, una dozzina in tutto, alcuni dei quali risalenti al quindicesimo secolo (e purtroppo andati tutti perduti, tranne uno), erano molto apprezzati dagli abitanti di Seul, che amavano percorrerli e sostarvi. Ecco qui due interessanti brani che hanno i ponti del Ch'ŏnggyech'ŏn come sfondo. |
L'avventura di Yi An-nulL'usanza di “camminare pesantemente sui ponti” si basava sulla credenza che, se si fossero attraversati tutti i 12 ponti sotto la prima luna piena, ciò avrebbe allontanato le malattie e la sfortuna per tutto l'anno. Nel giorno della luna piena del primo mese del calendario lunare, ricorrenza chiamata Chŏngwŏl daeborŭm ( Yi An-nul ( In questa antica mappa di Seul, si vede Più tardi, Yi An-nul si svegliò e fu sconvolto nel trovarsi in una strana camera e a letto con una giovane donna sconosciuta. In fretta e furia si rivestì, si mise in testa il cappello e cercò di sgattaiolare via. Ma la giovane donna lo afferrò per i calzoni e si strinse a lui. Yi era sconcertato: anche se involontariamente, aveva comunque passato la notte con la donna e doveva considerare la situazione di lei. Si era un'epoca in cui le pratiche sociali erano estremamente severe, specialmente nei riguardi delle donne: sconosciuti di sesso diverso non avrebbero potuto neppure parlarsi. La donna voleva suicidarsi per aver passato la notte con uno sconosciuto, ma il suo coraggio venne meno nel pensare ai propri genitori che l'avevano allevata con tanto amore. Così, chiese a Yi di portarla via con sé. Dopo averci pensato su un po', Yi la portò da una sua zia che viveva da sola nel quartiere di P'il-dong e le chiese di prendersi cura della donna fino a quando lui non avesse superato i kwagŏ ( |
Punizione dei funzionari corrottiDurante il periodo Chosŏn c'era l'usanza di punire chi avesse infranto la legge o rubato fondi governativi facendo bollire in acqua i colpevoli. Questa punizione, nota come p'aenghyŏng ( Uno dei ponti sul Ch'ŏnggyech'ŏn, Il colpevole veniva ficcato in un calderone che era posto su una catasta di legna. Si dice che questa terribile punizione sia continuata fino all'inizio del 20º secolo. La maggior parte delle persone che furono soggette a questa particolare forma di condanna erano funzionari governativi corrotti. Tuttavia, stando al resoconto di prima mano di un missionario che assistette a questa punizione, non si trattava effettivamente di far “bollire in acqua” il malcapitato, almeno verso la fine della dinastia Chosŏn. Prima di tutto, non c'era modo di sapere se il calderone contenesse acqua. E poi, anche se sotto il calderone era stata messa della legna da ardere, in realtà questa non veniva accesa. Anche in passato Chongno (o “strada della campana”) era una delle strade principali e più affollate di Seul, com'è oggi, ed era qui che venivano puniti i funzionari governativi corrotti. A metà del ponte Hyejŏnggyo, che serviva da intersezione per Chongno, veniva costruito un alto focolare, e un calderone grande abbastanza da contenere una persona veniva posto su una catasta di legna, nel focolare. Veniva poi eretta una tenda militare nella quale i colpevoli venivano interrogati dal capo della polizia. Finiti gli interrogatori, i poliziotti ficcavano il criminale, strettamente legato con funi, nel calderone, chiudevano il coperchio e fingevano di accendere il fuoco. Dopo qualche tempo, il capo della polizia affermava che la punizione era finita. Quando la punizione terminava, i familiari del criminale, che si erano mescolati fra la folla di quelli che assistevano, venivano avanti, aprivano il coperchio e toglievano la sventurata vittima, continuando a piangere afflitti. Poi mettevano la persona su una tavola di legno normalmente usata per seppellire i morti. Da quel momento in poi il criminale doveva comportarsi da morto, senza pronunciare parola. Anche se non veniva scavata alcuna tomba per la vittima, da quel giorno in poi il colpevole veniva considerato morto e, anche se aveva poi dei figli, questi erano considerati illegittimi. Come si nota, la dinastia Chosŏn finì per applicare in modo molto meno crudele questa condanna. La forma simbolica della punizione veniva però ancora mantenuta come deterrente contro la tentazione della corruzione. |
Basato su “Tales of Cheonggyecheon's Bridges”, in Koreana, vol.17, n.2, estate 2003, e integrato con ricerche storiche da parte dell'autore del sito. Testo originale di Lee Kyong-jae. Pubblicato con autorizzazione della Korea Foundation, che si riserva il copyright sull'intero contenuto della rivista. Riferimento: Koreana. |
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© Valerio Anselmo