Taebaek
Uno spettacolare arazzo di picchi sacri e neve luccicante


U

na delle aurore più ispiratrici si può godere in Corea dal picco del monte Taebaeksan, la “Grande montagna bianca” che i coreani hanno considerato sacra per secoli. Mentre il Sole sorge dal Mare orientale, l’orizzonte diventa di uno spettacolare cremisi, illuminando i crinali color porpora che sembrano estendersi per sempre in tutte le direzioni. Contro questo sfondo di rossi e di blu si ergono le sagome degli alberi di tasso fantasticamente nodosi che sono rimasti a guardia del picco per un migliaio di anni. Sul picco stesso, alcuni escursionisti offrono preghiere all’antico sacrario di Cheonjedan; altri stanno semplicemente ad ammirare quasi in soggezione la brillante veduta che si spalanca di fronte a loro.

Gli alberi di tasso contorti sulla cima del monte

Circondata dalle alte montagne che dominano l’accidentata regione del Gangwon-do, la città di Taebaek è benedetta da un paesaggio così bello che sembra sia stato plasmato dagli stessi dèi. Nei decenni passati, le ricche vene di carbone sepolte nelle montagne hanno trasformato Taebaek in una città fiorente grazie ai giovani che vi si affollavano per estrarre l’oro nero che alimentava il miracolo economico coreano. Le miniere sono state chiuse da lungo tempo, ma migliaia di persone arrivano ancora nella città tutti gli inverni, solo che questa volta vi vengono per ammirare lo scenario coperto di neve.

Vedute sacre

La città di Taebaek prende il suo nome dalla catena montana di Taebaeksan, gli alti e aspri picchi che formano la spina dorsare della penisola coreana. A breve distanza dalla città, il monte Taebaeksan (1.567 m) è il picco principale della catena. Dotato di una grande bellezza scenica, la montagna ora forma il pezzo centrale del Parco regionale di Taebaeksan. Il monte Taebaeksan è un luogo di tremenda potenza spirituale. La montagna ospita vari templi buddisti e santuari sciamanici, il più noto dei quali è il Cheonjedan, un gruppo di tre antichi altari che hanno coronato il picco del monte Taebaeksan fin dal periodo dei Tre Regni.

Ogni 3 ottobre, giorno della fondazione della nazione coreana, vi si tengono dei riti sacri per venerare Dangun, il mitico fondatore della nazione coreana. Secondo la leggenda, il monte Taebaeksan è il luogo dove il padre di Dangun, Hwanung, figlio del cielo, scese in Terra per insegnare all’umanità l’arte della civilizzazione. Di particolare interesse sono gli estesi boschetti di antichi alberi di tasso nella parte più alta della montagna. Come i Celti dell’Europa, gli sciamani coreani considerano sacri gli alberi di tasso. Quasi a rinforzare questo punto, molti di questi tassi sono contorti in forme surreali e si stagliano contro l’orizzonte con un profilo misterioso, quasi sconvolgente.

Il Festival della neve del monte Taebaeksan


Alcuni escursionisti sostano sulla cima del monte Taebaeksan, mentre uno di essi si è prostrato a terra di fronte alla stele con il nome della montagna

Il momento saliente dell’anno di Taebaek è rappresentato dal Festival della neve del monte Taebaeksan (25 gennaio – 3 febbraio), la celebrazione di una delle più abbondanti risorse di questa regione: la neve. Taebaek si trova nel cuore della regione più nevosa della Corea, e il monte Taebaeksan in particolare è famoso per i suoi bei “fiori di neve”, quando il ghiaccio e la neve incrostano i rami degli alberi alpini, creando sculture di bianco modellate in un modo fantastico. Il festival si tiene nel parco regionale di Taebaeksan a Danggol, un villaggio turistico ai piedi della montagna che ospita, fra l’altro, il Museo del carbone di Taebaek. Il punto culminante del festival è quello delle sculture giganti di ghiaccio e neve, ma vi sono anche una quantità di altre cose da vedere e da fare, fra cui esibizioni di luci di notte, discese in slitta sulla neve, trekking e rappresentazioni culturali.

Un giro nel passato

Per molti coreani, il nome Taebaek richiama subito alla mente immagini di minatori di carbone. Negli anni 1960 e 1970 il ricco rifornimento di carbone di Taebaek ha alimentato gli impianti e le fabbriche che hanno trascinato la fenomenale crescita economica del dopoguerra della Corea. La rapida espansione dell’industria mineraria locale ha portato una prosperità senza precedenti alla regione: si sono espansi i collegamenti ferroviari e stradali, e migliaia di giovani con le loro famiglie sono arrivati per lavorare nelle miniere e accaparrarsi il loro pezzo della torta economica. L’aumento della popolazione e dei guadagni si rivelò anche un beneficio per molte altre industrie locali. Nel 1987, però, le miniere cominciarono a chiudere. Questo fatto colpì duramente la città e la popolazione quasi si dimezzò. Per alleviare il colpo, il governo promosse il potenziale turistico della regione, aprendo stazioni sciistiche, campi di golf e, cosa più notevole, l’unico casinò della Corea in cui ai coreani è permesso giocare d’azzardo.

Ancora oggi, nella città non è difficile trovare evidenze dei giorni dell’estrazione del carbone. Il territorio del villaggio di Nambu nel distretto di Sangjang-dong rappresenta una delle più tipiche vecchie comunità minerarie di Taebaek. Per un certo periodo fiorente cittadina di 4.000 abitanti, lo sgangherato villaggio di modeste case e vicoli stretti ospita ora a stento 400 anime. Per onorare il passato della cittadina, l’artista locale Heo Gang-il ha adornato molte delle case con murali che rappresentano immagini del passato del luogo. Minatori con la faccia sporca di nero si vedono ovunque, naturalmente, ma si notano anche altri personaggi: giovani madri con i bambini, vecchi che vendono mattonelle di carbone per il riscaldamento, e perfino cani con banconote da 10.000 won in bocca, quest’ultimo tema preso da un detto locale che durante gli anni del boom perfino i cani del villaggio scorrazzavano con del denaro in bocca.


Tratto da “TAEBAEK, A spectacular tapestry of sacred peaks and glistening snow”, pubblicato in Korea, febbraio 2012. Testo e fotografie di Robert Koehler. Riferimento: korea.net.

Torna all'inizio della pagina
© Valerio Anselmo