Non ancora famosi come i manga giapponesi, i fumetti coreani (manhwa) stanno conquistandosi il favore dei ragazzi grazie agli sforzi di un grande disegnatore e autore che si è dedicato a quest’arte con passione e un profondo senso estetico. |
![]() K im Dong-hwa (nato nel 1950) è un disegnatore di fumetti camaleontico, che sa adattarsi a un ambiente in continuo cambiamento. Perfino i suoi lettori più fedeli si stupiscono della sua capacità di passare improvvisamente da un genere all’altro. Kim venne alla ribalta negli anni ottanta, quando produsse una serie di fumetti basati su temi romantici che attiravano le lettrici femminili. A quel tempo era però già un professionista affermato. Dopo aver cominciato come apprendista disegnatore nel 1969, Kim riuscì a vincere nel 1975 un concorso sponsorizzato dal giornalino Il quotidiano Hankook dei bambini, ma non raggiunse la fama fino agli anni 1980, quando ottennero un successo travolgente i suoi lavori “Il mio nome è Cindy” e “Acacia”. A quell’epoca il suo emergere sulla scena dei fumetti fu abbastanza una sorpresa. Il suo stile di disegno, che mette l’enfasi sulla bellezza formale, non era familiare per i lettori coreani, perché, in termini di qualità e di varietà, Kim seguiva più le linee dei fumetti manga del Giappone, dove la cultura fumettistica era molto più avanzata. |
Un maestro del cambiamento
“Fu una cosa sensazionale”, ricorda Kim. “Per la prima volta, per quanto mi ricordo, si parlò del fumetto Candy, Candy negli editoriali dei giornali. Ancora oggi mi piacciono le cose graziose. A quell’epoca avrei tanto voluto disegnare dei fumetti carini, ma questo non era accettato da parte degli editori. Così, mi vidi costretto a disegnare del materiale dozzinale, tanto per tirare a campare. Ma con il successo di Candy, Candy, nel 1978, decisi di ricominciare da capo e di disegnare delle immagini leggiadre, quelle che più mi piacevano. Di qui ne venne fuori “La nostra storia” (Urideurui iyagi), che fu pubblicato nel 1979.” A cominciare da La nostra storia, i lavori su temi romantici di Kim fecero nascere nelle ragazze coreane il gusto della lettura dei fumetti. Poi, al massimo della sua popolarità come creatore di fumetti romantici, Kim improvvisamente cambiò completamente il proprio stile per la popolare pubblicazione mensile di questo genere chiamata “Isola del tesoro” (Bomulseom). “La nostra storia, Acacia, Il mio nome è Cindy (Naui Ireumeun Sindi), e Zaffiro erano tipiche storie romantiche per ragazze.”, spiega Kim. “Dopo avere a lungo meditato, decisi di aggiungere al mio lavoro elementi di commedia e di fantasia. Il risultato fu “Pink, la fata” (Yojeong Pink), che fu pubblicato a puntate nel 1984.” |
Temi coreaniDopodiché, Kim continuò a cercare di ampliare ancora di più l’ambito del proprio lavoro. Nel 1993 assistette alla proiezione del film Seopyeonje del regista Lim Kwon-taek, una pellicola che presentava la forma di musica vocale tradizionale della Corea detta pansori. “Dopo aver visto il film, – dice Kim – non riuscivo ad alzarmi dalla poltrona, anche quando tutti gli altri erano usciti dal cinema. Quel giorno vidi Seopyeonje quattro volte di fila. Poi decisi che dovevo fare dei lavori con temi coreani. Grazie a quel film, mi resi conto di quanto fossero belle le cose coreane, il paesaggio, la tradizione e la musica.” Questa rivelazione condusse Kim a intraprendere un addestramento particolare per riuscire a fare qualcosa di completamente diverso dai lavori precedenti, scoprendo la bellezza dei temi coreani che potevano essere espressi nelle sue serie di fumetti. Abbandonò il suo stile di disegno divenuto ormai familiare e si diede alla creazione di immagini che meglio rappresentassero la bellezza in stile coreano. Trovò molta ispirazione nei dipinti popolari dell’artista Sin Yun-bok del periodo Joseon. Nell’osservare le scene di vita di tutti i giorni della gente comune dipinte da Sin, Kim intravide la possibilità di creare dei fumetti in stile coreano. |
Quando “Un racconto giallo” si concluse, Kim lanciò entusiasticamente la sua nuova pubblicazione seriale, “Una storia di kisaeng” (Gisaeng iyagi), che trattava della vita pittoresca delle cortigiane del passato. Ma si imbatté poi in un problema serio. “La mia capacità visiva stava peggiorando. Gli occhi sono tutto per un disegnatore di fumetti. Come si può disegnare, se non si riesce a vedere? Stavo soffrendo molto e dubitavo di poter partecipare al Festival internazionale dei fumetti ad Angouleme, in Francia. Mentre ero così preoccupato, mi fermai un giorno in una libreria e vidi degli anziani, molti con la schiena curva, intenti a guardare dei fumetti e perfino a comprarne delle copie. Questo fu per me un colpo, come qualcosa che non avrei mai pensato di poter vedere in Corea. Quell’esperienza mi ispirò a iniziare a disegnare dei fumetti per anziani.” Sicuro che i fumetti coreani dovessero avere una maggiore diversità di contenuti e una più alta qualità globale per poter attirare un pubblico più ampio, Kim si imbarcò nella produzione di fumetti per anziani. Trovò anche una soluzione per i suoi problemi di vista con l’aiuto di un computer. Dopo aver imparato da suo figlio come lavorare con immagini ingrandite, Kim potè di nuovo passare le notti a disegnare i suoi ultimi lavori per i fumetti. Sulla carta non era più in grado di disegnare immagini dettagliate all’interno di una cornice di misura definita, ma i suoi disegni eseguiti con l’aiuto del computer risultavano essere artistici come sempre. |
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Per decenni Kim ha lavorato senza interruzione, tranne per una pausa di tre mesi negli anni 1980. Ma dice che non è stato così faticoso. Se fosse rimasto attaccato allo stesso modello, forse si sarebbe potuto annoiare del proprio lavoro, ma è invece stato in grado di continuare a lavorare perché ha creato storie romantiche per ragazze, fumetti per ragazzi e fumetti per adulti, ognuno dei quali rappresentava una nuova sfida che gli ridava energia. Perfino oggi trova che la creazione di un nuovo progetto sia un’esperienza esilarante e catartica. “Naturalmente, scrivere la storia e disegnare le immagini è una quantità di duro lavoro. Ho i capelli bianchi e le ossa mi fanno male. Qualche volta si avvicina la scadenza e io non ho ancora ideato la storia. Il momento in cui il racconto alla fine si concretizza è difficile da descrivere a parole. La creazione dei fumetti è un lavoro affascinante. Il piacere che ne traggo è grande quanto lo è il dolore che ho profuso nella creazione. Anzi, la sofferenza che provo nel creare il lavoro mi stimola e mi rinvigorisce.” Kim dice di sentirsi realizzato grazie alla varietà dei lavori che ha creato. Con un insaziabile appetito per il lavoro, Kim intende passare le notti al lavoro a disegnare per altri tre anni, e soltanto allora rallenterà a un ritmo meno massacrante. Kim Dong-hwa crede nella reincarnazione, spera di incontrarsi con un UFO, immagina che le fate possano venir fuori da una scatola di piselli ed esce di notte per alleviare lo stress: non c’è quindi da meravigliarsi che quest’uomo sia l’asse motore che fa andare avanti il fiorente mondo dei fumetti coreani. |
Tratto da “Kim Dong-hwa, Innovator of Korea’s Comic Book Culture”, in Koreana, vol.21, n.4, inverno 2007. Testo di Park In Ha, fotografie di Ahn Hong-beom. Pubblicato con autorizzazione della Korea Foundation, che si riserva il copyright sull’intero contenuto della rivista. Riferimento: Koreana. |
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© Valerio Anselmo