Non è la prima volta che qui si parla delle case tradizionali coreane (hanok), ma il gradimento per questo tipo di costruzioni non svanisce col tempo per chi vi ha vissuto vari anni. Le belle case tradizionali coreane, travolte da una mania di occidentalizzazione scatenatasi tra gli anni 1970 e 1980, furono in gran parte abbattute per far posto ad anonime costruzioni in cemento. Oggi, forse troppo tardi, si torna a capire quanto quelle case fossero belle, in armonia con la natura e godibili, anche se forse all’inizio un tantino scomode per noi occidentali. |
L a parola hanok è già stata citata più volte in questo sito. Con il termine “hanok” vengono chiamate in coreano le case in stile tradizionale. Queste abitazioni, alcune delle quali veri capolavori di architettura, erano la forma di residenza più popolare fino alla fine degli anni 1970. ![]() Una veduta del cortile del Museo del folclore Chunchu Ma come mai queste strutture, con il loro disegno e la loro forma semplice, sono durate per secoli e sono diventate parte integrante della vita dei coreani? Questo articolo è il risultato di un viaggio alla ricerca dei modi di vita e dei tipi di gente che ancora vive all’interno di quelle case, cercando di scoprire quel che i coreani, che oggi vivono in condomini all’occidentale nelle città, hanno dimenticato. Il museo del folclore Chunchu (che significa «Primavera e autunno») è una casa hanok costruita nel 1856, che si trova alla periferia dell’abitato di Okcheon, nella regione del Chungcheongbuk-do, un luogo che porta alla mente un passato ormai scomparso quasi ovunque nella Corea del Sud. Di solito queste case tradizionali sono spesso rappresentate come strutture rimesse a nuovo, circondate da un cortile con aiuole che lo abbelliscono. Chunchu risulta subito essere in contrasto rispetto a questa visione idilliaca, perché non è per niente quel che ci si aspetta di vedere. L’ingresso di questa spaziosa casa tradizionale è infatti ingombro di statue in pietra, di ghiaia per la zona del parcheggio e di cianfrusaglie di tutti i tipi evidentemente raccattate qua e là e messe giù alla rinfusa, tanto per ricordare un passato che forse con questo edificio non ha nulla a che vedere. |
Ma chi arriva dalla città trova proprio che questo apparente disordine serva a conferire una certa bellezza al museo. All’interno della casa è stata ricavata una zona ristoro e una pensione a conduzione familiare. Chunchu non è altro che la più coraggiosa amalgama di vecchio e nuovo, di degno di rispetto e di banale che si possa vedere in Corea, ma anche il luogo perfetto per immergersi nelle tradizioni della Corea d’un tempo e per imparare quali erano alcune delle sue usanze più radicate, lontano dai luoghi di ritrovo cittadini e superficiali. Al nostro arrivo, i proprietari, Jeong Tae-hee e sua moglie Lee Hwa-soon, ci danno il benvenuto nella loro casa. La coppia ha gestito la casa negli ultimi dieci anni, cercando di mantenere uno stile di vita che permettesse di condividere le loro conoscenze con i turisti di passaggio. Anche se i visitatori possono scegliere quali aspetti della casa approfondire, un pasto preparato in casa, un «giro turistico» degli oggetti presenti in casa e nel cortile illustrati dalle spiegazioni di Jeong, o semplicemente una notte rilassante scaldata dall’ondol, Chunchu offre un’esperienza di immersione completa in un passato quasi ovunque scomparso. |
La struttura della casaEntrando in una delle camere all’interno dell’edificio principale, il proprietario spiega il significato della struttura della casa, che si è mantenuta integra per oltre un secolo e mezzo. “È l’aspetto più importante della casa”, dice guardando in su verso la trave di sostegno di legno che si vede nel soffitto. “A differenza delle abitazioni moderne, qui le travi e le strutture in legno non sono nascoste, ma messe in bella evidenza.” ![]() Nelle stanze si possono notare la grana e il disegno del legno originale della casa tradizionale hanok “Senza questo legname, una casa tradizionale non si può chiamare hanok”, dice. Le travi maestre costituiscono il legame centrale della casa e la loro importanza è fondamentale, tanto che un detto coreano si basa su di esse. Spesso un figlio che ha avuto un successo particolare viene citato come “la trave maestra” di una famiglia, a indicare la sua importanza nel tenere uniti tutti i membri del gruppo familiare. “Ciò che rende le stanze di una casa coreana tradizionale diverse da quelle di una casa in stile occidentale è che, sia che si aprano o che si chiudano le porte, entrando o uscendo, la struttura sembra sempre aperta”, dice, facendo riferimento alla connettività fra le varie camere. “Nelle case coreane si pensa che si debba avere molto spazio vuoto, uno spazio attraverso il quale il vento possa passare liberamente.” Ciò è particolarmente importante durante l’umida stagione estiva, nella quale una brezza fresca è l’unico mezzo per trovare sollievo dal caldo soffocante. Come si nota nella figura qui sopra, le porte sono costituite da un’intelaiatura di legno leggera sulla quale sono incollati dei fogli della tipica carta coreana che ha la funzione che nelle nostre case hanno i vetri. La carta, leggera ma robusta, offre una sensazione di riservatezza in quanto non permette di vedere dentro la stanza, ma non dà una sensazione di chiusura totale in quanto lascia passare i rumori. Queste porte scorrevoli, quando fa molto caldo, si possono poi facilmente togliere per lasciar entrare un po’ di fresco. I mobili sono formati da armadi e da mobiletti bassi con tanti cassetti, tipicamente in stile tradizionale. Durante i mesi freddi per riscaldare le stanze in queste case si usava l’ondol, un tipo di riscaldamento sotto il pavimento, che si adattava perfettamente allo stile di vita tradizionale coreano, che prevedeva che si dormisse e ci si sedesse direttamente sul pavimento delle camere, reso un poco più morbido da vari strati di carta incollata. Anche se oggi l’ondol è sopravvissuto nella cultura coreana moderna con l’impiego di tubi con acqua calda per riscaldare le camere nei condomini di stile occidentale, una serie di camere restaurate di Chunchu riceve ancora il calore proveniente da focolai in cui si brucia legna. L’aria calda viene fatta circolare sotto il pavimento e poi fatta uscire dalla parte opposta attraverso un camino. Nel museo non mancano oggetti strani che attirano lo sguardo e che servono come punti focali di valore storico. Mentre Jeong ci guida con passo lento, di tanto in tanto si ferma per offrire una descrizione dettagliata di un oggetto o per spiegare il lavoro di un artigiano. Quest’uomo, piuttosto originale, ama raccontare e il cortile, che all’inizio per l’occhio non addestrato non era altro che un guazzabuglio di oggetti messi giù a casaccio, si trasforma pian piano, un racconto dopo l’altro, in un simpatico pezzo di storia della Corea. |
![]() Jeong Tae-hee, il gestore del Museo del folclore Chunchu, dimostra come si spremono i fondi di makgeolli per ottenerne i succhi Delizie dagli orti viciniCome il sole comincia a tramontare, è tempo di preparare la cena. Jeong si acquatta per alimentare un fuoco scoppiettante in un forno all’aperto fatto di mattoni e cemento, che abbraccia una grande pentola che vi è appoggiata sopra. Il pesante pentolone di ferro è in grado di far cuocere il riso per 10 persone. Questa è solo una delle varie esperienze rese disponibili per gli ospiti che Jeong e sua moglie Lee hanno ideato per aiutare i visitatori a capire il passato del paese. La attività previste vanno dal far cuocere il riso nel pentolone tradizionale alla fabbricazione di sciroppo di grano per i canditi tradizionali chiamati yeot, o alla preparazione di un vino di riso fatto in casa, il famoso makgeolli. Per chi è invece alla ricerca di qualcosa di più attivo, Jeong è anche in grado di insegnare gli elementi basilari della danza dei letterati, seonbi chum, di cui si ritiene un maestro. Si cena consumando un pasto a base di riso e di deliziosi contorni, ognuno dei quali è stato preparato sul posto, usando tutti ingredienti locali comprati nei mercati vicini. Il tavolo è pieno di kimchi fermentato per un anno intero, di foglie di sesamo in salamoia, di tubu soffice e fresco, di una zuppa lattiginosa di coda di bue con spaghettini trasparenti e altro. Il cibo non ha nulla di stravagante, ma è tutto preparato con cura e maestria. |
Uno stile di vita antico![]() Una veduta del cortile interno delle camere degli ospiti Si dice che le prime case tradizionali hanok risalgano al periodo dei Tre Regni della storia coreana e, passando un po’ di tempo qui, sembra che lo stile di vita sia rimasto quasi immutato, come quello d’un tempo. Anche se l’avvento delle comodità dell’architettura di tipo occidentale l’ha messo un po’ in ombra, quello stile di vita riesce ancora a sopravvivere in queste case tipiche grazie a gente come Jeong e sua moglie. La vita in una casa tradizionale può avere degli svantaggi, molte scomodità specialmente per un occidentale che non sia abituato a vivere, dormire e sedersi, direttamente sul pavimento, o a servirsi di un gabinetto che si trova nel cortile, fuori dalla casa. I primi tempi per noi italiani sono duri e le ossa fanno male, specie se il materassino che serve da letto è molto sottile e non si è più giovanissimi. Ma Jeong sente che la natura di una casa di legno, argilla e pietra ripaga di gran lunga per tutte le apparenti scomodità. “È vero che il cemento fatto dall’uomo dura più a lungo, ma non è un qualcosa di organico”, dice. Una casa hanok invece fa parte della terra, in quanto è costruita usando alberi, pietre e acqua. “Un ritorno alla natura è ciò di cui il nostro corpo ha bisogno man mano che si invecchia”, spiega. Anche se abbiamo viaggiato per tutto il mondo, sarà sempre prevalente in noi il desiderio di tornare alla nostra casa nella natura. Ed è proprio questo che l’abitazione tradizionale hanok rappresenta per i coreani. |
Tratto da “Hanok, the lives inside”, in Korea, Marzo 2010. Testo originale di Ines Min (qui completamente rifatto), fotografie di Park Jung-ro. Pubblicato con autorizzazione del Korea Culture and Information Service, che si riserva il copyright sull'intero contenuto della rivista. Riferimento: Korea.net. |
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© Valerio Anselmo