Yu Gwan-sun, una Giovanna d'Arco coreana
Accese la fiamma dell’indipendenza coreana


I

l Movimento di indipendenza del Primo Marzo del 1919 ha prodotto un gran numero di martiri patriottici, ma forse nessuno è così conosciuto come Yu Gwan-sun (유관순), definita come la Giovanna d'Arco della Corea. Il suo fermo impegno per l’indipendenza della Corea, per il quale ha pagato con la vita per mano del Giappone imperiale, ha ispirato una generazione di combattenti per la libertà della Corea, e il suo fervente patriottismo rinvigorisce ancora oggi i coreani.

‘Viva l’indipendenza della Corea!’


Un’immagine commemorativa di Yu Gwan-sun

Yu nacque nella cittadina di Cheonan nella regione Chungcheongnam-do il 16 dicembre 1902, seconda figlia di una famiglia di cinque fratelli. Suo padre era un educatore metodista di tendenze progressiste. Di conseguenza la ragazza crebbe in una famiglia religiosa e orientata verso l’istruzione. Frequentando una scuola missionaria locale, incontrò la missionaria Alice Sharp che la incoraggiò a frequentare la Ewha Hakdang (이화학당) a Seul. Fondata da missionari americani, la Ewha Hakdang era la migliore scuola della Corea per le ragazze. La sua famiglia non era ricca, ma Sharp riconobbe il talento della ragazza e la aiutò a ottenere una borsa di studio. Yu ottenne buoni risultati nei suoi studi e superò con successo il corso di scuola media, passando al corso di scuola superiore.

Il 1º marzo 1919, a Seul scoppiarono proteste pro-indipendenza in seguito alla lettura della Dichiarazione di indipendenza coreana da parte di 33 rappresentanti nazionalisti coreani. Molte delle studentesse della scuola Ewha Hakdang presero parte alle manifestazioni.

Il 10 marzo il Governo generale giapponese, preoccupato dalla partecipazione di massa degli studenti alle manifestazioni a favore dell’indipendenza, ordinò la chiusura di tutte le scuole. Con la chiusura della Ewha Hakdang, Yu tornò nella sua città natale di Cheonan.

Una volta a Cheonan, si spostò da un villaggio all’altro per diffondere la notizia del Movimento di indipendenza del 1º marzo. Incoraggiò i locali a partecipare a un raduno di massa progettato per il 1º aprile nel famoso mercato Aunae (아우내 장터) di Cheonan.

Il giorno della manifestazione, si presentarono a protestare non meno di tremila persone. Come fu letta la dichiarazione di indipendenza della Corea, Yu guidò la folla festante che gridava: “Viva l’indipendenza della Corea!” (대한독립만세). Sorpresi dalla folla appassionata, i poliziotti militari giapponesi irruppero nel mercato e ordinarono ai manifestanti di disperdersi. Quando i manifestanti non rispettarono l’ordine, i giapponesi spararono sulla folla, uccidendo 19 persone e ferendone 30. Fra le vittime c’erano anche i genitori di Yu.

Martirio nella prigione di Seodaemun

Come uno dei leader della manifestazione tenuta al mercato Aunae, Yu fu arrestata dai giapponesi. Un tribunale distrettuale a Gongju la condannò a cinque anni di carcere. In seguito fu fatto un appello a una corte d’appello di Seul e la pena fu ridotta a tre anni. A questo punto Yu fu trasferita al famigerato carcere di Seodaemun a Seul, dove erano detenuti molti attivisti pro-indipendenza e combattenti per la libertà. Anche in prigione, tuttavia, continuava a protestare per l’indipendenza della Corea, soffrendo di conseguenza pestaggi e torture per mano dei suoi carcerieri. Infine, il 28 settembre del 1920, morì per i maltrattamenti subiti quando non aveva ancora compiuto 18 anni.

Preoccupati che i loro abusi sarebbero potuti diventare di pubblico dominio e suscitare ulteriori proteste, i giapponesi erano riluttanti a rilasciare il corpo della ragazza dalla prigione di Seodaemun. Ci vollero le minacce dei missionari americani della scuola Ewha Hakdang di riferire l’accaduto al loro paese d’origine perché il carcere rilasciasse il corpo, che mostrava i segni della tortura.

Le ingiustizie subite da Yu non finirono lì. Per Yu fu celebrato un funerale metodista e il suo cadavere fu sepolto in un cimitero pubblico nel quartiere di Itaewon a Seul. I militari giapponesi, però, si impossessarono del cimitero e trasferirono i corpi in un nuovo sito nella parte settentrionale di Seul. Quando i corpi furono spostati, i resti di Yu scomparvero.

Simbolo di resistenza

Nonostante che Yu fosse morta, il suo spirito continuò a vivere. Non molto tempo dopo le manifestazioni del Movimento di indipendenza del 1º marzo, in Cina si costituì un governo coreano in esilio. La coraggiosa resistenza di Yu all’oppressione giapponese e il suo amore per il proprio paese ispirarono e motivarono giovani uomini e donne a resistere all’occupazione del Sol Levante e a lavorare per una Corea libera e indipendente.

Nel 1962 il governo coreano insignì Yu dell’Ordine al merito della fondazione nazionale, postumo, il più alto riconoscimento dato a coloro che hanno combattuto per la libertà della Corea dai giapponesi. Nel 1989, per ricordare lo spirito di Yu fu eretto un monumento in suo onore sulle pendici del monte Maebongsan a Cheonan. Il monumento fa ora parte di un complesso commemorativo che comprende un museo e un tempietto in sua memoria. Commemorazioni regolari si tengono il 28 settembre, giorno del suo martirio, e il 1º marzo.


Tratto da “Great Korean Yu Gwan-sun, Korea’s Joan of Arc lit the flame of Korean independence”, in Korea, Marzo 2013. Testo originale di Robert Koehler. Pubblicato con autorizzazione del Korea Information Service, che si riserva il copyright sull’intero contenuto della rivista. Riferimento: Korea.net.

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